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Può essere sostituita la pena nei confronti di un soggetto che si trovi sottoposto a misure alternative alla detenzione per altra causa?

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Cass. pen., sez. I, 02/02/2024 (ud. 02/02/2024, dep. 21/03/2024), n. 11950 (Pres. Rocchi, Rel. Aprile)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Cassazione nel caso di specie, riguarda se sia possibile sostituire la pena per una persona sottoposta ad una misura alternativa alla detenzione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Marsala, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarava inammissibile un’istanza volta ad ottenere la sostituzione della pena detentiva di anni uno di reclusione con una pena sostitutiva ai sensi degli artt. 53 legge 24 novembre 1981, n. 689, 20-bis cod. pen. e 95 decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, poiché il condannato si trovava già sottoposto, per altra causa, alla misura alternativa della detenzione domiciliare.

Ciò posto, avverso questo provvedimento ricorreva per Cassazione il difensore dell’istante il quale chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge perché la facoltà di richiedere la sostituzione della pena detentiva non presuppone, come erroneamente affermato dal giudice dell’esecuzione, che il condannato si trovi in stato di libertà.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte osservava prima di tutto che l’art. 95, co. 1, d.lgs. n. 150 del 2022, rubricato “Disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi”, stabilisce: «1. Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto. Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio».

Premesso ciò, una volta fattosi presente che la questione oggetto del giudizio era se potesse essere disposta la sostituzione della pena a norma dell’articolo 53 della legge 689 del 1981 nei confronti di un soggetto che si trovi sottoposto a misure alternative alla detenzione, ad avviso dei giudici di piazza Cavour, la questione doveva essere risolta in senso affermativo.

Difatti, per la Corte di legittimità, nessuna previsione normativa sancisce la inapplicabilità delle pene sostitutive ai soggetti che si trovano detenuti o sottoposti a misure alternative alla detenzione mentre, per contro, sussistono, piuttosto, numerose disposizioni che impongono la soluzione positiva.

In primo luogo, l’art. 62 (Esecuzione della semilibertà e della detenzione domiciliare sostitutive) della I. n. 689 del 1981 stabilisce, tra l’altro, che «Se il condannato è detenuto o internato, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza è trasmessa anche al direttore dell’istituto penitenziario, il quale deve informare anticipatamente l’organo di polizia della dimissione del condannato. La pena sostitutiva inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della dimissione».

In secondo luogo, analogamente, l’«Art. 63 (Esecuzione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo) della I. n. 689 del 1981 stabilisce, tra l’altro, che «Qualora il condannato sia detenuto o internato, copia del provvedimento è comunicata altresì al direttore dell’istituto, il quale informa anticipatamente l’organo di polizia e l’ufficio di esecuzione penale esterna della dimissione del condannato. Immediatamente dopo la dimissione, il condannato si presenta all’ufficio di esecuzione penale esterna per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità».

Del resto, sempre per il Supremo Consesso, è erroneo il riferimento, per escludere l’applicazione della sostituzione ex art. 53 legge n. 689 del 1981, all’art. 67 (Inapplicabilità delle misure alternative alla detenzione) della stessa legge, che, invece, prevede esattamente il contrario di quanto ritenuto dal giudice dell’esecuzione, dato che tale ultima disposizione stabilisce che «Salvo quanto previsto dall’articolo 47, comma 3-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354, le misure alternative alla detenzione di cui al capo VI del titolo I della medesima legge n. 354 del 1975, non si applicano al condannato in espiazione di pena sostitutiva», così come è parimenti erroneo il riferimento all’art. 51-bis ord. pen. il quale si limita a regolare la situazione nella quale si trova il soggetto sottoposto a una misura alternativa alla detenzione quando sopraggiunga un altro titolo definitivo, senza stabilire alcuna incompatibilità con le pene sostitutive.

I giudici di legittimità ordinaria, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, formulavano il seguente principio di diritto: “può essere disposta, alle condizioni oggettive e soggettive di legge, la sostituzione della pena a norma dell’art. 53 della legge 689 del 1981 nei confronti di un soggetto che si trovi sottoposto a misure alternative alla detenzione per altra causa”.

L’ordinanza impugnata era, quindi, annullata con rinvio per nuovo giudizio al giudice dell’esecuzione che si sarebbe dovuto attenere all’enunciato principio di diritto, nella libertà delle proprie valutazioni di merito.

I risvolti applicativi

È possibile sostituire la pena, secondo l’articolo 53 della legge 689 del 1981, per una persona soggetta ad una misura alternativa alla detenzione per un’altra causa, purché siano soddisfatte le condizioni previste dalla legge richieste per potere procedere a siffatta sostituzione.

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