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Quando l’errata applicazione della diminuente di rito non costituisce una pena illegale

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Cass. pen., sez. I, 13/03/2024 (ud. 13/03/2024, dep. 18/04/2024), n. 16341 (Pres. Di Nicola, Rel. Poscia)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando l’erronea applicazione della diminuente del rito non è pena illegale.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale militare di Roma applicava, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., – nei confronti di una persona imputata del reato di truffa militare pluriaggravata — la pena di mesi otto e giorni venti di reclusione militare, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e con i doppi benefici.

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa ricorreva per Cassazione, sostenendo come fosse stata applicata una pena illegale in quanto la riduzione prevista dall’art. 444 del codice di rito era stata effettuata in misura superiore ad un terzo.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale l’erronea applicazione della diminuente del rito non è pena illegale nel caso in cui la pena irrogata rientra comunque nei limiti edittali, trattandosi invece di pena illegittima e non già illegale (Sez. U, Sentenza n. 47182 del 31/03/2022).

I risvolti applicativi

L’errore nell’applicazione della diminuente di rito non costituisce una pena illegale se la pena inflitta rimane entro i limiti previsti dalla legge, dovendosi piuttosto considerare come una pena illegittima anziché illegale.

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