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E’ possibile applicare la previsione dell’art. 658 comma 8-bis del codice di procedura penale al condannato irreperibile?

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Cass. pen., sez. I, 25/10/2023 (ud. 25/10/2023, dep. 11/04/2024), n. 14977 (Pres. Calaselice, Rel. Calaselice)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se la previsione di cui all’art. 656 comma 8-bis cod. proc. pen. – il quale, come è noto, dispone che, quando “è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’avviso di cui al comma 5[sempre di questo articolo 656 ndr.][1], il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all’esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica” – sia applicabile al condannato irreperibile.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Roma rigettava un ricorso diretto ad ottenere la scarcerazione dell’imputato e la contestuale rinnovazione della notifica dell’ordine di esecuzione, relativo ad una sentenza emessa sempre da questa Corte territoriale e decreto di sospensione, perché effettuata considerando il destinatario irreperibile.

In particolare, l’ordine di carcerazione, con contestuale decreto di sospensione, risultava essere stato notificato presso il difensore, previa emissione di un decreto di irreperibilità.

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, era dedotta violazione di legge con riferimento all’art. 658, comma 8-bis, cod. proc. pen., ritenendosi come la Corte di Appello capitolina avesse erroneamente considerato che il citato articolo 656, comma 8-bis, non fosse applicabile a soggetti in precedenza dichiarati irreperibili in quanto equiparati ai latitanti e agli evasi.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il motivo suesposto infondato alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la previsione di cui all’art. 656 comma 8-bis cod. proc. pen. non si applica al condannato irreperibile (Sez. 1, n. 33125 del 29/01/2019; Sez. 1, n. 1779 del 30/11/2017) e ciò perchè, in tema di procedimento di esecuzione, l’art. 656, comma 8-bis, cod. proc. pen. — secondo cui il pubblico ministero, se è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione e del contestuale decreto di sospensione ai sensi del precedente comma 5, può, assunte le opportune informazioni, disporne la rinnovazione della notificazione — trova limitata applicazione per soggetti, quali il condannato irrepetibile, latitante o evaso, nei confronti dei quali è già avvenuto l’accertamento dell’irreperibilità del destinatario dell’atto.

I risvolti applicativi

L’art. 658-bis c.p.p. non si riferisce al condannato irreperibile.

[1]Ai sensi del quale: “Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni, quattro anni nei casi previsti dall’articolo 47-ter, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l’esecuzione. L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell’esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l’avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all’articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’articolo 90 dello stesso testo unico. L’avviso informa altresì che, ove non sia presentata l’istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico, l’esecuzione della pena avrà corso immediato. Con l’avviso il condannato è informato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e che, se il processo si è svolto in sua assenza, nel termine di trenta giorni dalla conoscenza della sentenza può chiedere, in presenza dei relativi presupposti, la restituzione nel termine per proporre impugnazione o la rescissione del giudicato”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 14977 Anno 2024

Presidente: CALASELICE BARBARA

Relatore: CALASELICE BARBARA

Data Udienza: 25/10/2023

Data Deposito: 11/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

T. A. L. … nato il …

avverso l’ordinanza del 09/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA

udita la relazione svolta dal Presidente BARBARA CALASELICE;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, L. Odello, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Roma ha rigettato il ricorso presentato nell’interesse di T. A. L. (…) diretto ad ottenere la scarcerazione dell’imputato e la contestuale rinnovazione della notifica dell’ordine di esecuzione, relativo alla sentenza n. 3970 del 24 settembre 2021 della Corte di appello di Roma e decreto di sospensione, perché effettuata considerando il destinatario irreperibile.

In particolare, l’ordine di carcerazione con contestuale decreto di sospensione risulta notificato presso il difensore previa emissione di un decreto di irreperibilità.

2.Avverso detto provvedimento propone tempestivo ricorso il condannato per il tramite del difensore deducendo due vizi, descritti nei motivi di seguito riassunti ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1.Con il primo motivo si denuncia violazione di legge con riferimento all’art. 658, comma 8-bis, cod. proc. pen.

