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L’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 c.p.: quando sussiste?

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Cass. pen., sez. II, 24/04/2024 (ud. 24/04/2024, dep. 09/05/2024), n. 18188 (Pres. Petruzzellis, Rel. Leopizzi)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è configurabile l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che, come è noto, dispone quanto segue: “Per i delitti punibili con pena diversa dall’ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 concorrenti con l’aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante. Per i delitti di cui all’articolo 416-bis e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell’imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura degli autori dei reati, la pena dell’ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà. Nei casi previsti dal terzo comma non si applicano le disposizioni di cui al primo e secondo comma. Per i delitti aggravati dalla circostanza di cui al primo comma si procede sempre d’ufficio”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di Tribunale del riesame, confermava integralmente un’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta che, a sua volta, aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di un indagato, in relazione ai reati di cui agli artt. 110-629, 56-110-629 e 110-610 cod. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione i difensori proponevano ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, uno di questi legali deduceva carenza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il motivo suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale è configurabile l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., ogni qualvolta la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della minaccia mafiose, ben più penetranti, energiche ed efficaci siccome derivanti dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti; pertanto, una volta accertato l’utilizzo del metodo mafioso, l’aggravante, avente natura oggettiva, si applica a tutti i concorrenti nel reato, secondo il criterio imputativo sancito dall’art. 59 cod. pen. (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, in motivazione; Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023).

I risvolti applicativi

L’aggravante prevista dall’art. 416-bis.1 del codice penale si applica quando la violenza o la minaccia presentano caratteristiche simili a quelle tipiche della violenza o della minaccia mafiose, in quanto provenienti da un gruppo criminale dedicato a numerosi e gravi delitti.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 18188 Anno 2024

Presidente: PETRUZZELLIS ANNA

Relatore: LEOPIZZI ALESSANDRO

Data Udienza: 24/04/2024

Data Deposito: 09/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

F. G. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 12/01/2024 del TRIBUNALE RIESAME di CALTANISSETTA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO LEOPIZZI;

sentite le richieste del PG ASSUNTA COCOMELLO, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;

sentite le conclusioni dell’avv. A. C. V., anche in sostituzione dell’avv. A. F., per il ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Caltanissetta, in funzione di Tribunale del riesame, ha integralmente confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta in data 15 dicembre 2023, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di G. F., in relazione ai reati di cui agli artt. 110-629, 56-110-629 e 110-610 cod. pen.

2. Ricorre per cassazione G. F., a mezzo dei propri difensori, con due distinti atti di impugnazione.

3. Ricorso a firma avv. A. V.

3.1. Carenza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di estorsione. La difesa sottolinea come la persona offesa non apparirebbe affatto intimidita, tenuto conto anche dell’assenza di esplicite minacce e dell’inconsapevolezza in ordine alla posizione all’interno della consorteria di M. (mai intervenuto viceversa negli episodi più cruenti), e si

sarebbe anzi tutelata dietro la protezione di un altro esponente malavitoso. Le conversazioni tra R. e M. evidenzierebbero al contrario come la persona offesa pretenda che i F.-P. diano corso alle precedenti promesse di pagare perlomeno la metà dei danni e, d’altro canto, non emergano

nell’atteggiamento di M. volontà coercitive.

3.2. Carenza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza del delitto consumato e non soltanto tentato. L’imputazione provvisoria postula che l’incontro del 25 febbraio 2022 e le successive lesioni siano funzionali a costringere R. a non esercitare le proprie prerogative dominicali sui fondi dove i F.-P. pascolavano le loro greggi, ma, dopo tale episodio, la persona offesa avrebbe ulteriormente denunciato le invasioni di tali terreni ed avrebbe poi provveduto alla loro recinzione (tanto che, per le successive invasioni, furono recisi i fili elettrici ivi apposti). Non apparirebbe dunque corretta la conclusione di avvenuta consumazione del reato, da qualificarsi come semplice tentativo.

3.3. Carenza e contraddittorietà della motivazione in relazione alla sussistenza dell’aggravante del metodo mafioso. L’intervento di un soggetto in posizione apicale nella locale famiglia mafiosa (circostanza sconosciuta alla vittima), in assenza di effettiva coartazione di quest’ultima (che ha continuato a sporgere denuncia e ha cercato la protezione di altro esponente mafioso), non basterebbe

di per sé solo a rendere configurabile la circostanza.

4. Ricorso a firma avv. A. F..

4.1. Carenza e apparenza della motivazione in relazione al mancato esame dell’eccezione difensiva del ne bis idem rispetto ai tre decreti di citazione a giudizio prodotti dall’indagato. Inoltre, l’arco temporale preso in considerazione dai giudici della cautela coincide con l’azione penale esercitata dal Pubblico Ministero in relazione ad altri fatti.

