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Quando va rilasciata la dichiarazione o l’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello

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Cass. pen., sez. II, 11/01/2024 (ud. 11/01/2024, dep. 22/02/2024), n. 8014 (Pres. Beltrani, Rel. Borsellino)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 581, co. 1-ter e co. 1-quater)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 581, co. 1-ter, c.p.p. stabilisce che con “l’atto d’impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena d’inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”, nella decisione in esame viene trattata la questione sul quando deve essere rilasciata siffatta dichiarazione.

Orbene, prima di esaminare come la suddetta questione è stata affrontata, esaminiamo prima brevemente il procedimento in occasione del quale è stata adottata la pronuncia in questione.

La Corte di Appello di Bologna aveva dichiarato inammissibile un appello proposto avverso una sentenza pronunciata dal Tribunale di Reggio Emilia in quanto con l’atto di impugnazione era stata depositata una procura speciale con dichiarazione di domicilio resa dall’imputata precedentemente all’emissione della sentenza di primo grado.

In particolare, la Corte territoriale aveva ritenuto come tale atto non equivalesse a valida dichiarazione di domicilio perché antecedente alla pronunzia della sentenza di primo grado e, dunque, non conforme alla disposizione di cui all’articolo 581 comma 1 ter cod. proc. pen..

Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore dell’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’appello e all’interpretazione dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen..

Nel dettaglio, il ricorrente osservava che, mentre il comma 1 quater del citato articolo 581 cod. proc. pen. disciplina l’impugnazione proposta da un imputato assente in primo grado e richiede espressamente che il mandato ad impugnare e l’elezione di domicilio da allegare al ricorso siano rilasciati dopo l’emanazione della sentenza che si intende impugnare, il comma 1 ter dell’articolo 581 cod. proc. pen., invece, dispone soltanto che insieme all’atto di impugnazione sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio e non prescrive che quest’ultima venga effettuata dopo la pronunzia della sentenza impugnata.

Orbene, a fronte di ciò, il difensore faceva presente come la Corte di Appello, invece, avesse ritenuto non valida la procura speciale cui era allegata l’elezione di domicilio perché antecedente alla pronunzia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso in esame, l’imputata era stata giudicata con rito abbreviato ed era presente in udienza sicché, non essendo assente al giudizio, non era necessario prevedere una nuova procura e uno specifico mandato ad impugnare.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva fondato il ricorso suesposto poiché, a suo avviso. l’ordinanza di inammissibilità si fondava su un’erronea interpretazione del nuovo art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen..

In particolare – dopo avere dedotto che dal tenore dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., applicabile quando l’imputato sia stato presente nel corso del giudizio di primo grado, non emerge la specifica previsione che si debba allegare la procura ad impugnare, ma solo che sia depositata la dichiarazione o elezione di domicilio mentre, di contro, l’art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen. dispone che, nel caso di imputato assente nel corso del giudizio di primo grado, sia depositato a pena di inammissibilità lo specifico mandato a impugnare conferito al difensore dopo la pronunzia della sentenza impugnata contenente anche l’elezione o dichiarazione di domicilio per la notifica dell’atto introduttivo dell’appello dato che tale previsione si spiega con la volontà di verificare la reale conoscenza da parte dell’imputato, che non ha partecipato al giudizio, della pendenza e dell’esito del processo e la effettiva volontà di impugnare la sentenza, nonché con l’obiettivo di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante – gli Ermellini notavano come sia stato affermato che, con le nuove norme, inquadrate nell’ambito dell’esigenza generale che ha inspirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato), il legislatore abbia voluto innestare anche un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado, e ciò al fine di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità.

