Cerca
Close this search box.

La sospensione condizionale della pena senza obblighi dell’art. 165 CP non può costituire motivo di ricorribilità in Cassazione

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., Sez. un., 28/09/2023 (ud. 28/09/2023, dep. 6/02/2024), n. 5352 (Pres. Cassano, Rel. Liberati)

La questione giuridica

La questione giuridica, su cui le Sezioni unite erano chiamate a decidere nel caso di specie, riguardava se, con riguardo ad una sentenza di patteggiamento, sia ammissibile il ricorso per Cassazione del pubblico ministero che censuri la concessione della sospensione condizionale della pena concordata tra le parti, la quale non sia subordinata ad un obbligo previsto come condizione necessaria dalla legge per l’applicazione del beneficio, in particolare in relazione ai reati di cui all’art. 165, quinto comma, cod. pen..

Difatti, nel procedimento in relazione al quale era sorta tale questione, a fronte del fatto che il Procuratore generale presso la Corte di Appello di Genova aveva proposto ricorso per Cassazione avverso una sentenza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città aveva applicato all’imputato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in conformità alla sua richiesta e con il consenso del Pubblico ministero, la pena, condizionalmente sospesa, di un anno e otto mesi di reclusione in relazione al delitto di cui agli artt. 81, secondo comma, 609-bis, terzo comma, 609-ter, secondo comma, e 612, secondo comma, cod. pen., la Terza Sezione penale, assegnataria di siffatto ricorso, ravvisava un contrasto giurisprudenziale nei termini appena esposti.

In particolare, siffatta Sezione evidenziava l’esistenza di un primo orientamento, contrario alla impugnabilità con ricorso per Cassazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta che abbiano illegittimamente disposto la sospensione condizionale della pena senza subordinarla all’adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria per l’applicazione di tale beneficio, orientamento che si fonda sulla esclusione della riconducibilità di tale vizio alla nozione di illegalità della pena, e un altro indirizzo ermeneutico, invece, favorevole alla proposizione del ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., con cui il pubblico ministero contesti l’omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena a uno degli obblighi previsti dalla legge come condizione necessaria per il riconoscimento di tale beneficio.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Le Sezioni unite – dopo avere considerato i limiti alla proposizione del ricorso per Cassazione avverso sentenze di applicazione della pena su richiesta stabiliti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. e dopo avere preliminarmente stabilito che le omesse statuizioni in tema di sospensione condizionale della pena possano rientrare nella nozione di “pena illegale” idonea a giustificare il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. – ritenevano come le questioni attinenti all’applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena fossero estranee a detta nozione.

Infatti, gli Ermellini, dopo avere compiuto un excursus normativo afferente l’art. 165 cod. pen.[1], reputavano come il progressivo ampliamento degli obblighi al cui adempimento la sospensione condizionale della pena, avvenuto nel corso delle diverse modifiche apportate a questa norma codicistica succedutesi nel corso del tempo, può, o deve (come nei casi di cui all’art. 165, commi secondo, quarto e quinto, cod. pen.), essere subordinata, non muti, però, la natura e la funzione dell’istituto.

In effetti, per gli Ermellini, stante anche la giurisprudenza costituzionale formatasi sull’argomento, il beneficio della sospensione condizionale è estraneo alla nozione di pena in quanto la sospensione condizionale determina una astensione a tempo dall’esecuzione della pena, che è stata già determinata con la sentenza di condanna e di cui, accordando il beneficio, si sospende l’esecuzione, cosicché il riconoscimento del beneficio non incide, immediatamente, sulla pena, potendo eventualmente e successivamente determinarsi gli effetti estintivi di cui all’art. 167 cod. pen. (nel caso di astensione dalla commissione di altri reati nel termine stabilito, cioè al positivo superamento della prova cui il condannato è stato ammesso).

Il ricordato arricchimento degli obblighi e delle prescrizioni cui il condannato, quindi, può (o deve) essere assoggettato non muta la natura e il carattere della sospensione condizionale della pena dal momento che questa conserva, pur in presenza della imposizione di detti obblighi, il suo carattere esterno alla pena della quale, pur in presenza di detti obblighi, alcuni da imporre necessariamente per poter accordare il beneficio, continua a sospendere l’esecuzione, presupponendone la già avvenuta e completa determinazione con la sentenza di condanna.

Tal che se ne faceva conseguire come non possa certamente discorrersi di illegalità della pena, con riferimento alla sua sospensione condizionale, che determina solo una astensione a tempo dalla sua esecuzione e il possibile verificarsi degli effetti estintivi di cui all’art. 167 cod. pen. il quale, come è noto, stabilisce quanto segue: “Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, e adempie gli obblighi impostigli, il reato è estinto. In tal caso non ha luogo l’esecuzione delle pene”.

