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In materia di reati tributari quando è possibile ritenere che il reo abbia la disponibilità dei beni da doversi confiscare per equivalente

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Cass. pen., sez. IV, 14/12/2023 (ud. 14/12/2023, dep. 2/01/2024), n. 40 (Pres. Piccialli, Rel. Ferranti)

(Riferimento normativo: D.lgs, 10/03/2000, n. 74, art. 12-bis)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 12-bis, co. 1, d.lgs., 10/03/2000, n. 74 stabilisce che, nel “caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”, una questione giuridica su cui la Cassazione è intervenuta nel caso di specie, tra i tanti profili giuridici ivi affrontati (sul punto vedasi la sentenza qui commentata che si allega al presente articolo), era quella inerente cosa dovesse intendersi per siffatta “disponibilità”.

Difatti, il procedimento penale, in occasione del quale era stata emessa la sentenza del Supremo Consesso nella fattispecie in esame, riguardava la confisca di un immobile disposta nei confronti di una persona condannata per il reato sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, commesso in qualità di amministratore di una compagine sociale.

In particolare, il Tribunale di Teramo, in funzione di giudice dell’esecuzione, in sede di rinvio a seguito dell’annullamento della Sezione terza della Corte di Cassazione che aveva rigettato un’opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen. proposta avverso l’ordinanza con cui, a sua volta, era stata respinta l’istanza di revoca della confisca di un immobile di cui il predetto era proprietario, aveva nuovamente rigettato una richiesta analoga di restituzione dell’immobile sito.

Ciò posto, avverso quest’ultimo provvedimento il condannato, per il tramite del difensore, proponeva ricorso per Cassazione il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva vizio di motivazione non avendo, a suo avviso, il Tribunale tenuto in considerazione delle deduzioni difensive quanto alla titolarità e all’estraneità della ricorrente dal reato commesso dal padre del ricorrente.

Il problema giuridico sollevato dall’impugnante, dunque, si incentrava sulla tematica riguardante come debba intendersi la disponibilità di beni laddove si proceda alla confisca per equivalente (nei reati tributari).

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato.

In particolare, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che, ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, rileva l’effettiva disponibilità giuridica dei beni da parte dell’indagato, anche per interposta persona, al momento in cui sia disposto il vincolo, essendo ininfluente, in considerazione della natura sanzionatoria dell’istituto, la circostanza che gli stessi siano stati acquisiti antecedentemente o dopo la commissione del reato (Sez. 3, n. 41135 del 22/05/2019), rilevavano come, in tema di confisca per equivalente, la “disponibilità” del bene„ quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di proprietà, ma con quella di possesso, ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3 – , n. 4887 del 13/12/2018; Sez. 3, n. 34602 del 31/03/2021).

Più nello specifico, ossia proprio in riferimento ai reati tributari, si chiariva, sempre nella pronuncia qui in commento, che, ai fini della confisca per equivalente di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, rileva esclusivamente la effettiva disponibilità del bene da parte dell’imputato, trattandosi di misura che ha natura eminentemente sanzionatoria ed è applicabile esclusivamente all’autore del reato (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013).

I presupposti applicativi sono dunque costituiti: a) dall’impossibilità di confiscare, in via diretta il profitto o il prezzo del reato; b) dalla disponibilità del bene da parte dell’autore (persona fisica) del reato; c) dalla corrispondenza del valore del bene al profitto/prezzo del reato.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, di conseguenza, la “disponibilità” del bene, quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di proprietà, ma con quella di possesso, ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018; Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013; Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012; Sez. 1, n. 11732 del 09/03/2005).

La questione giuridica prospettata, dunque, era risolta in questa maniera e il ricorso proposto era dichiarato inammissibile.

I risvolti applicativi

La confisca (equivalente) di beni, di cui il reo ha la disponibilità a norma dell’art. 12-bis, co. 1, d.lgs. n. 74 del 2000, alla luce di tale sentenza, opera al di là della definizione di disponibilità di un bene secondo quanto previsto nel diritto civile.

