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In quali casi l’inimicizia grave può essere motivo di ricusazione?

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Cass. pen., sez. VI, 16/04/2024 (ud. 16/04/2024, dep. 08/05/2024), n. 18179 (Pres. Ricciarelli, Rel. Calvanese)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando l’inimicizia grave costituisce motivo di ricusazione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Catania dichiarava inammissibile un’istanza di ricusazione, presentata ai sensi dell’art. 37, lett. a) e b) cod. proc. pen., di un imputato nei confronti del giudice monocratico del Tribunale della medesima città.

In particolare, secondo l’istante, il giudice, avendo interesse nel procedimento, avrebbe manifestato inimicizia grave nei suoi confronti e, nell’esercizio delle sue funzioni e prima della pronuncia della sentenza, avrebbe manifestato indebitamento il proprio convincimento sui fatti oggetto di imputazione, allorquando nel corso di un’udienza il medesimo istante aveva reso spontanee dichiarazioni.

La Corte territoriale, però, riteneva l’istanza in questione inammissibile.

Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore dell’istante ricorreva per Cassazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che avevano indotto i giudici di piazza Cavour ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la condotta endoprocessuale può assumere rilievo ai fini della inimicizia grave – motivo di ricusazione – solo quando presenti aspetti talmente anomali e settari da costituire sintomatico momento dimostrativo di una inimicizia maturata all’esterno (in applicazione del principio, la Corte ha precisato che le decisioni prodromiche a quelle sulla colpevolezza o sull’innocenza – quali quelle in materia di ammissione o revoca delle prove, ovvero di rigetto di richieste di definizione anticipata del giudizio ex art. 129 cod. proc. pen., ovvero, ancora, di ammissione delle parti civili, di rigetto di richieste di rinvio o di fissazione di udienza straordinarie – esulano dal concetto di inimicizia grave, così come da quello di anticipazione indebita del proprio convincimento da parte del giudice) (Sez. 5, n. 5602 del 21/11/2013).

I risvolti applicativi

La condotta endoprocessuale può essere considerata motivo di inimicizia grave, in quanto tale, idonea a configurare una ipotesi di ricusazione, solo se dimostra un’anomalia evidente e settaria, rappresentando così un sintomo di ostilità già presente al di fuori dell’ambito processuale.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 6 Num. 18179 Anno 2024

Presidente: RICCIARELLI MASSIMO

Relatore: CALVANESE ERSILIA

Data Udienza: 16/04/2024

Data Deposito: 08/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

C. F., nato a … il …

avverso la ordinanza del 05/07/2023 della Corte di appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Elisabetta Ceniccola, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Catania dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione, presentata ai sensi dell’art. 37, lett. a) e b) cod. proc. pen., dall’imputato F. C. nei confronti del giudice monocratico del Tribunale di Catania.

Secondo l’istante, il giudice, avendo interesse nel procedimento, aveva manifestato inimicizia grave nei suoi confronti e, nell’esercizio delle sue funzioni e prima della pronuncia della sentenza, aveva manifestato indebitamento il proprio convincimento sui fatti oggetto di imputazione, allorquando nel corso dell’udienza del 29 maggio 2023 il medesimo istante aveva reso spontanee dichiarazioni.

La Corte di appello riteneva l’istanza inammissibile sotto plurimi profili:

l’istanza risultava presentata dal difensore privo di procura speciale; l’istanza era tardiva, in quanto presentata il primo giugno 2023, ovvero dopo la conclusione dell’udienza nella quale era sorta la causa di ricusazione (non potendosi giustificare il ritardo con la dedotta impossibilità della parte di non aver immediatamente percepito “le confessioni del giudice” ricusato); l’istanza era in ogni caso anche priva della documentazione necessaria per valutarne la tempestività e la fondatezza.

2. Avverso la suddetta ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il difensore di F. C., deducendo i seguenti motivi di annullamento.

2.1. Mancata assunzione di prova decisiva (la fonoregistrazione), richiesta dalla difesa in fase predibattimentale e nel corso anche dell’istruttoria dibattimentale e ad oggi non ammessa.

2.2. Violazione di legge con riferimento agli artt. 37, 38 cod. proc. pen., 3, 24, 25, 97, 101 e 111 Cost., 6, 13, 14 e 47 CEDU, 21, 47, 48, 52, 53 e 54 CDFUE, quanto alla erronea declaratoria di tardività, essendo emersa la causa di ricusazione solo dopo l’udienza e promossa l’istanza nei tre giorni successivi.