Del resto, sempre per la Corte di legittimità, il carattere afflittivo di alcuni di detti obblighi che in alcuni casi, come quello di cui all’art. 165, quinto comma, cod. pen., consistono in un programma di prescrizioni cui il condannato è obbligato se vuole conseguire l’effetto estintivo di cui all’art. 167 cod. pen., non muta la ricordata natura della sospensione condizionale della pena e non consente neppure, come affermato in alcune decisioni (Sez. 6, n. 17119 del 14/3/2019, e Sez. 4, n. 5064 del 6/11/2018, dep. 2019), di assimilare tali obblighi alle pene, il cui elenco è tassativamente indicato dall’art. 17 cod. pen. e il cui contenuto è, altrettanto tassativamente, disciplinato nei capi II e III del titolo II del libro I del codice penale.

La sola afflittività del contenuto delle prescrizioni o degli obblighi imposti al condannato con la sentenza di condanna con la quale è stato accordato il beneficio della sospensione condizionale, pertanto, non consente di includerli tra le pene, che sono tassativamente previste dall’art. 17 cod. pen., trattandosi, in realtà, non di sanzioni, ma di comportamenti imposti al condannato in funzione special-preventiva, strumentali al conseguimento del ricordato effetto estintivo (che deriva dalla astensione dalla commissione di altri reati e dall’adempimento di detti obblighi): non si tratta, dunque, di pene, ma di obblighi, tanto che in dottrina si è utilizzata la nozione di sospensione condizionale con obblighi o “con prova”, come modello contrapposto a quello della sospensione condizionale semplice, non vincolata all’adempimento di particolari obblighi, facendosene discendere da ciò l’estraneità della sospensione condizionale della pena, pur se condizionata a obblighi o prescrizioni, alla nozione di pena, nell’interpretazione che ne è stata costantemente data dalla giurisprudenza di legittimità, alla luce della univoca e tassativa previsione dell’art. 17 cod. pen. e dei principi di legalità e tassatività applicabili al riguardo.

Pur concorrendo alla esecuzione, o eseguibilità, della pena, la sospensione condizionale è accessoria a essa come stabilita con la sentenza di condanna, pertanto, ne determina dunque solo una temporanea inibizione all’esecuzione e può provocare, in presenza della astensione dalla commissione di ulteriori reati e dell’adempimento degli obblighi, gli effetti estintivi di cui all’art. 167 cod. pen..

Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, quanto appena esposto comporta anche l’impossibilità di qualificare “illegale”, nel senso elaborato da tempo dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, una pena di cui sia stata accordata la sospensione condizionale (in difetto dei presupposti di applicabilità di tale istituto) od omettendo le prescrizioni o gli obblighi previsti come necessari, posto che la sospensione condizionale non concorre a definire la nozione di pena e, quindi, le eventuali violazioni di legge verificatesi nel riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena non ne possono determinare l’illegalità (che sola consente la proposizione del ricorso per cassazione, unitamente agli casi altri previsti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen.), evidenziandosi al contempo che tali conclusioni non mutano neppure considerando quanto previsto nella Decisione quadro 2008/947/GAI del Consiglio U.E., relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze e alle decisioni di sospensione condizionale in vista della sorveglianza delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive, le cui previsioni sono state sottolineate nell’ordinanza di rimessione dato che non incide sulla nozione di pena, ma solo sulle modalità della sua esecuzione e, in particolare, sulla attuazione delle misure di sospensione condizionale della stessa (specie quando a essa si aggiungano obblighi o prescrizioni), quanto esposto al punto 3 del considerando di tale Decisione (necessità di “ulteriori norme comuni, segnatamente qualora una pena non detentiva che comporta la sorveglianza di misure di sospensione condizionale o di sanzioni sostitutive sia stata irrogata nei confronti di una persona che non ha una residenza legale o abituale nello Stato di condanna”), e al punto 8 dei medesimi considerando (“lo scopo del reciproco riconoscimento e della sorveglianza della sospensione condizionale della pena, delle condanne condizionali, sanzioni sostitutive e decisioni di liberazione condizionale è non solo di rafforzare la possibilità del reinserimento sociale della persona condannata, consentendole di mantenere fra l’altro i legami familiari, linguistici e culturali, ma anche di migliorare il controllo del rispetto delle misure di sospensione condizionale e delle sanzioni sostitutive allo scopo di impedire la recidiva, tenendo così in debita considerazione la protezione delle vittime e del pubblico in generale”).

