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Quale significato deve essere conferito al difetto delle «condizioni di legge» di cui all’art. 666, co. 2, c.p.p.?

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Cass. pen., sez. III, 14/03/2024 (ud. 14/03/2024, dep. 09/05/2024), n. 18217 (Pres. Andreazza, Rel. Gai)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava come deve essere inteso il difetto delle «condizioni di legge» di cui all’art. 666, co. 2, c.p.p. che, come è noto, dispone quanto segue: “Se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi, il giudice o il presidente del collegio, sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato, che è notificato entro cinque giorni all’interessato. Contro il decreto può essere proposto ricorso per cassazione”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Mantova, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava una richiesta di revoca, ex art. 673 cod. proc. pen., di una sentenza di applicazione di pena, ex art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, in presenza della causa di non punibilità dell’integrale pagamento del debito tributario prima del processo, ai sensi dell’art. 13, comma 2, d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, come modificato dalla legge 19 dicembre 2019, n. 159.

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’istante ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. in relazione all’art. 666 comma 3, cod. proc. pen. e la nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 178 e 179 cod. proc. pen..

In particolare, secondo il ricorrente, il Tribunale, a fronte di un’istanza ex art. 666 cod. proc. pen. e in assenza delle condizioni previste dal comma 2, avrebbe deciso de plano senza fissare l’udienza in camera di consiglio per la relativa discussione dandone comunicazione alle parti.

Il provvedimento impugnato, quindi, per la difesa, sarebbe stato affetto da nullità di ordine generale in quanto emesso in violazione delle disposizioni concernenti l’intervento, l’assistenza e rappresentanza dell’imputato.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il motivo suesposto fondato alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la manifesta infondatezza dell’istanza (o di mera riproposizione di richiesta già rigettata) ricorre nei casi di rilevabilità “ictu oculi” della mancanza di fondamento dell’istanza e il difetto delle «condizioni di legge» deve essere inteso, in senso restrittivo, come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla norma (Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007; Sez. 3, n. 35500 del 20/06/2007).

Difatti, per i giudici di piazza Cavour, poichè la “ratio” del provvedimento “de plano” consiste nella rilevabilità “ictu oculi” della mancanza di fondamento dell’istanza, se ne faceva conseguire da ciò come l’esito della decisione di “rigetto” non fosse compatibile con il rilievo della manifesta infondatezza dell’istanza.

In effetti, nel caso in esame, il Giudice dell’esecuzione aveva rigettato l’istanza e tale esito decisorio aveva comportato, per stessa ammissione del giudice, la valutazione di questioni di diritto in relazione al “thema probandum” della prospettazione di un’applicazione di una sopravvenuta causa di non punibilità a fronte di un giudicato, questioni per nulla ictu oculi manifestamente infondate per difetto delle condizioni di legge, sicchè era dovuta l’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto dall’art. 666, commi terzo e ss. cod. proc. pen..

L’ordinanza impugnata, pronunciata de plano, per la Cassazione, era quindi affetta dalla denunciata nullità e, pertanto, veniva annullata senza rinvio e gli atti erano trasmessi al Tribunale di Mantova per l’ulteriore corso.

I risvolti applicativi

Il difetto delle «condizioni di legge», di cui all’art. 666, co. 2, c.p.p., deve essere inteso in senso restrittivo, come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla norma.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 3 Num. 18217 Anno 2024

Presidente: ANDREAZZA GASTONE

Relatore: GAI EMANUELA

Data Udienza: 14/03/2024

Data Deposito: 09/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G. D. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 08/11/2023 del GIP TRIBUNALE di MANTOVA

udita la relazione svolta dal Consigliere EMANUELA GAI;

lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1.Gavazza Davide, tramite difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale di Mantova, in funzione di giudice dell’esecuzione, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca, ex art. 673 cod. proc. pen., della sentenza di applicazione di pena, ex art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, in presenza della causa di non punibilità dell’integrale pagamento del debito tributario prima del processo, ai sensi dell’art. 13 comma 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, come modificato dalla legge 19 dicembre 2019, n. 159.

2. Deduce con il primo motivo la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett c) cod. proc. pen. in relazione all’art. 666 comma 3, cod. proc. pen. nullità dell’ordinanza ai sensi dell’art. 178 e 179 cod. proc. pen.

Il Tribunale a fronte di un’istanza ex art. 666 cod. proc. pen. e in assenza delle condizioni previste dal comma 2, avrebbe deciso de plano senza fissare l’udienza in camera di consiglio per la relativa discussione dandone comunicazione alle parti. Il provvedimento impugnato sarebbe affetto da nullità di ordine generale in quanto emesso in violazione delle disposizioni concernenti l’intervento, l’assistenza e rappresentanza dell’imputato.

2.1. Con il secondo motivo deduce la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett b) cod. proc. pen. in relazione all’erronea applicazione dell’art. 13 comma 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74.

