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Prova nuova per revocare la confisca: cosa comprende?

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Cass. pen., sez. I, 15/02/2024 (ud. 15/02/2024, dep. 20/06/2024), n. 24527 (Pres. Boni, Rel. Russo)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava in cosa consiste la prova nuova rilevante ai fini della revocazione della confisca di cui all’art. 28 del d.lgs,. 6 settembre 2011, n. 159[1].

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Reggio Calabria respingeva una istanza, presentata dal proposto e dalla proprietaria e terza interessata, di revocazione ex art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Ciò posto, avverso questa decisione ambedue i soggetti summenzionati ricorrevano per Cassazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva i ricorso suesposti infondati alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo cui, “in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore” (Sez. U, Sentenza n. 43668 del 26/05/2022).

I risvolti applicativi

La prova nuova rilevante per la revocazione della misura di confisca di prevenzione, ai sensi dell’articolo 28 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 159, può essere sia quella che si forma dopo la conclusione del procedimento di prevenzione, sia quella che era già esistente ma è stata incolpevolmente scoperta dopo che la misura è diventata definitiva, mentre non è considerata prova nuova quella che era deducibile ma non è stata portata all’attenzione nel corso del procedimento di prevenzione, a meno che l’interessato dimostri l’impossibilità di averlo potuto fare per forza maggiore.

[1]Secondo cui: “1.  La revocazione della decisione definitiva sulla confisca di prevenzione può essere richiesta, nelle forme previste dagli articoli 630 e seguenti del codice di procedura penale, in quanto compatibili, alla corte di appello individuata secondo i criteri di cui all’articolo 11 dello stesso codice: a)  in caso di scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento; b)  quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute o conosciute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l’esistenza dei presupposti di applicazione della confisca; c)  quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come reato. 2.  In ogni caso, la revocazione può essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l’applicazione della misura. 3.  La richiesta di revocazione è proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi di cui al comma 1, salvo che l’interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per causa a lui non imputabile. 4.  Quando accoglie la richiesta di revocazione, la corte di appello provvede, ove del caso, ai sensi dell’articolo 46” del d.lgs. n. 159 del 2011.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 24527 Anno 2024

Presidente: BONI MONICA

Relatore: RUSSO CARMINE

Data Udienza: 15/02/2024

Data Deposito: 20/06/2024

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:

F. D. nato a … il …

Q. B. nato a … il …

avverso il decreto del 17/05/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO

udita la relazione svolta dal Consigliere CARMINE RUSSO;

lette le conclusioni del PG, Perla Lori, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

letta la nota di conclusioni scritte, con cui i difensori dei ricorrenti, avv. M. M. e F. C., hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto

1. Con decreto del 17 maggio 2023 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha respinto l’istanza, presentata da D. F. (proposto) e B. Q. (proprietaria e terza interessata), di revocazione ex art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, della confisca dell’immobile sito in … via …, disposta con precedente decreto 13 marzo 2015 del Tribunale di Reggio Calabria (confermato con decreto del 15 aprile 2016 della Corte d’appello di Reggio Calabria, e definitivo il 5 febbraio 2018).

Nell’istanza F. e Q., marito e moglie, deducevano che dopo la pronuncia del decreto applicativo della misura di prevenzione patrimoniale erano intervenute prove nuove in ordine al modo in cui Q. aveva acquistato la disponibilità dell’immobile sito in P.; in particolare, deducevano che C. C. F. aveva reso dichiarazioni all’a.g., D. R. e D. S. avevano reso dichiarazioni ad indagini difensive, ed era stata acquisita inoltre documentazione bancaria, e da tutto questo materiale nuovo emergeva come l’immobile fosse pervenuto alla Q. per effetto di trasferimento a titolo gratuito da parte dei suoceri, trasferimento nascosto da una apparente compravendita, circostanza che sarebbe provata, oltre che dalle dichiarazioni delle persone indicate a conoscenza dei fatti, anche dalla circostanza che dai documenti bancari emergerebbe che il prezzo corrisposto da Q. le era stato restituito nei mesi successivi dalla famiglia del marito mediante assegni bancari.

Nel decreto impugnato la Corte d’appello ha respinto l’istanza rilevando che essa afferma l’esistenza di una simulazione oggettiva relativa al titolo di acquisto dell’immobile da parte della Q. che sarebbe avvenuto a titolo gratuito, ma non è possibile provare la simulazione nei confronti dei terzi mediante prova testimoniale, e nel giudizio di revocazione il terzo è lo Stato. Non essendo ammessa tale forma di prova, essa non può costituire prova sopravvenuta idonea a determinare la revocazione.