Secondo la Corte di appello di Roma, il citato articolo 656, comma 8-bis, non si applicherebbe a soggetti in precedenza dichiarati irreperibili in quanto equiparati ai latitanti e agli evasi.

Diversamente, la difesa sostiene che il risultato di questo orientamento è quello di procedere all’esecuzione di pene definitive in regime detentivo, anche nei confronti di soggetti che potrebbero fruire di benefici penitenziari.

Del resto, sarebbe tardivo l’eventuale provvedimento della magistratura di sorveglianza a fronte di un periodo sofferto in stato di detenzione quando si tratta di condannati che potrebbero fruire della sospensione dell’ordine di carcerazione e dell’applicazione di misure alternative alla detenzione.

Sotto altro profilo, si rimarca che equiparare gli irreperibili ai condannati in precedenza latitanti o evasi finisce per trattare in maniera analoga situazioni soggettive diverse.

Per i latitanti e gli evasi, infatti, sono previste norme specifiche dal codice di rito che si attagliano alla peculiarità del fatto che si tratta di soggetti che si sono volontariamente sottratti alle ricerche dell’autorità giudiziaria (art. 165 cod. proc. pen.).

Viceversa l’irreperibilità viene dichiarata per motivi diversi talvolta incolpevoli e, comunque, non paragonabili a quelli che possono condurre alla declaratoria di latitanza.

Nel caso specifico del ricorrente si evidenzia che questi è stato, per qualche mese, nel paese di origine per problematiche di tipo familiare ed è tornato in Italia perché nel suo interesse era stato chiesto interrogatorio a seguito di notifica dell’avviso di cui all’art 415-bis cod proc. pen. in altro procedimento.

Dunque, si tratta di soggetto residente all’estero al momento della notifica che risulta, peraltro, fatta al difensore in periodo feriale.

Con l’interpretazione che viene prospettata dalla Corte territoriale non è più necessaria la notifica a mani e la rinnovazione della notifica anche quando si è proceduto ad incarcerare il soggetto, sarebbe riservata ad ipotesi residuali, a fronte di un disposto letterale della norma che, invece, sembra attribuire al pubblico ministero un’ampia possibilità di rinnovare la notifica dell’ordine di esecuzione precedentemente sospeso, laddove la mancata richiesta di benefici dell’ordinamento penitenziario derivi da circostanze incolpevoli.

Nel caso di specie, peraltro, l’esecuzione della sentenza è rimasta ferma dalla data di definitività del 24 settembre 2021, fino a quando è stato emesso l’ordine di carcerazione del 30 maggio 2022, per ragioni che non sono imputabili al condannato.

Inoltre, in caso di dimostrazione di condotta sostanzialmente incolpevole da parte del soggetto, si darebbe modo al condannato di esercitare la facoltà di chiedere misure alternative, anche evitando il sovraffollamento della struttura carceraria.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge per inesistenza della motivazione in relazione agli artt. 157 e 159 del codice di rito.

Si deduce che la prima notifica della procedura deve essere fatta ex art. 157 cod. proc. pen., con gli adempimenti conseguenti con particolare riferimento a quelli previsti dai commi 7 e 8 della norma citata, accertamenti che si assumono mancanti nel caso di specie.

Ove, poi, l’autorità giudiziaria debba procedere ai sensi dell’articolo 159 cod. pen., vanno disposte nuove ricerche e si contesta la qualità di queste, sotto vari profili.

In particolare, quanto all’accesso al luogo dell’ultima residenza anagrafica, la difesa evidenzia che non viene indicato, nei verbali di vane ricerche, l’indirizzo preciso al quale si è fatto accesso perché tale indirizzo è privo dell’indicazione specifica (via …).

In ogni caso, l’accesso per la declaratoria di irreperibilità è stato svolto in periodo feriale, momento in cui sono state fatte le ricerche presso il luogo di residenza o luogo di lavoro, cioè nel mese di agosto ove difficilmente il risultato è quello di reperire il soggetto destinatario dell’accertamento.