L’interpretazione letterale dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., pertanto, per la Corte di legittimità, induce a ritenere sufficiente depositare la dichiarazione o l’elezione di domicilio effettuata nel corso del procedimento, anche se in epoca precedente alla sentenza di primo grado e nella fase delle indagini preliminari, anche perché una interpretazione di siffatto genere non svuoterebbe di contenuto l’onere a carico del difensore, che mantiene la sua concreta rilevanza ed incidenza, considerato che l’imputato presente potrebbe non avere prima della impugnazione dichiarato od eletto domicilio o potrebbe avere effettuato diverse dichiarazioni o elezioni di domicilio, nel qual caso sul difensore appellante grava l’onere di effettuare la verifica e depositare con l’impugnazione la dichiarazione o l’elezione di domicilio che la cancelleria utilizzerà per la citazione.

Del resto, rilevavano sempre i giudici di piazza Cavour nella decisione qui in commento, anche l’interpretazione teleologica perviene al medesimo risultato poiché l’onere posto dall’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. è previsto per agevolare la vocatío in iudicium e non per garantire la consapevolezza da parte dell’imputato di impugnare la decisione di primo grado, al quale il predetto ha partecipato.

Al contrario, l’affermare che l’elezione di domicilio da allegare all’appello debba essere effettuata in epoca successiva all’emissione della sentenza di primo grado, per il Supremo Consesso, è invece il frutto di una interpretazione non coerente alla ratio della norma che mira ad agevolare la vocatio in iudicíum e quindi la notifica del decreto di citazione, e non anche a verificare la volontà di impugnare dell’imputato assente, come appunto l’art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen..

Per la Suprema Corte, tra l’altro, non è nemmeno condivisibile una interpretazione diretta ad applicare ad un caso non espressamente previsto dalle norme processuali regolatrici della fattispecie, l’obbligatorietà di un adempimento stabilito a pena di inammissibilità visto che le cause di inammissibilità, rientranti nel novero generale dei casi di invalidità degli atti processuali, sono soggette ad uno stretto principio di tassatività e non possono essere oggetto di interpretazione estensiva.

Pur tuttavia, i giudici di legittimità ordinaria prendevano comunque atto di un recente arresto (V. Cass. sez 5 n. 3118/2024 del 10/1/2024) che, all’opposto, ha ritenuto necessario, secondo l’articolo 581 comma 1 ter del codice di procedura penale, che con l’appello venga depositata anche la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dopo la sentenza impugnata, pena l’inammissibilità dell’impugnazione.

Tuttavia, la Suprema Corte, nel provvedimento qui in esame, dichiarava di non dovere concordare con questa interpretazione.

In particolare, constatato come questa interpretazione si basi sulla Relazione illustrativa al decreto legislativo n.150/2022, che introduce un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione, richiedendo la presentazione della dichiarazione o elezione di domicilio con l’atto d’impugnazione, tuttavia, per la Corte di legittimità, non si menziona esplicitamente la necessità che tale dichiarazione o elezione sia avvenuta dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, tenuto conto altresì del fatto che la modifica dell’articolo 164 del codice di procedura penale sembra limitare l’efficacia della dichiarazione o elezione di domicilio agli atti introduttivi del giudizio di cognizione anche di appello, escludendo i giudizi cautelari e gli imputati detenuti, e ciò contrasta con l’interpretazione estensiva proposta dell’articolo 581 comma 1 ter, c.p.p..

Pertanto, per gli Ermellini, sembra più ragionevole interpretare che la nuova formulazione dell’articolo 164 c.p.p. intenda limitare l’efficacia della dichiarazione o elezione di domicilio agli atti introduttivi del giudizio di cognizione anche di appello, come confermato da vari recenti arresti di legittimità.

Orbene, in forza di questi argomenti, la Corte di Cassazione giungeva alla conclusione secondo la quale la dichiarazione o l’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello va rilasciata, ai sensi dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. dopo la pronuncia della sentenza impugnanda soltanto nel caso in cui, nel grado precedente, nei confronti dell’imputato si sia proceduto in absentia; la sanzione d’inammissibilità testualmente prevista in caso di inosservanza della predetta disposizione dall’art. 581, comma 1-quater non è applicabile analogicamente alla diversa situazione, prevista dall’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., di imputato non processato, nel grado precedente, in absentia, poiché la contraria interpretazione sfavorevole ostacolerebbe indebitamente l’accesso ad un giudizio d’impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti.