2. Avverso il predetto provvedimento han proposto ricorso F. e Q. con due distinti atti di ricorso, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Ricorso avv. M.

Con unico motivo deduce violazione di legge, perché le prove nuove sovvertivano le risultanze del procedimento di prevenzione in ordine al giudizio di sproporzione che ha comportato la confisca definitiva, ma il provvedimento impugnato le ha pretermesse completamente, sul punto vi è assoluta assenza di motivazione in ordine agli elementi introdotti dalla difesa.

2.2. Ricorso avv. C.

Con unico motivo deduce violazione di legge, perché nel decreto legislativo 159 del 2011 non vi è alcun riferimento che consente di ritenere possibile il ricorso a principi interpretativi del giudizio civile, e anzi da esso si ricava una chiara omologazione tra le regole del giudizio di prevenzione e quelle del giudizio penale, l’art. 28 del d.lgs. 159 del 2011 non contiene nessun riferimento ai principi del diritto civile, ed anzi è improntato a criteri sostanziali; qualsiasi estensione del sistema delle preclusioni cozza contro il disposto dell’art. 14 delle preleggi. Inoltre, la stessa ordinanza dà atto della esistenza di documentazione bancaria sul punto della causale del trasferimento dell’immobile alla Q., e la stessa costituisce prova anche a prescindere dalla applicabilità della regola civilistica del divieto di prova per testimoni.

3. Con requisitoria scritta il Procuratore generale, dr.ssa Perla Lori, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Con nota di conclusioni scritte i difensori dei ricorrenti, avv. M. M. e F. C., hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato.

1. Si premette che è la terza volta che la questione della confisca di prevenzione dell’immobile di … via … arriva all’attenzione della Suprema Corte.

Con una prima sentenza, Sez. 5, n. 19410 del 05/02/2018, F., n.m., è stato respinto il ricorso di F. e Q. contro il decreto di confisca; nella sentenza si è ritenuto accertato che Q., ed anche per altri beni, i suoi genitori, erano intestatari fittizi della famiglia F.. In essa, in particolare, si precisa che la signora Q., che prima del 2006 non risulta aver mai lavorato, aveva acquistato nel 2006 un’autovettura BMW per l’importo di euro 50.000, nel 2007 aveva comprato un terreno per euro 25.250 e nello stesso anno aveva sostenuto la spesa di euro 5.000 per la costituzione della società G. P..

La moglie del proposto aveva altresì acquistato nel 2006 anche la casa coniugale e, anche ammettendo che il valore della stessa non fosse di euro 325.000, come accertato nella perizia, ma quello dichiarato di euro 83.400, tale operazione è stata ritenuta comunque insostenibile per i redditi dichiarati dalla donna. La pronuncia aggiunge che il giudice del merito ha evidenziato il vorticoso giro di trasferimenti di beni gravitanti nella famiglia F., cui avevano partecipato anche i suoceri, avvenuto in epoca successiva all’instaurazione del legame affettivo tra il F. e la Q., e concluso nel senso che la motivazione del decreto impugnato non potesse ritenersi apparente, non essendo priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e di logicità.

Con una seconda sentenza, Sez. 2, n. 19414 del 12/03/2019, omissis, n.m., è stato accolto il ricorso del Procuratore generale di Reggio Calabria contro il decreto della Corte di appello che aveva revocato la confisca dell’immobile a seguito di istanza di revocazione presentata da F. D., che aveva

dedotto come prova nuova ex art. 28 d.lgs. 159 del 2011 la circostanza che fosse intervenuto condono edilizio dell’immobile a nome di F.. Con la motivazione con cui ha accolto il ricorso del Procuratore generale, la pronuncia n. 19414 ha evidenziato che questa prova già emergeva dall’atto di compravendita e non era, quindi, valorizzabile come prova nuova, perché preesistente ed implicitamente già valutata, ed aggiungeva che nel contratto di vendita, per contro, si fa anzi riferimento alla corresponsione del prezzo in sei rate consecutive da euro 20.000 cadauna, con scadenze individuate tra il 13 novembre 2006 ed il 20 dicembre 2006 per complessivi euro 120.000, e dalla documentazione bancaria risultano movimentazioni di somme che riscontrano il pagamento del prezzo di acquisto.