D’altronde, sempre per i giudici di piazza Cavour, gli obiettivi (art. 1), le definizioni (art. 2) e il tipo di misure di sospensione condizionale e sanzioni sostitutive (art. 4) indicati nella Decisione risultano pienamente compatibili con le conclusioni raggiunte visto che in tutte tali disposizioni risultano ben distinte le pene inflitte, la loro sospensione condizionale e le misure a questa accessorie imposte con la sentenza di condanna, tenuto conto altresì del fatto che nella Decisione si chiarisce, inoltre, che per sospensione condizionale della pena, deve intendersi una pena detentiva o una misura restrittiva della libertà personale la cui esecuzione è sospesa condizionalmente, in tutto o in parte, al momento della condanna attraverso l’imposizione di una o più misure di sospensione condizionale, fermo restando che codeste misure di sospensione condizionale, tra quelle di cui all’art. 4, possono essere incluse nella sentenza stessa o determinate in una separata decisione di sospensione condizionale presa da un’autorità competente (art. 2, n. 2 della decisione).

Risulta, dunque, chiara, per la Corte, anche in tale Decisione, la distinzione tra la pena e la sua sospensione condizionale, comprese le prescrizioni e gli obblighi che a essa accedono, con la conseguente non riconducibilità, anche in tale prospettiva, delle omesse statuizioni, cui per legge deve essere subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, alla nozione di pena illegale, quale elaborata dalle Sezioni unite.

Ciò posto, si faceva per di più presente che la ricordata limitazione dei casi di impugnabilità delle sentenze di applicazione della pena su richiesta stabilita dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. non consente di estendere la nozione di “pena illegale” fino a ricomprendervi anche gli aspetti relativi alla sospensione condizionale della pena, riconosciuta, in conformità all’accordo ma in violazione di legge, perché priva della imposizione di obblighi o prescrizioni previsti come necessari (art. 165, commi 2, 4, 5 e 7, cod. pen.), stante l’evidenziata estraneità della sospensione condizionale alla nozione di pena e la già riconosciuta compatibilità costituzionale di detta limitazione, poiché, al riguardo, le Sezioni unite hanno chiarito, nella decisione n. 877 del 14/07/2022, ribadendo un principio già affermato (Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021), che “la limitazione della facoltà di ricorso alle sole ipotesi espressamente previste dalla norma trova, infatti, ragionevole giustificazione, nell’ambito delle scelte discrezionali riservate al legislatore, nell’esigenza di limitare il controllo di legittimità alle sole decisioni che contrastano con la volontà espressa dalle parti o che costituiscono disapplicazione dell’assetto normativo disciplinante l’illecito oggetto di cognizione”.

Ebbene, da ciò se ne faceva conseguire che la preclusione alla proponibilità del ricorso per Cassazione, per questioni relative alla sospensione condizionale della pena, in quanto riconosciuta recependo il concordato di pena ma in violazione di legge, non determinando l’illegalità della pena, non può dirsi in contrasto con l’art. 24, comma 1, Cost. o con l’art. 111, comma 7, Cost..

Tra l’altro, rilevava sempre la Suprema Corte nella pronuncia qui in commento, tale preclusione non contrasta neppure con gli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul del 2011), che, all’art. 16, nel delineare i programmi di intervento di carattere preventivo e di trattamento, stabilisce che “le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti. Le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per istituire o sostenere programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale”.

In effetti, se nell’ordinanza di rimessione è sottolineava l’ineludibilità della subordinazione della sospensione condizionale della pena, accordata in relazione ai reati di cui all’art. 165, comma quinto cod. pen., alla previa partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati, trattandosi di previsione coerente con gli obblighi internazionali derivanti dalla ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa adottata a Istanbul in data 11/05/2011, sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, per le Sezioni unite, detta necessaria subordinazione costituirebbe un momento primario e ineludibile dell’assetto normativo, da assicurare anche attraverso la proponibilità del ricorso per Cassazione per far valere la sua eventuale violazione, conseguente alla omessa subordinazione del beneficio della sospensione della pena a detti obblighi, con riguardo a tali particolari categorie di reati, sebbene, proprio per ottemperare a tale previsione, sia stato introdotto, con l’art. 6 della legge 19 luglio 2019, n. 69, il quinto comma dell’art. 165 cod. pen., che prevede, appunto, in caso di condanna per i reati di cui agli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché di cui agli artt. 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, primo comma, nn. 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, n. 1, e secondo comma, cod. pen., la necessaria subordinazione della sospensione condizionale della pena concessa in relazione a tali reati alla partecipazione ai suddetti specifici percorsi di recupero.