Di conseguenza, dal momento che nel caso in esame l’imputata aveva partecipato al processo in primo grado, alla stregua dell’interpretazione fatta propria dalla Corte di legittimità nella sentenza qui in commento, non era necessario che l’elezione di domicilio allegata all’impugnazione fosse stata effettuata dopo la sentenza impugnata.

Tal che se ne faceva conseguire l’annullamento dell’ordinanza poiché l’impugnazione non era inammissibile e gli atti erano trasmessi alla Corte di Appello di Bologna per il giudizio.

I risvolti applicativi

Alla luce di quanto deciso dalla Cassazione nella pronuncia esaminata in questo scritto, posto che, secondo l’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, la dichiarazione o l’elezione di domicilio richiesta per la notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello deve essere rilasciata dopo la pronuncia della sentenza impugnata solo se, nel grado precedente, l’imputato è stato processato in absentia, va da sé che la sanzione di inammissibilità prevista dall’articolo 581, comma 1-quater, non si applica analogicamente alla situazione diversa prevista dall’articolo 581, comma 1-ter, in cui l’imputato non è stato processato in absentia nel grado precedente.

Pur tuttavia, stante l’esistenza di un orientamento nomofilattico di segno contrario, sarebbe opportuno che su tale questione intervenissero le Sezioni unite.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8014 Anno 2024

Presidente: BELTRANI SERGIO

Relatore: BORSELLINO MARIA DANIELA

Data Udienza: 11/01/2024

Data Deposito: 22/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

E. J. A. (…) nata in … il …

Avverso l’ordinanza resa il 13 ottobre 2023 dalla Corte di Appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARIA DANIELA BORSELLINO;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Francesca Romana Pirrelli che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza impugnata la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse dell’imputata E. J. A. avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia del 13 giugno 2023, in quanto con l’atto di impugnazione è stata depositata una procura speciale con dichiarazione di domicilio resa dall’imputata il 26 ottobre 2022 e dunque precedentemente all’emissione della sentenza di primo grado.

La Corte ha ritenuto che tale atto non equivalga a valida dichiarazione di domicilio perché antecedente alla pronunzia della sentenza di primo grado e dunque non conforme alla disposizione di cui all’articolo 581 comma 1 ter cod. proc. pen..

2.Avverso detta ordinanza propone ricorso l’imputata, deducendo:

vizio di motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità dell’appello e all’interpretazione dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen.

La ricorrente osserva che mentre il comma 1 quater del citato articolo 581 cod. proc. pen. disciplina l’impugnazione proposta da un imputato assente in primo grado e richiede espressamente che il mandato ad impugnare e l’elezione di domicilio da allegare al ricorso siano rilasciati dopo l’emanazione della sentenza che si intende impugnare, il comma 1 ter dell’articolo 581 cod. proc. pen. dispone soltanto che insieme all’atto di impugnazione sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio e non prescrive che quest’ultima venga effettuata dopo la pronunzia della sentenza impugnata.

La Corte di appello, invece, ha ritenuto non valida la procura speciale cui era allegata l’elezione di domicilio perché antecedente alla pronunzia della sentenza di primo grado.

Nel caso in esame l’imputata è stata giudicata con rito abbreviato ed era presente in udienza sicché, non essendo assente al giudizio, non era necessario prevedere una nuova procura e uno specifico mandato ad impugnare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.L’unico motivo di ricorso è fondato poiché l’ordinanza di inammissibilità si fonda su un’erronea interpretazione del nuovo art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen..