Come appena visto, difatti, rileva invece qualsivoglia possesso, vale a dire tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà.

La ricaduta applicativa di tale principio di diritto, quindi, è chiara.

Non conviene intraprendere una linea difensiva che si soffermi, per escludere l’applicabilità di siffatta norma di legge, su una concezione, per l’appunto civilistica, di disponibilità, occorrendo, invece, fare riferimento a questo approdo ermeneutico che, come suesposto, include qualsivoglia ipotesi in cui il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo e quest’ultimo abbia con il bene una relazione fattuale del tutto analoga a quella di chi è proprietario del medesimo.

Solo entro questa cornice ermeneutica, pertanto, è possibile contestare validamente un provvedimento ablatorio di questo tipo.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 4 Num. 40 Anno 2024

Presidente: PICCIALLI PATRIZIA

Relatore: FERRANTI DONATELLA

Data Udienza: 14/12/2023

Data Deposito: 02/01/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D. N. A. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 11/05/2023 del TRIBUNALE di TERAMO

udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA FERRANTI;

lette le conclusioni del PG

RITENUTO IN FATTO

1.Con ordinanza in data 11.05.2023 il Tribunale di Teramo, in funzione di giudice dell’esecuzione, in sede di rinvio a seguito dell’annullamento della Sezione terza della Corte di Cassazione Sez. 3 00163

del 2022 dell’ordinanza del 9-10-2020 che ha rigettato l’opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc.

pen. proposta, nell’interesse di D. N. A., avverso l’ordinanza con cui, il precedente 22/01/2020, era stata respinta l’istanza di revoca della confisca dell’immobile sito in A. A., alla via …, di cui la predetta è proprietaria, ha nuovamente rigettato la richiesta di D. N. A., quale unica socia della G.G.A. H. s.r.l. unipersonale, di restituzione dell’immobile sito in A. A. via ….

In particolare, l’opponente riveste tale qualifica per aver acquistato le quote societarie della “G.A.A. H. s.r.l.” dal proprio genitore D. N. G., soggetto nei cui confronti era stata disposta la confisca a seguito di condanna definitiva per il reato sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, commesso in qualità di amministratore della compagine sociale (la “G. A. R. di D. N. G. & c. s.a.s.”) che precedentemente, sotto forma di cessione di ramo d’azienda, aveva conferito l’immobile di cui trattasi alla menzionata “G.A.A. H. s.r.l.”.

2.La Corte di Cassazione Sezione 3 ritenuto fondato il primo motivo di ricorso presentato nell’interesse di D. N. A. e ha così argomentato:

“Motivi di ordine sistematico inducono a esaminare l’azionata impugnativa principiando dal vaglio  del secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 12-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 per essere stata disposta la confisca di cui trattasi per equivalente, in spregio ai principi enunciati, a più riprese, dalle Sezioni Unite della Corte, che hanno affermato, in un’occasione, che, in relazione ai reati tributari produttivi di risparmio di spesa, il sequestro preventivo funzionale alla confisca è sempre finalizzato all’abiezione diretta del profitto, potendosi far luogo a quello di valore solo ove il primo sia, per qualche ragione, impossibile e hanno precisato, in altra occasione, che la confisca del profitto disposta sui beni di un ente per violazioni tributarie commesse dal suo legale rappresentante va sempre intesa come diretta, laddove attinga danaro o altre res fungibili. Ritiene in proposito il Collegio che la doglianza sia del tutto destituita di

fondamento, indipendentemente dalla corretta qualificazione della misura, che, per quanto emerge dagli atti, parrebbe disposta per equivalente nonostante il bene attinto sia collegabile in via diretta all’illecito formante oggetto di contestazione. Giova evidenziare, infatti, che la censura in oggetto non

è stata fatta valere con l’atto di opposizione, la qual cosa ne determina l’indeducibilità in sede di legittimità, in conformità all’insegnamento di questa Corte, secondo cui «Non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi

evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento

ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello» (così, ex multis, Sez. 2, n. 29707 dell’08/03/2017, omissis, Rv. 270316-01, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017,

omissis, Rv. 269745-01 e Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, omissis, Rv. 255577-01).

con cui si lamenta vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione che non ha confutato gli argomenti a sostegno della richiesta restitutoria, costituiti dall’essere l’opponente persona estranea al reato ed effettiva titolare delle quote sociali della “G.A.A.