Si contesta, altresì, la ricerca svolta con riferimento al luogo dove il condannato svolge attività lavorativa abitualmente, perché in questo caso la ricerca è stata fatta attraverso accertamenti presso la banca dati dell’Inps perché risultava disoccupato.

Nel caso che ci occupa, però, il condannato effettua viaggi con container di merci usate specie veicoli e pezzi di ricambio verso il proprio paese di origine, circostanza nota al personale del Commissariato P. che ha proceduto a redigere verbali di identificazione e di elezione di domicilio, proprio per un container in cui era stata trovata merce asseritamente irregolare, caricata a  Roma presso il magazzino sito in Via …, luogo nel quale il ricorrente era titolare di contratto di deposito di merci e dove il soggetto esercita l’attività  lavorativa.

Il verbale di vane ricerche, redatto in data 4 agosto 2022, da personale del Commissariato P., poi, dà conto di ricerche anche attraverso il cellulare del soggetto, indicando un numero specifico dell’utenza chiamata.

La difesa, però, evidenzia che questo non era l’unico nella disponibilità dell’Ufficio ma vi era altra utenza, riferibile al condannato, già indicata in un verbale di identificazione ed elezione di domicilio, quello redatto il 19 marzo 2020 sempre presso lo stesso Commissariato, che, comunque, non risulta

contattato.

Infine, non si tiene conto del fatto che l’imputato aveva chiesto di essere interrogato in altro procedimento.

In definitiva, la difesa deduce che la Corte di appello si è limitata valutare il verbale di vane ricerche del 2 luglio 2022, senza verificare l’effettiva esecuzione di tutti gli incombenti previsti dall’art. 157 cit.

Inoltre, sono state ritenute valide ed efficaci le ricerche svolte nel periodo feriale, in quanto reputate complete ed esaustive, senza la verifica dell’esatto indirizzo presso il quale si sono recati i verbalizzanti.

Infine, si ritiene completa ed esaustiva la ricerca nel luogo di lavoro stante la disoccupazione risultante dalla banca dati dell’Inps, senza tenere conto delle ulteriori risultanze a disposizione riguardanti il tipo di lavoro svolto dal condannato.

3.11 Sostituto Procuratore generale di questa Corte, L. Odello, ha chiesto con requisitoria scritta il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è infondato.

1.1.11 primo motivo di ricorso è infondato.

La giurisprudenza costante di questa Corte di legittimità, cui il Collegio aderisce, condividendola, ha ripetutamente affermato che la previsione di cui all’art. 656 comma 8-bis cod. proc. pen. non si applica al condannato irreperibile (Sez. 1, n. 33125 del 29/01/2019, omissis, Rv. 276411- 01; Sez. 1, n. 1779 del 30/11/2017, dep. 2018, omissis, Rv. 272054 – 01).

Ciò in quanto, in tema di procedimento di esecuzione, l’art. 656, comma 8-bis, cod. proc. pen. — secondo cui il pubblico ministero, se è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell’ordine di esecuzione e del contestuale decreto di sospensione ai sensi del precedente comma 5, può, assunte le opportune informazioni, disporne la rinnovazione della notificazione — trova limitata applicazione per soggetti, quali il condannato irreperibile, latitante o evaso, nei confronti dei quali è già avvenuto l’accertamento dell’irreperibilità del destinatario dell’atto.

Con specifico riferimento all’irreperibile, infatti, l’assunzione di complete informazioni, in ordine ai luoghi di possibile rintraccio, costituisce proprio il presupposto, quando le ricerche abbiano sortito esito negativo, per la corrispondente declaratoria, ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen., sicché la loro

reiterazione non assolverebbe ad alcuna ulteriore, effettiva funzione.