Non è superfluo premettere che ai sensi dell’art. 89, comma 3, d. Igs. 150/2022, le disposizioni dell’art. 581, commi 1 ter e 1 quater, cod. proc. pen. si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del [lo stesso] decreto», ossia in data successiva al 30 dicembre 2022

Questa Corte ha già avuto modo di pronunziarsi diverse volte in ordine all’interpretazione dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. in relazione all’inammissibilità dell’impugnazione cui non sia stata allegata l’elezione o la dichiarazione di domicilio, all’impugnazione proposta dall’imputato detenuto (Sez. 2 – , Sentenza n. 38442 del 13/09/2023 Cc. Rv. 285029 – 0) e all’impugnazione proposta avverso misure cautelari (Sez. 4 – , Sentenza n. 22140 del 03/05/2023 Cc. Rv. 284645 – 0, Sez. 1 – , Sentenza n. 29321 del 07/06/2023 Cc. (dep. 06/07/2023 ) Rv. 284996 – 0).

Con specifico riferimento alla questione in esame, va osservato che dal tenore dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., applicabile quando l’imputato sia stato presente nel corso del giudizio di primo grado, non emerge la specifica previsione che si debba allegare la procura ad impugnare, ma solo che sia depositata la dichiarazione o elezione di domicilio.

Di contro l’art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen. dispone che, nel caso di imputato assente nel corso del giudizio di primo grado, sia depositato a pena di inammissibilità lo specifico mandato a impugnare conferito al difensore dopo la pronunzia della sentenza impugnata contenente anche l’elezione o dichiarazione di domicilio per la notifica dell’atto introduttivo dell’appello; tale previsione si spiega con la volontà di verificare la reale conoscenza da parte dell’imputato, che non ha partecipato al giudizio, della pendenza e dell’esito del processo e la effettiva volontà di impugnare la sentenza, nonché con l’obiettivo di agevolare la citazione a giudizio dell’appellante.

Si è affermato che con le nuove norme, inquadrate nell’ambito dell’esigenza generale che ha inspirato la riforma del processo in absentia (ossia la certezza della conoscenza del processo a suo carico da parte dell’imputato), il legislatore abbia voluto innestare anche un onere collaborativo, riguardante sia il processo celebrato in assenza sia quello in cui l’imputato abbia avuto conoscenza del giudizio, onere finalizzato alla regolare celebrazione della fase del processo di secondo grado. E ciò ai fini di assicurarne la ragionevole durata ed impedire una eventuale dichiarazione di improcedibilità.

L’interpretazione letterale dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen., pertanto, induce a ritenere sufficiente depositare la dichiarazione o l’elezione di domicilio effettuata nel corso del procedimento, anche se in epoca precedente alla sentenza di primo grado e nella fase delle indagini preliminari.

Né detta interpretazione svuoterebbe di contenuto l’onere a carico del difensore, che mantiene la sua concreta rilevanza ed incidenza, considerato che l’imputato presente potrebbe non avere prima della impugnazione dichiarato od eletto domicilio o potrebbe avere effettuato diverse dichiarazioni o elezioni di domicilio, nel qual caso sul difensore appellante grava l’onere di effettuare la verifica e depositare con l’impugnazione la dichiarazione o l’elezione di domicilio che la cancelleria utilizzerà per la citazione.

Anche l’interpretazione teleologica perviene al medesimo risultato, poiché l’onere posto dall’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. è previsto per agevolare la vocatío in iudicium e non per garantire la consapevolezza da parte dell’imputato di impugnare la decisione di primo grado, al quale il predetto ha partecipato.

Affermare che l’elezione di domicilio da allegare all’appello debba essere effettuata in epoca successiva all’emissione della sentenza di primo grado è invece frutto di una interpretazione non coerente alla ratio della norma che mira ad agevolare la vocatio in iudicíum e quindi la notifica del decreto di citazione, e non anche a verificare la volontà di impugnare dell’imputato assente, come appunto l’art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen..

Non è inoltre condivisibile una interpretazione diretta ad applicare ad un caso non espressamente previsto dalle norme processuali regolatrici della fattispecie, l’obbligatorietà di un adempimento stabilito a pena di inammissibilità. Le cause di inammissibilità, rientranti nel novero generale dei casi di invalidità degli atti processuali, sono infatti soggette ad uno stretto principio di tassatività e non possono essere oggetto di interpretazione estensiva.