Pur tuttavia, sebbene l’eventuale omissione di tale condizione, cui è subordinata la sospensione condizionale accordata in relazione a pene inflitte per la commissione dei predetti reati, può essere fatta valere mediante l’impugnazione secondo le regole generali, la non proponibilità del ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., avverso sentenze di patteggiamento relative alle categorie di reati in precedenza indicati, che non abbiano disposto la obbligatoria subordinazione della sospensione condizionale della pena, per il Supremo Consesso, non contrasta con le previsioni della Convenzione, che richiede solamente l’adozione di misure volte a incoraggiare l’adozione di comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, allo scopo di prevenire nuove violenze, tanto più se si considera che a tale obiettivo l’ordinamento interno ha provveduto mediante l’inserimento del quinto comma dell’art. 165 cod. pen.

Del resto, i limiti di impugnabilità stabiliti dall’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen. sono stati più volte ritenuti (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, e Sez. 5, n. 21497 del 12/03/2021) compatibili, sia con il diritto, costituzionalmente garantito, dall’art. 24, primo comma, Cost., di agire in giudizio a tutela dei propri diritti, sia con l’art. 111, comma 7, Cost., ed essi non si pongono, per le ragioni anzidette, neppure in contrasto con le previsioni della Convenzione e, quindi, dalla sussistenza di tale obbligo convenzionale, che è stato ottemperato, non possono desumersi ragioni per includere nella nozione di pena illegale le questioni attinenti alla sospensione condizionale.

Le Sezioni unite, di conseguenza, alla luce delle considerazioni qui esposte, formulavano il seguente principio di diritto: “La sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata, come concordato tra le parti, agli obblighi di cui all’art. 165, quinto comma, cod. pen., necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati, non è ricorribile per cassazione, non determinando tale omissione un’ipotesi di illegalità della pena”.

I risvolti applicativi

Fermo restando che, come è risaputo, l’art. 165, co. 5, primo periodo, cod. pen. prevede che, nei “casi di condanna per il delitto previsto dall’articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell’articolo 164” cod. pen.[2], per effetto di questo arresto giurisprudenziale, non è possibile impugnare innanzi alla Cassazione la sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata, come concordato tra le parti, agli obblighi di cui all’art. 165, quinto comma, cod. pen., necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati.

Quindi, ove si verifichi una situazione di questo genere, non è possibile adire la Suprema Corte per chiedere la riforma di una sentenza in cui non sia stata compiuta questa “subordinazione”.

[1]Il quale, nella sua versione attualmente vigente, dispone quanto segue: “La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all’adempimento dell’obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull’ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna. La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all’adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente. La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell’articolo 163. Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento della somma determinata a titolo di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo 322-quater, fermo restando il diritto all’ulteriore eventuale risarcimento del danno. Nei casi di condanna per il delitto previsto dall’articolo 575, nella forma tentata, o per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis, nonché agli articoli 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata alla partecipazione, con cadenza almeno bisettimanale, e al superamento con esito favorevole di specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, accertati e valutati dal giudice, anche in relazione alle circostanze poste a fondamento del giudizio formulato ai sensi dell’articolo 164. Del provvedimento che dichiara la perdita di efficacia delle misure cautelari ai sensi dell’articolo 300, comma 3, del codice di procedura penale è data immediata comunicazione, a cura della cancelleria, anche per via telematica, all’autorità di pubblica sicurezza competente per le misure di prevenzione, ai fini delle tempestive valutazioni concernenti l’eventuale proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali previste nel libro I, titolo I, capo II, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, fermo restando quanto previsto dall’articolo 166, secondo comma, del presente codice. Sulla proposta di applicazione delle misure di prevenzione personali ai sensi del periodo precedente, il tribunale competente provvede con decreto entro dieci giorni dalla richiesta. La durata della misura di prevenzione personale non può essere inferiore a quella del percorso di recupero di cui al primo periodo. Qualsiasi violazione della misura di prevenzione personale deve essere comunicata senza ritardo al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di condanna, ai fini della revoca della sospensione condizionale della pena ai sensi dell’articolo 168, primo comma, numero. Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti. Nel caso di condanna per il reato previsto dall’articolo 624-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento integrale dell’importo dovuto per il risarcimento del danno alla persona offesa”.

[2]Ai sensi del quale: “1. La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell’articolo 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati. 2. La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta: 1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, né al delinquente o contravventore abituale o professionale; 2) allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa.  3. La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca. 4. La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice, nell’infliggere una nuova condanna, può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall’articolo 163” cod. pen..

Leggi anche

Contenuti Correlati