L’odierno ricorso ha ad oggetto la decisione della Corte di appello che ha respinto la nuova istanza di revocazione presentata dai coniugi F. e Q., fondata stavolta sull’argomento della avvenuta simulazione oggettiva dell’acquisto dell’immobile, che nascondeva, in realtà, una donazione effettuata dai familiari di F. a favore della Q..

2. Ciò posto, il ricorso, articolato in due atti separati, che possono essere valutati congiuntamente, in quanto sovrapponibili, è fondato.

E’ fondato, in particolare, l’argomento dedotto dalle difese, secondo cui il provvedimento impugnato ha motivato la decisione individuando una preclusione non prevista dalla legge, alla tipologia di prove utilizzabili nel giudizio di revocazione, preclusione che la stessa ha ricavato dall’art. 1417 cod. civ. La norma stabilisce che “La prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti”, e quindi vieta la prova testimoniale della simulazione se la domanda è proposta dalle parti dell’atto simulato.

La disposizione limitativa applicata dalla Corte di appello non è riprodotta nell’ad: 28, comma 1, lett. a), d.lgs. n 159 del 2011, che ammette a fondamento della revocazione in modo generico “prove nuove decisive” senza operare alcuna selezione dei mezzi consentiti e senza richiamare in modo testuale le regole probatorie valevoli per la simulazione dei contratti di cui agli artt. 1414 e ss. c.c.

Né la stessa è compatibile col sistema delle misure di prevenzione, in quanto nel procedimento di confisca prima, e di revocazione poi, il patrimonio dello Stato non è la controparte del proprietario del bene confiscato, ma solo il beneficiario ex lege, a norma dell’art. 45 del decreto citato, del trasferimento di proprietà conseguente al provvedimento applicativo della confisca.

E’ soltanto nella fase cronologicamente successiva, perché il provvedimento ablatorio è divenuto definitivo, e il bene confiscato è stato trasferito al patrimonio dello Stato, e logicamente successiva, perchè non si fa più questione sul titolo, che possono riemergere le regole civilistiche nelle eventuali controversie inerenti a diritti soggettivi correlate alla esistenza del provvedimento di confisca (cfr., sul tema, ed in particolare sulla giurisdizione del giudice civile su tali tipologie di controversie, Sez. 1, Sentenza n. 30422 del 13/10/2020, omissis, Rv. 279736).

Il giudizio sul titolo ablatorio – e l’istanza di revocazione, pur giungendo dopo l’irrevocabilità della decisione, è un rimedio straordinario che introduce a tutti gli effetti una (nuova) decisione sul titolo ablatorio – è governato, invece, da un sistema probatorio, che è rimesso alla libera valutazione del giudice senza che siano individuati dei vincoli espressi né gerarchie dei mezzi di prova utilizzabili (v.

Sez. 1, Sentenza n. 49180 del 06/07/2016, omissis, Rv. 268652, in motivazione).

Del resto, nel caso in cui la confisca abbia ad oggetto beni di coniuge, figli e conviventi del proposto, l’ordinamento giuridico consente il ricorso a presunzioni relative circa la intestazione fittizia dei beni del preposto, giustificate dal rapporto personale che lega gli intestatari al proposto e dall’assenza di mezzi propri in capo a costoro, che costituiscono circostanze significative dell’attribuzione soltanto apparente e formale di tali beni alle persone di maggior fiducia da parte del proposto non in grado di dimostrare la loro lecita provenienza, senza la necessità di condurre specifici accertamenti o di acquisire la prova scritta della simulazione (Sez. 1, Sentenza n. 49180 del 06/07/2016, omissis, Rv. 268652; Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, omissis, Rv. 266142; Sez. 1, n. 5184 del 10/11/2015, omissis, Rv. 266247; Sez. 1, n. 17743 del 07/03/2014, omissis, Rv. 259608; Sez. 6, n. 49878 del 06/12/2013, omissis, Rv. 258140), presunzioni, superabili, in ogni caso, con la allegazione di circostanze contrarie, purchè serie e verificabili.

Ne consegue che il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio sul punto, in cui il giudice del rinvio dovrà esaminare nel merito le prove alla base della istanza verificandone preliminarmente il profilo della novità, e la eventuale non deducibilità, conformemente al principio di diritto secondo cui “in tema di confisca di prevenzione, la prova nuova, rilevante ai fini della revocazione della misura ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, è sia quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore” (Sez. U, Sentenza n. 43668 del 26/05/2022, omissis, Rv. 283707).

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Catanzaro.

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