H. s.r.l.”, per averle acquistate in buona fede dal proprio genitore successivamente alla perpetrazione dell’illecito. Ciò ove si tenga conto del fatto che l’opponente aveva rivendicato, per un verso, la propria estraneità al reato tributario per cui era intervenuta la condanna del padre ed era stata altresì disposta la confisca dell’immobile e, per altro verso, l’assoluta buona fede nell’acquisto dello stesso, assumendo che forniva riscontro a quanto sostenuto la tempistica della vicenda concreta, posto che la commissione dell’illecito, consistita nella sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, risaliva all’inizio dell’anno 2011, con il trasferimento del bene, sotto forma di cessione di ramo d’azienda, dalla società di cui il genitore era amministratore ad altra compagine sociale al predetto egualmente riconducibile, che il suo acquisto delle quote della società cessionaria era avvenuto il 25/10/2013 e che il sequestro preventivo era stato disposto dal giudice per le indagini preliminari il successivo 27/05/2014″

3.Propone ricorso N. A. a mezzo del difensore di fiducia con i seguenti motivi:

3.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge in relazione all’omesso avviso dell’udienza camerale anche al condannato D. N. G. e che comunque il sacrificio al soggetto terzo non può essere imposto laddove il terzo si trovi in condizione di incolpevole affidamento che ne impone la tutela.

3.2.Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione non avendo il Tribunale tenuto in considerazione delle deduzioni difensive quanto alla titolarità e all’estraneità della ricorrente, dal reato

commesso dal padre D. N. G.,

4. Il Procuratore Generale in sede ha richiesto con requisitoria scritta il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo è manifestamente infondato, atteso che il condannato, in relazione alla richiesta di restituzione proveniente da un terzo di buona fede, indipendentemente dai rapporti di parentela con questo sussistenti nel caso concreto non ha interessi da far valere, essendo stato spogliato del bene con sentenza definitiva, non più soggetta a gravame; nel procedimento di esecuzione, la sua partecipazione non è prevista laddove la restituzione sia stata richiesta da un terzo, relativamente ad un bene sul quale lo Stesso non vanta e non può vantare apparentemente alcun

interesse.

2.Quanto al secondo motivo è manifestamente infondato. Il Tribunale di Teramo quale giudice del rinvio in qualità di giudice dell’esecuzione ha correttamente applicato il principio di diritto fissato dalla sentenza di annullamento, argomentando che il soggetto colpito dal provvedimento ablatorio è la società G.A.A. H. srl unipersonale proprietaria dell’immobile oggetto di confisca; nella sentenza di condanna irrevocabile che ha disposto la confisca per equivalente si afferma che il profitto del reato è l’immobile sottratto al credito tributario e che non risulta che la società quale persona giuridica destinataria della pretesa impositiva abbia altri beni; D. N. G. padre della ricorrente quale amministratore della G. A. ristorante sas e di N. G. e c. per rendere la procedura di riscossione coattiva inefficace con riferimento al credito erariale gravante sulla medesima società ha conferito alla neocostituita G.A.A. H. srl unipersonale di cui era amministratore e proprietario delle quote sociali fino all’atto di cessione del 2013 il fabbricato ad uso albergo in Alba Adriatica e subito dopo attraverso un contratto di locazione ha di fatto riottenuto la disponibilità dell’immobile. L’operazione di acquisto delle quote sociali da parte di D. N. A., argomenta il Tribunale, enucleando una serie di elementi probatori tratti dal processo di cognizione lungi da rappresentare un autentico passaggio di proprietà cela un ulteriore artificio volto a sottrarre il bene allo Stato attraverso la veste di persona estranea al reato, in quanto la nuova proprietaria delle quote sociali era ben consapevole nel 2011 dell’atto con cui si era già sottratto il bene alla garanzia patrimoniale dei

creditori sociali.