L’irreperibile, invero, al pari del latitante e dell’evaso, non ha, per definizione, conoscenza effettiva della sospensione, dal momento che l’avviso della sospensione gli viene notificato secondo modalità che ne assicurano la mera conoscenza legale, non potendo negarsi che sarebbe contraddittorio contemplare, in siffatta ipotesi, la possibilità dell’attivazione del meccanismo rinnovativo della formalità.

Se lo si ammettesse, in modo non coerente rispetto allaratio della norma che subordina, ad iniziativa del pubblico ministero, l’emissione dell’ordine di carcerazione alla rinnovata formalità finalizzata alla presa di cognizione personale, da parte del condannato, del previo avviso ex art. 656, comma 5, cod. proc. pen., si avallerebbe la ripetizione della notificazione a soggetto che, già dichiarato irreperibile, non potrebbe essere raggiunto con modalità diverse da quelle, surrogatorie, stabilite dall’art. 159 cod. proc. pen., essendo impossibile, per essere già risultata tale, la notificazione ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen., con l’effetto che la rinnovazione dell’adempimento potrebbe avere quale effetto, quello di differire sine die l’esecuzione della pena (cfr. Sez. 1, n. 1779 del 30/11/2017, dep. 2018, omissis, Rv. cit., in motivazione).

1.2.11 secondo motivo è infondato.

Il Giudice dell’esecuzione si è attenuto alla retta applicazione della disciplina da osservarsi nel controllo dello svolgimento delle formalità necessarie per l’accertamento della condizione di irreperibilità in sede esecutiva.

Va, sull’argomento, evidenziato che, in tema di notificazioni da effettuarsi ai sensi dell’art. 159 cod. proc. pen., l’obbligo di effettuare nuove ricerche nei luoghi indicati dal comma 1 della disposizione, al fine di emettere il decreto di irreperibilità, è condizionato all’oggettiva praticabilità degli accertamenti, che rappresenta il limite logico di ogni garanzia processuale (Sez. 4, n. 40928 del 07/06/2018, omissis, n. m.; Sez. 1, n. 18162 del 21/11/2017, dep. 2018, omissis, n. m.; Sez. 2, n. 39329 del 31/05/2016, omissis, Rv. 268304 – 01).

Ancora, si osserva che vi è un indirizzo giurisprudenziale secondo il quale è illegittimo il decreto di irreperibilità preceduto da ricerche svolte senza utilizzazione del numero di utenza mobile del destinatario della notifica pur in possesso dell’autorità competente (Sez. 1, n. 5476 del 13/0:1/2010, omissis, Rv. 245914) poiché tale omissione, rendendo le ricerche incomplete, viola il principio di effettività della ricerca, sotteso alle previsioni contenute nell’art. 159 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 47746 del 24/09/2015, omissis, Rv. 265327; in senso analogo, Sez. 3, n. 52326 del 20/11/2014, C, Rv. 261710).

Al riguardo, ai fini della rituale emissione del decreto di irreperibilità e della conseguente notifica dell’atto giudiziario presso il difensore, secondo quanto prescritto dall’art. 159 cod. proc. pen., le ricerche dell’indagato o imputato, destinatario dell’atto, non devono essere limitate ai luoghi espressamente indicati da detto articolo, in quanto l’avverbio “particolarmente” — alla stregua di una interpretazione costituzionalmente orientata che valorizzi il principio di effettività delle ricerche e la conoscenza del processo da parte dell’imputato — indica che a quei luoghi specificamente menzionati dalla norma deve essere accordata preferenza, ma non che ad essi solo debba essere circoscritta la ricerca del destinatario della notifica, rimanendo salva la possibilità di estenderla altrove e con altri mezzi.

Invero, per tale indirizzo, la ratio della norma è quella di assicurare un’effettiva ed efficace ricerca dell’indagato o imputato in tutti i posti dove, per conoscenze o informazioni acquisite, si presuma possa trovarsi, prima di emettere il decreto di irreperibilità, utilizzando nei modi più efficaci notizie ed informazioni in possesso dell’autorità procedente, prescindendo da rigorosi formalismi, in considerazione del rilievo costituzionale degli interessi tutelati.