Premette il ricorrente che nelle condizioni del patteggiamento era riconosciuta l’attenuante di cui all’articolo 13 bis d.Lvo n. 74 del 2000, essendo documentato l’integrale pagamento dei debiti tributari delle sanzioni amministrative degli interessi, che il contribuente aveva effettuato in data 7-8 agosto 2018 e, dunque, prima dell’instaurazione del procedimento penale; che in epoca successiva alla sentenza, che nel frattempo era passata in giudicato, era intervenuta modifica normativa dell’art. 13 secondo comma del d.Lvo n. 74 del 2000 ad opera del decreto legge n. 124 del 2019, convertito nella legge n. 159 del 2019 che aveva introdotto la causa di non punibilità, per il reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74 qualora i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, fossero stati estinti mediante integrale pagamento anteriore alla notizia del procedimento penale degli importi dovuti a seguito del ravvedimento operoso. Argomenta dunque l’estinzione della pretesa tributaria avvenuta ben prima dell’instaurazione del procedimento penale avrebbe determinato il verificarsi di una causa di abrogazione della norma incriminatrice atteso che la scriminante rappresentata dall’integrale estinzione ante processo del debito tributario per effetto del pagamento dell’imposta, sarebbe fattispecie equiparata all’abolitio criminis di cui all’art. 673 cod. proc. pen.. Tale scriminante sarebbe applicabile in forza dell’art. 15 Cost. anche ai fatti pregressi. In ogni caso, tenuto conto del bene giuridico protetto e della finalità recuperatoria dell’introduzione della causa di non punibilità del pagamento del debito tributario, la causa di non punibilità dovrebbe essere riconosciuta anche nei casi di pagamento del debito tributario anteriormente all’inizio del procedimento penale, ma dopo la formale conoscenza che l’autore abbia avuto di accessi ispezioni e verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo. Diversamente opinando ove l’inizio dell’ispezione amministrativa preclude la discriminante ciò verrebbe di fatto scoraggiare il pagamento.

Alla luce di queste considerazioni argomenta il ricorrente che non assumerebbe più rilevanza la spontaneità o meno del pagamento del debito tributario prima dell’inizio degli accessi, ispezioni e verifiche o dei procedimenti penali e ciò anche in ragione del fatto che il contribuente può accedere al ravvedimento operoso di cui all’art. 13 comma 1 ter d.lgs n. 472/1997, anche dopo la contestazione

dell’illecito e dopo la consegna del PVC. In conclusione, secondo il ricorrente le modifiche normative coeve e successive all’introduzione della causa di non punibilità in esame autorizzerebbero a ritenere che la causa di non punibilità del pagamento del debito tributario opererebbe anche nel caso di pagamento integrale del debito prima del procedimento e che, dunque, debba operare nel caso di specie la causa di

non punibilità del pagamento del debito tributario.

2.3. Con il terzo motivo chiede di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 13 secondo comma del decreto legislativo 74 del 2000 in relazione all’art. 3 Cost. L’interpretazione letterale della norma condurrebbe a evidente disparità di trattamento tra soggetti coinvolti in fattispecie identiche. Ed invero gli autori dei reati di cui agli articoli 10 bis e seguenti sarebbero ammessi alla non punibilità a fronte dell’estinzione dell’illecito tributario anche dopo la sentenza di primo grado, colui che fosse riconosciuto autore del delitto di cui all’art. 2 cit. verrebbe invece privato della facoltà di definire la pendenza anche il dopo il mero accesso dell’agenzia delle entrate e quindi astrattamente ancora prima di aver realizzato l’avvenuta commissione dell’illecito. L’ingiusta disparità di trattamento sarebbe evidente, vi è più al cospetto delle modifiche normative sopra evidenziate che addirittura giungono al risultato di premiare l’autore del reato che acceda a un trattamento tributario agevolato e finanche dopo la sentenza penale di primo grado ai sensi del decreto-legge n. 34 del 2023.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato con riguardo al primo e assorbente motivo con cui il difensore eccepisca la nullità dell’ordinanza per mancata instaurazione del contradditorio ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen..

L’art. 666 cod. proc. pen. prevede, al secondo comma, che se la richiesta dell’interessato appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata basata sui medesimi elementi, il giudice, sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato avverso il quale l’interessato può proporre ricorso per cassazione.

Il giudice era tenuto a fissare udienza camerale ai sensi dell’art. 666 comma 3 cod. proc. pen. e ciò in quanto non ricorreva la situazione di “difetto delle condizioni di legge” che consente la decisione de plano.

Questa Corte di legittimità ha affermato, con indirizzo ermeneutico costante che la manifesta infondatezza dell’istanza (o di mera riproposizione di richiesta già rigettata) ricorre nei casi di rilevabilità “ictu oculi” della mancanza di fondamento dell’istanza e il difetto delle «condizioni di legge» deve essere inteso, in senso restrittivo, come requisiti non implicanti una valutazione discrezionale, ma direttamente imposti dalla norma (Sez. 5, n. 34960 del 14/06/2007, omissis, Rv. 237712 – 01; Sez. 3, n. 35500 del 20/06/2007, omissis, Rv. 237529 – 01).

Poichè la “ratio” del provvedimento “de plano” consiste nella rilevabilità “ictu oculi” della mancanza di fondamento dell’istanza, ne consegue che l’esito della decisione di “rigetto” non è compatibile con il rilievo della manifesta infondatezza dell’istanza.

Nel caso in esame, il Giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza e tale esito decisorio ha comportato, per stessa ammissione del giudice, la valutazione di questioni di diritto in relazione al “thema probandum” della prospettazione di un’applicazione di una sopravvenuta causa di non punibilità a fronte di un giudicato, questioni per nulla ictu oculi manifestamente infondate per difetto delle condizioni di legge, sicchè era dovuta l’instaurazione del contraddittorio con il procedimento camerale previsto dall’art. 666, commi terzo e ss. cod. proc. pen..

L’ordinanza impugnata, pronunciata de plano, èaffetta dalla denunciata nullità e, pertanto, va annullata senza rinvio e gli atti devono essere trasmessi al Tribunale di Mantova per l’ulteriore corso.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Mantova.

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