Va ribadito il principio già affermato da Sez. 3 – , n. 41135 del 22/05/2019 Cc. (dep. 08/10/2019) Rv. 277980 – 01 che ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, rileva l’effettiva disponibilità giuridica dei beni da parte dell’indagato, anche per interposta persona, al momento in cui sia disposto il vincolo, essendo ininfluente, in considerazione della natura

sanzionatoria dell’istituto, la circostanza che gli stessi siano stati acquisiti antecedentemente o dopo la commissione del reato. (Fattispecie relativa al sequestro di beni acquistati molti anni prima rispetto all’adozione del provvedimento)

Va allora sottolineato che è la stessa tipologia della misura, avente ad oggetto non già i beni o i valori costituenti il profitto del reato ma, in caso di impossibilità di aggredire quest’ultimo, beni o valori che a tale profitto equivalgano, a rendere irrilevante l’anteriorità o meno rispetto alla data del reato della acquisizione della titolarità di essi, avendo il legislatore privilegiato, nel caso di impossibilità di ricorrere alla confisca in via diretta, la radicale soluzione dell’apprensione di beni comunque riferibili alla persona dell’indagato tale da risolversi, del resto, come a più riprese affermato da questa Corte, in una misura di carattere chiaramente sanzionatorio. Quel che conta, dunque, ai fini dell’apprensione in oggetto, è la effettiva disponibilità giuridica del bene (tale da prevalere su intestazioni fittizie o di comodo come nel caso di specie in cui il fabbricato ad uso albergo viene sottratto alla G. A. ristorante sas e ceduto alla neo costituita GAA H. srl unipersonale di cui lo stesso ala momento era amministratore e «proprietario delle quote sociali fino alla cessione nel 2013 alla figlia ritornando poi nella disponibilità dell’immobile con il contratto di locazione) al momento in cui il sequestro venga disposto indipendentemente dalla collocazione nel tempo e, naturalmente, dalle modalità di acquisizione dello stesso. Né appare pertinente il richiamo alle norme sulla revocatoria di cui agli artt. 2901 e ss. cod. civ., fondate su diversi presupposti e gravitanti in un ambito del tutto dissimile rispetto a quello dell’impiego di strumenti sanzionatori in campo penale.

In tema di confisca per equivalente, la “disponibilità” del bene„ quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di proprietà, ma con quella di possesso, ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3 – , n. 4887 del 13/12/2018 Cc. (dep. 31/01/2019) Rv. 274852 -01) Sez. 3 – , n. 34602 del 31/03/2021 Cc. (dep. 17/09/2021) Rv. 282366 – 01

Ai fini della confisca per equivalente di cui all’art. 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000, rileva esclusivamente la effettiva disponibilità del bene da parte dell’imputato. Si tratta di misura che ha natura eminentemente sanzionatoria ed è applicabile esclusivamente all’autore del reato (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, omissis, Rv. 255037 – 01). I presupposti applicativi sono costituiti: a) dall’impossibilità di confiscare, in via diretta il profitto o il prezzo del reato; b) dalla disponibilità del bene da parte dell’autore (persona fisica) del reato; c) dalla corrispondenza del valore del bene al profitto/prezzo del reato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la “disponibilità” del bene, quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di proprietà, ma con quella di possesso, ricomprendendo tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi, e si estrinseca in una relazione connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà (Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, Rv. 274852 – 01; Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, Rv. 255950 – 01; Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, Rv. 252378 – 01; Sez. 1, n. 11732 del 09/03/2005, Rv. 231390 – 01).

3. Il ricorso va dichiarato inammissibile e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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