4.2. Carenza e apparenza della motivazione in relazione al mancato esame dell’eccezione difensiva del ne bis idem rispetto alla reiterazione delle imputazioni per un medesimo fatto. In particolare, «il capo 20) della incolpazione provvisoria configura l’attività estorsiva nel famigerato incontro del 25.02.2022 e quindi dell’aggressione del 15.06.2022» e il Tribunale avrebbe trascurato otto punti di interesse investigativo enumerati nell’ordinanza applicativa (riguardanti, nello specifico, la rimessione delle querele, l’assoluzione di G. e A. F. da parte del Giudice di Pace di Gela, alcuni articoli di stampa, la coincidenza storico-fattuale delle imputazioni nei diversi procedimenti, in particolare per quanto attiene all’episodio citato del 15 giugno).

4.3. Carenza e apparenza della motivazione in relazione ai fatti documentati in sede di riesame (in particolare, l’assoluzione per il reato di cui all’art. 633 cod. pen., i verbali del procedimento davanti al giudice di pace per pascolo abusivo, il tentativo di acquisto di un’arma da M. da parte di R., l’ammissione della persona offesa di essere stato lui a estirpare i paletti e a tagliare i fili, altri fatti di danneggiamento in danno degli odierni indagati, tali da provocarne l’esasperazione).

4.4. Contraddittorietà della motivazione su punti decisivi, quali il coinvolgimento di tutti e cinque gli indagati in un medesimo disegno criminoso, lo sconforto della persona offesa che però avrebbe mantenuto un atteggiamento pervicace e risoluto, la sussistenza di rapporti diretti (mai accertata compiutamente) tra M. e il ricorrente.

4.5. Carenza della motivazione rispetto a specifica richiesta della difesa di applicazione degli arresti domiciliari, anche con presidio elettronico, e travisamento della prova in ordine ai presunti rapporti con il capomafia A. M..

4.6. Carenza della motivazione rispetto a specifici elementi prodotti dalla difesa ai fini dell’applicazione degli arresti domiciliari, in ordine alla distanza tra le abitazioni della persona offesa e del ricorrente.

4.7. Carenza della motivazione rispetto a specifici elementi oggettivi allegati dalla difesa ai fini dell’applicazione degli arresti domiciliari in tema di significatività dei precedenti del ricorrente (l’ultimo dei quali commesso oltre sei mesi prima dell’arresto, così da far sbiadire la presunta continuità della condotta).

5. All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili.

1. Per quanto attiene alla gravità indiziaria, le censure dedotte con il primo motivo del ricorso dell’avv. V. e con il terzo e il quarto motivo del ricorso dell’avv. F. risultano non consentite, in quanto dirette a sollecitare una rinnovata ponderazione della piattaforma indiziaria, a fronte di una congrua motivazione offerta dal provvedimento impugnato.

1.1. Invero il ricorso per cassazione per vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità la sola verifica delle censure inerenti l’adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle emergenze investigative e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito oppure contestano l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, omissis, Rv. 276976. Cfr. anche Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, omissis, Rv. 261400).

1.2. Nel caso di specie, i giudici della cautela hanno dato adeguatamente conto delle ragioni che li hanno condotti ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, secondo un percorso argomentativo congruente e scevro di vizi logico-giuridici. In particolare, l’ordinanza esaminata premette un inquadramento generale dell’attività di indagine (basata in primo luogo sulla captazione di conversazioni telefoniche e tra presenti), scaturita nell’ambito di accertamenti in ordine alla ricostruzione della famiglia di … nel territorio di N., ove è emerso il ruolo apicale di A. M.. Tra i molteplici reati fine oggetto di provvisoria imputazione è emersa anche l’estorsione continuata e pluriaggravata in concorso di cui al capo 20. Gli indagati, agendo con plurime condotte concatenate, sotto l’egida del capomafia M., hanno ripetutamente invaso, procedendo al pascolo o coltivazione, i fondi della persona offesa A. R., costretto con ininterrotte violenze (ivi compreso un brutale pestaggio) e minacce a rinunciare all’esercizio dello ius excludendi sui terreni di sua proprietà

e in genere a qualsiasi pretesa sugli stessi, nonché a rimettere le querele a suo tempo presentate. La natura concorsuale della contestazione permea di penale rilevanza in relazione ai delitti provvisoriamente contestati la frazionata e «progressiva operazione di accerchiamento della vittima e di indebolimento delle sue capacità di resistenza per mezzo di reiterate condotte di invasione di terreni, danneggiamenti, minacce, secondo una strategia usurpativa condivisa». Così ricostruita la vicenda storica, sulla base di quanto riferito dalla persona offesa (ritenuta attendibile, anche a fronte del pieno riscontro fornito dalle intercettazioni), il Tribunale ha valutato irrilevante la richiesta di intervento in proprio favore avanzata da R. ad altro esponente della criminalità organizzata, circostanza non illogicamente interpretata nel senso di confermare lo stato di timore e prostrazione della persona offesa. In questo contesto, risulta di particolare rilievo a carico del ricorrente la sua partecipazione, accompagnato da A. P., S. S. P. e A. M., all’incontro con la persona offesa del 25 febbraio 2022, connotato da inusitata prepotenza.