Il collegio è consapevole che altro recente arresto (V. Cass. sez 5 n. 3118/2024 del 10/1/2024 non mass.) ha ritenuto necessario alla stregua dell’art. 581 comma 1 ter cod.proc.pen. , a pena di inammissibilità dell’impugnazione, che con l’appello venga depositata anche la dichiarazione o elezione di domicilio effettuata dopo la sentenza impugnata, ma non condivide tale interpretazione che non poggia su argomenti convincenti.

A sostegno di questa interpretazione è stata richiamata la Relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022 in cui si legge: “[..]Il comma 1 ter dell’art. 581 cod. proc. pen., in attuazione del criterio di cui all’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega, introduce un’ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione: con l’atto d’impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione”.

Inoltre è stato valorizzato il tenore dell’art. 1, comma 13, lett. a) della legge delega del 27 settembre 2021, n.134, il quale recita “fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per il processo in assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione”.

Ma entrambi i testi richiamati, a ben vedere, non contengono alcun esplicito riferimento alla necessità che la dichiarazione o elezione allegata all’impugnazione sia stata rilasciata dopo la pronunzia della sentenza di primo grado.

Anche il novellato art. 164 cod. proc. pen., la cui attuale rubrica è “Efficacia della dichiarazione e dell’elezione di domicilio”, non sembra giustificare l’interpretazione estensiva dell’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen..

Ed infatti la nuova formulazione di detto articolo ha modificato la precedente rubrica (“Durata del domicilio dichiarato o eletto”) nonché il contenuto della disposizione stessa in forza della quale la dichiarazione o l’elezione di domicilio era valida “[..]per ogni stato e grado del procedimento [. .]” stabilendo che: “La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall’articolo 156, comma 1”.

Si è sostenuto che la modifica della precedente disposizione, che riconosceva validità temporale “illimitata” alla dichiarazione o l’elezione di domicilio già presente in atti, salvo la possibilità per l’interessato di comunicare eventuali variazioni o modifiche, induce ad interpretare l’art. 581 comma 1 ter cod. proc. pen. nel senso che il soggetto che intende impugnare la sentenza di primo grado non possa “utilizzare” la dichiarazione o elezione di domicilio nel precedente grado di giudizio; tale lettura non è condivisibile in quanto l’art. 164 cod. proc. pen. richiama espressamente l’art. 601 cod. proc. pen., che disciplina gli atti preliminari al giudizio di appello.

Sembra preferibile ritenere che la nuova formulazione dell’art. 164 cod. proc. pen. voglia limitare l’efficacia dell’elezione o dichiarazione di domicilio agli atti introduttivi del giudizio di cognizione anche di appello e all’imputato libero con esclusione dei giudizi cautelari e dell’imputato detenuto, come peraltro affermato da diversi recenti arresti di legittimità.

In forza di questi argomenti deve concludersi che la dichiarazione o l’elezione di domicilio richiesta ai fini della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello va rilasciata, ai sensi dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. dopo la pronuncia della sentenza impugnanda soltanto nel caso in cui, nel grado precedente, nei confronti dell’imputato si sia proceduto in absentia; la sanzione d’inammissibilità testualmente prevista in caso di inosservanza della predetta disposizione dall’art. 581, comma 1-quater non è applicabile analogicamente alla diversa situazione, prevista dall’art. 581, comma 1-ter cod. proc. pen., di imputato non processato, nel grado precedente, in absentia, poiché la contraria interpretazione sfavorevole ostacolerebbe indebitamente l’accesso ad un giudizio d’impugnazione, in violazione di diritti costituzionalmente e convenzionalmente garantiti.

Nel caso in esame l’imputata ha partecipato al processo in primo grado, sicchè, alla stregua dell’interpretazione condivisa dal collegio, non era necessario che l’elezione di domicilio allegata all’impugnazione fosse stata effettuata dopo la sentenza impugnata.

Si impone pertanto l’annullamento dell’ordinanza poiché l’impugnazione non era inammissibile e gli atti vanno trasmessi alla Corte di appello di Bologna per il giudizio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Bologna per l’ulteriore corso.

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