2.3. Vizio di motivazione con riferimento agli artt. 97 e 111 Cost, 41, 47, 48, 54 CDFUE e 6 CEDU, non avendo affrontata la questione del rispetto della imparzialità e terzietà del giudice con effettività (una denuncia querela dapprima era stata sabotata, presentandola come mero esposto; non può essere incolpato nessuno di uno specifico reato senza aver svolto accertamenti e senza assumere la prova principe della sua innocenza – il dvd con fonoregistrazione);

2.4. Violazione di legge con riferimento agli artt. 234 e 495 cod. proc. pen. avendo l’imputato sempre il dritto di far ammettere prove a discarico; nullità del processo per abnorme iscrizione della denuncia querela a modello 45, violando gli artt. 405, 406 e 407 cod. proc. pen., per poi accusare illecitamente l’imputato di fatti costituenti reato (ritenuti tali solo dopo la denuncia delle presunte parti offese).

2.5. Esercizio da parte del giudice di una potestà non consentita ai pubblici poteri.

3. La difesa fa presente che la Corte di appello, pur avendo acquisito la fonoregistrazione dell’udienza, non ha effettuato il doveroso controllo sulla condotta del giudice ricusato (dalla fonoregistrazione dell’udienza era possibile ascoltare i beffeggi e le derisioni del giudice, le false e reticenti dichiarazioni del ex procuratore capo, a fronte della prova decisiva che il giudice non aveva ammesso). L’omissione del giudice di acquisire la prova decisiva costituisce causa di ricusazione, di ingiusto processo e di nullità del processo stesso, avendo la Corte di appello ritenuto legittima la condotta del giudice nella gestione dell’istruttoria dibattimentale a discapito dei diritti difensivi e dell’accertamento dei fatti e dell’emersione della verità, in violazione delle norme processuali, ma anche dei principi sanciti dalle Carte sovranazionali.

La “confessione” del giudice (questi aveva affermato, nel non ammettere il DVD, che l’imputato non poteva dimostrare la fondatezza dei reati denunciati alla Procura della Repubblica) non era stata percepita dal ricorrente e dalla sua difesa all’udienza, stante la concitazione dei fatti (l’imputato stava rendendo dichiarazioni spontanee), ma soltanto dopo l’ascolto della registrazione.

La istanza era stata presentata personalmente e la firma era stata autenticata dal difensore.

4. La difesa del ricorrente ha presentato con pec del 2 aprile 2024 una memoria a sostegno dei motivi di ricorso, rilevando che la Procura generale non aveva depositato la requisitoria e chiedendo di annullare il provvedimento impugnato e di inviare in via pregiudiziale la questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.

2. Va preliminarmente rilevato che il ricorso è stato trattato con le forme dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., secondo il quale “la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica”.

Risulta dagli atti che la Procura generale in Sede ha presentato le sue richieste, depositandole in Cancelleria a mezzo pec del 25 marzo 2024, quindi tempestivamente rispetto al termine sopra indicato.

Quanto alla tempestività della memoria difensiva, è la stessa difesa a qualificarla non “di replica”, assumendo che nessuna requisitoria era stata presentata. La stessa va pertanto ritenuta tardiva (cfr. Sez. 4, n. 49392 del 23/10/2018, Rv. 274040, quanto alla modalità del computo del termine).

In ogni caso, anche al di là della tempestività, le questioni proposte con la memoria sono assorbite dall’inammissibilità del ricorso.

3. Il ricorso è inammissibile, in quanto articola motivi non pertinenti sia con l’oggetto della impugnazione (la ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’istanza di ricusazione) sia anche con le ragioni che hanno portato a dichiarare inammissibile la dichiarazione di ricusazione.

3.1. Molte delle censure proposte in questa Sede attengono infatti a presunti vizi del procedimento penale nel quale si sarebbe verificata la causa di ricusazione, che trovano rimedio in altri strumenti approntati dal sistema processuale.