Ciò posto, si osserva che nel caso in esame, le ricerche nei luoghi stabiliti dall’art. 159 cod. proc. pen. sono state ritenute in modo congruo e coerente come effettuate senza esito, con l’indicato limite della concreta praticabilità, rispetto al quale la notificazione al destinatario può essere effettuata ai sensi della norma citata.

L’esame degli atti, doveroso da parte di questa Corte per la qualità dell’eccezione formulata, ha consentito di rilevare, quanto al dedotto indebito svolgimento delle ricerche in periodo feriale, che uno dei verbali di vane ricerche risulta datato 2 luglio 2022, dunque, non cade in periodo cli sospensione dei termini feriali.

Le ricerche svolte in data 10 agosto di cui rende conto il successivo verbale del 3 agosto 2022, relativamente a quelle estese al domicilio, da cui il condannato era risultato assente già agli inizi di luglio (quindi non in periodo feriale) danno conto, dunque, di un’assenza protrattasi e dell’inesistenza di un luogo di lavoro, risultando il condannato, a quella data, secondo l’interrogazione Inps, disoccupato.

Del resto, si deve rilevare che l’attività svolta, peraltro non attinta da puntuale, specifica critica quanto agli esiti, attiene ad attività di polizia non a quella giurisdizionale limitatamente alla quale i termini sono sospesi durante il periodo feriale, dovendo dette ipotesi essere ritenute di stretta interpretazione.

Quanto alla dedotta erronea attribuzione della qualità di disoccupato al condannato, la critica non è precisa né supportata da documentazione a sostegno della deduzione dell’erroneità della conclusione cui è pervenuta la Corte territoriale con particolare riferimento circa l’attualità dell’attività lavorativa

indicata come svolta, all’epoca delle ricerche effettuate.

Inoltre, si osserva che dal certificato anagrafico in atti, il domicilio del condannato risulta indicato in via ….

Con riferimento, infine, alla riferibilità al condannato di altra utenza cellulare, diversa ed ulteriore rispetto a quella sulla quale, inutilmente, questi era stato cercato nel corso delle ricerche, in conformità all’indirizzo interpretativo sopra riportato, si osserva che la censura appare generica, posto che si richiama un verbale di dichiarazione di domicilio (peraltro corrispondente quanto al luogo, a quello di residenza risultante dalla certificazione anagrafica al 9 dicembre 2022) datato 19 marzo 2020 non attuale, quindi, rispetto alla data in cui si collocano le ricerche utilmente espletate ex art. 159 cod. pen. (oltre due anni dopo), né la deduzione viene accompagnata da documentazione a sostegno.

Circa l’avvenuta notifica del decreto di irreperibilità presso il difensore in periodo feriale, si osserva che questa riguarda un atto — cioè la notifica del decreto di irreperibilità e dell’avviso dell’ordine di esecuzione — che non subisce la sospensione dei termini feriali, come, invece, deve ritenersi per il termine di trenta giorni per chiedere le misure alternative o per la presentazione della richiesta di restituzione nel termine (cfr. nel senso che qualora la conoscenza della sentenza di condanna si realizzi mediante la notifica dell’atto di carcerazione e questa avvenga durante il periodo feriale di sospensione dei termini processuali, i trenta giorni previsti per la presentazione della richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza contumaciale decorrono dalla fine del periodo feriale di sospensione, Sez. 1, n. 9444 del 14/02/2013, Rv. 254816 -01). Ciò in quanto l’art. 1 della legge 7 ottobre 1969 n. 742, relativa alla sospensione dei termini processuali, non vieta il compimento dell’atto, ma prevede soltanto che il decorso dei termini, iniziato durante il periodo di sospensione, è differito alla fine dello stesso (Sez. 6, n. 9957 del 28/02/1990, Rv. 184830 — 01).

Anche la seconda doglianza deve essere, quindi, disattesa nel suo complesso.

2.Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ex art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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