1.3. Le doglianze in tema di asserito bis in idem di cui al primo e al secondo motivo del ricorso a firma dell’avv. F. sono manifestamente infondate. Ferma restando l’applicabilità del bis in idem anche alla sede cautelare (cfr. Sez. 6, n. 6555 del 18/01/2023, omissis, Rv. 284267), ai fini della preclusione

connessa a tale principio, l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia piena corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, da considerare in tutti i suoi elementi costitutivi sulla base della triade condotta-nesso causale evento, non essendo sufficiente la generica identità della sola condotta (Sez. 2, n. 52606 del 31/10/2018, omissis, Rv. 275518-02; Sez. 3, n. 21994 del 01/02/2018, omissis, Rv. 273220; Sez. 2, n. 292 del 04/12/2013, dep. 2014, omissis, Rv. 257992). Il Tribunale del riesame, sul punto, ha già dato adeguata risposta, premessa la diversità dei fatti, comunque ribadendo, conformemente all’insegnamento di legittimità, che le contestazioni per «singole invasioni di terreni o singole condotte minatorie poste in essere nel corso degli anni e financo al di là del periodo temporale specificamente preso in considerazione nel capo 20) […] non assorbono il disvalore del diverso delitto di estorsione aggravata».

D’altronde, ammessa – in ipotesi e per comodità di ragionamento – la pendenza di procedimenti in rapporto di specialità, sarebbe comunque la fattispecie di cui all’art. 629 cod. pen. per cui si procede in questa sede, caratterizzata dagli ulteriori elementi costitutivi dell’ingiusto profitto e del danno patrimoniale rispetto ai fatti tipici dei delitti di invasione, minaccia e violenza privata, ad esercitare la propria vis attractiva.

1.4. L’attività intimidatoria dei concorrenti risulta aver conseguito il proprio obiettivo di coartazione della volontà della persona offesa, costretta in più occasioni- tollerare l’invasione del proprio fondo in Contrada R., così procurandosi l’ingiusto profitto, con altrui pari danno, derivante dal gratuito utilizzo del bene immobile. Non è dunque revocabile in dubbio la consumazione del reato, avuto riguardo alla progressiva verificazione, eziologicamente ricollegabile alle condotte dei concorrenti, degli eventi previsti dalla norma incriminatrice (coazione psichica, atto di disposizione sub specie di tolleranza, ingiusto profitto, altrui danno).

Il secondo motivo del ricorso a firma dell’avv. V., diretto a invocare la qualificazione del fatto come delitto tentato è dunque manifestamente infondato.

2. Il Tribunale del riesame considera integrata la circostanza aggravante del metodo mafioso, «in considerazione del personale intervento del capomafia M. A. in favore del gruppo di pastori, il quale, proprio in ragione della sua caratura mafiosa, riusciva a coartare la volontà della vittima, vincendone ogni residua resistenza». La collocazione di M. al vertice dell’articolazione locale di … era già stata debitamente evidenziata e lo stesso criminale prende atto con soddisfazione dell’efficacia della sua presa di posizione, parlando della vicenda con il fratello («…»).

È configurabile l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., ogni qualvolta la violenza o la minaccia assumano la veste propria della violenza o della minaccia mafiose, ben più penetranti, energiche ed efficaci siccome derivanti dalla prospettazione della sua provenienza da un tipo di sodalizio criminoso dedito a molteplici ed efferati delitti; pertanto, una volta accertato l’utilizzo del metodo mafioso, l’aggravante, avente natura oggettiva, si applica a tutti i concorrenti nel reato, secondo il criterio imputativo sancito dall’art. 59 cod. pen. (Sez. U, n. 8545 del 19/12/2019, omissis, Rv. 278734, in motivazione; Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, omissis, Rv. 285018-02). Nel caso di specie, il ricorrente era addirittura fisicamente presente nel momento in cui R. si trovava di fronte alle intimidazioni, anche implicite, di A. M. ed anzi aveva coltivato in prima persona i rapporti con l’esponente di …. La circostanza è dunque indubbiamente valutabile a carico di G. F..

È quindi manifestamente infondato il terzo motivo del ricorso a firma dell’avv. V..

3. Quanto alle esigenze cautelari, il ricorrente omette d considerare che il disposto di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. sancisce, in caso di reati aggravati ex art. 416-bis.1 cod. pen., una doppia presunzione, di natura relativa per ciò che concerne la sussistenza delle esigenze cautelari e di natura assoluta con riguardo all’adeguatezza al loro contenimento della sola misura carceraria, quest’ultima superabile nei soli casi previsti dall’art. 275, commi 4 e 4-bis, cod. proc. pen (cfr. Sez. 2, n. 24515 del 19/01/2023, omissis Rv. 284857).

Il Tribunale del riesame, peraltro, chiarisce come in ogni caso la suddetta presunzione non sia vinta da elementi di segno contrario ed anzi la prognosi infausta di recidivanza resti confermata appieno dai precedenti penali e dalla personale contiguità a contesti mafiosi, né la difesa ha comunque allegato

circostanze tali da incidere su queste conclusioni.

I profili di censura sul punto sono dunque del tutto aspecifici e comunque manifestamente infondati.

4. I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili,

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.

Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà del ricorrente, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna R ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.

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