Cerca
Close this search box.

L’ordine di operatività della riduzione di pena nel caso di continuazione a proposito del giudizio abbreviato

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. I, 02/02/2024 (ud. 02/02/2024, dep. 21/03/2024), n. 11951 (Pres. Rocchi, Rel. Aprile)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava la risposta al seguente quesito: nel caso di riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena per il rito opera necessariamente prima – e non dopo – del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen.?

Orbene, prima di esaminare come la Suprema Corte ha trattato siffatta questione, analizziamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva una richiesta formulata ex art. 671 cod. proc. pen. volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione di taluni reati giudicati in via definitiva.

Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge, in riferimento agli artt. 78 cod. pen. e 442 cod. proc. pen., perché la diminuente per il rito abbreviato, applicata in entrambe le decisioni unificate, doveva operare dopo il criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso reputava il motivo summenzionato infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in «sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena per il rito opera necessariamente prima – e non dopo, come in sede di cognizione – del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta» (Sez. 1, n. 9522 del 14/05/2019; Sez. 5, n. 43044 del 04/05/2015), essendo stato al contempo precisato che tale diverso ordine applicativo del criterio moderatore del cumulo materiale non si pone in contrasto con gli artt. 3, 13, 24 e 27 Cost., trovando ragionevole giustificazione nella diversità di situazioni determinata dall’efficacia preclusiva che, in seno al procedimento d’esecuzione, discende dall’intangibilità del giudicato.

Del resto, osservavano sempre gli Ermellini nella pronuncia qui in analisi, il richiamato orientamento risultava essere implicitamente confermato dal massimo consesso della giurisprudenza di legittimità, essendo stato recentemente affermato che ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. in caso di giudizio abbreviato la pena più grave va individuata in quella risultante dalla diminuente del rito e non in quella determinata precedentemente alla diminuente del rito (Sezioni Unite del 28.09.2023, informazione provvisoria n. 12/2023).

Orbene, per i giudici di piazza Cavour, il giudice dell’esecuzione aveva correttamente applicato nel caso di specie il suesposto principio di diritto.

I risvolti applicativi

In sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena per il rito opera necessariamente prima – e non dopo, come in sede di cognizione – del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 11951 Anno 2024

Presidente: ROCCHI GIACOMO

Relatore: APRILE STEFANO

Data Udienza: 02/02/2024

Data Deposito: 21/03/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D. M. D. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di LECCE

udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;

lette le conclusioni del PG Elisabetta CENICCOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

dato avviso al difensore;

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Lecce, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la richiesta formulata ex art. 671 cod. proc. pen. nell’interesse di D. D. M. volta ad ottenere il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con la 1) sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce in data 5 luglio 2016, parzialmente riformata

con sentenza della Corte d’appello di Lecce in data 8 giugno 2018, irrevocabile in data 4 aprile 2019, e 2) con la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Lecce in data 18 dicembre 2018, parzialmente riformata con sentenza della Corte d’appello di Lecce in data 7 dicembre 2020, irrevocabile il 13 settembre 2022, rideterminando la pena finale complessiva in 26 anni di reclusione.

2. Ricorre D. D. M., a mezzo del difensore avv. M. S., che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando:

– la violazione di legge, in riferimento agli artt. 78 cod. pen. e 442 cod. proc. pen., perché la diminuente per il rito abbreviato, applicata in entrambe le decisioni unificate, doveva operare dopo il criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen.;

– il vizio della motivazione con riguardo alla determinazione dell’aumento di pena per la continuazione, poiché alcuni coimputati hanno subito, nel processo di cognizione, un trattamento sanzionatorio più mite, pur ricoprendo posizioni apicali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo è infondato.

2.1. La giurisprudenza di legittimità è da tempo stabilmente orientata ad affermare che «In sede di esecuzione, ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio conseguente al riconoscimento del vincolo della continuazione tra più reati che hanno formato oggetto di giudizio abbreviato, la riduzione di pena per il rito opera necessariamente prima – e non dopo, come in sede di cognizione – del criterio moderatore del cumulo materiale previsto dall’art. 78 cod. pen., in forza del quale la pena della reclusione non può essere superiore ad anni trenta» (Sez. 1, n. 9522 del 14/05/2019 – dep. 2020,

omissis, Rv. 278494; Sez. 5, n. 43044 del 04/05/2015, omissis, Rv. 265867). Si è precisato che tale diverso ordine applicativo del criterio moderatore del cumulo materiale non si pone in contrasto con gli artt. 3, 13, 24 e 27 Cost., trovando ragionevole giustificazione nella diversità di situazioni determinata dall’efficacia preclusiva che, in seno al procedimento d’esecuzione, discende dall’intangibilità del giudicato.

Il richiamato orientamento risulta implicitamente confermato dal massimo consesso della giurisprudenza di legittimità; si è recentemente affermato che ai sensi dell’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. in caso di giudizio abbreviato la pena più grave va individuata in quella risultante dalla diminuente del rito e non in quella determinata precedentemente alla diminuente del rito (Sezioni Unite del 28.09.2023, informazione provvisoria n. 12/2023).

2.3. Ne consegue che il giudice dell’esecuzione ha correttamente utilizzato come pena base quella di anni venti di reclusione, già derivante dalla diminuente del rito nella sentenza n. 1).

3. Il secondo motivo è inammissibile perché generico.

Il giudice dell’esecuzione ha argomentato puntualmente la quantificazione della pena, che si è tenuta sensibilmente al di sotto di quella applicata dal giudice della cognizione, senza ricevere una critica specifica.

Del resto, è del tutto improprio paragonare la posizione dell’istante con quella di altri compartecipi, poiché diverse sono le valutazioni compiute sulla base dei parametri dell’art. 133 cod. pen.

4. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Leggi anche

Contenuti Correlati