Piuttosto, come ha precisato la giurisprudenza di legittimità, la condotta endoprocessuale può assumere rilievo ai fini della inimicizia grave – motivo di ricusazione – solo quando presenti aspetti talmente anomali e settari da costituire sintomatico momento dimostrativo di una inimicizia maturata all’esterno (in applicazione del principio, la Corte ha precisato che le decisioni prodromiche a quelle sulla colpevolezza o sull’innocenza – quali quelle in materia di ammissione o revoca delle prove, ovvero di rigetto di richieste di definizione anticipata del giudizio ex art. 129 cod. proc. pen., ovvero, ancora, di ammissione delle parti civili, di rigetto di richieste di rinvio o di fissazione di udienza straordinarie – esulano dal concetto di inimicizia grave, così come da quello di anticipazione indebita del proprio convincimento da parte del giudice) (Sez. 5, n. 5602 del 21/11/2013, dep. 2014, Rv. 258867).

3.2. In ogni caso, il ricorso non appare ammissibile neppure in tale prospettiva in quanto non si correla con le ragioni della inammissibilità della istanza di ricusazione o avanza rispetto ad esse censure meramente oppositive.

La Corte di appello ha infatti evidenziato plurimi e autonomi profili di inammissibilità.

In primo luogo, la tardività della istanza.

Come ha ricordato la Corte di appello, accedendo ad una un’interpretazione costituzionalmente orientata della previsione di cui all’art. 38, comma 2, ult. parte, cod. proc. pen. – secondo cui se la causa è sorta o è divenuta nota durante l’udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima della conclusione della stessa – l’osservanza di tale disposizione va condizionata

alla “obiettiva possibilità di osservarla” (Sez. 5, n. 36624 del 26/05/2009, Rv. 245129).

La Corte di appello ha ritenuto che non vi fossero oggettivi impedimenti all’osservanza del termine (stante la competenza della Corte di appello, sita nella medesima città del giudice da ricusare), non ritenendo tale la giustificazione addotta dal difensore di “non aver immediatamente percepito e confessioni del giudice”.

Circostanza questa meramente reiterata in questa Sede, addebitando “al beffeggio e alla concitazione dell’udienza” la non rilevazione della causa di ricusazione.

Tale censura è manifestamente infondata in quanto anche l’orientamento della giurisprudenza di legittimità più rigoroso, che ritiene necessaria per la decorrenza del termine di cui all’art. 38 cit. la “conoscenza effettiva e completa dell’interessato, nei suoi termini fattuali e giuridici” della causa di ricusazione si riferisce alla conoscenza di vicende accadute almeno in parte fuori dall’udienza, mentre quelle che si sono verificate nel corso di una udienza sono le uniche con riferimento alle quali è possibile immaginare una conoscibilità di quella causa con l’impiego di una diligenza ordinaria (Sez. 6, n. 41110 del 18/09/2013, Rv. 256270).

In ogni caso, anche a voler tacere della tempestività, la Corte di appello ha ritenuto inammissibile la dichiarazione di ricusazione per la mancanza di allegazioni.

Aspetto sul quale il ricorso espressamente non si confronta, limitandosi a rappresentare che il Collegio aveva acquisito la fonoregistrazione dell’udienza, depositata in Cancelleria (non potendo essere allegata via pec), ma nulla adducendo in merito alla tempestività di tale deposito.

Va rammentato che è inammissibile la dichiarazione di ricusazione alla quale non sia allegata la documentazione a sostegno dei motivi addotti o, nel caso in cui assumano rilievo atti del medesimo procedimento penale, degli atti fondanti la causa di ricusazione (Sez. 5, n. 27977 del 15/06/2021, Rv. 281682).

La sanzione dell’inammissibilità, che l’art. 41 cod. proc. pen. fa discendere dal mancato rispetto delle forme previste dall’art. 38, comma 3, cod. proc. pen., comprende infatti anche la mancata produzione dei documenti idonei a comprovare l’esistenza di una causa di ricusazione ovvero dei presupposti legittimanti l’esercizio di tale strumento processuale, come quelli necessari a verificarne la tempestiva proposizione.

Né la Corte territoriale avrebbe potuto assumere d’ufficio le informazioni o la documentazione necessaria ai sensi dell’art. 41, comma 3, cod. proc. pen., essendo pacifico che, in tema di ricusazione, la violazione dell’obbligo di allegazione della documentazione contestualmente al deposito dell’originale dell’atto di ricusazione presso la cancelleria della corte di appello competente, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., non può essere sanata invocando la possibilità di assumere, se necessario, le opportune informazioni anche documentali, essendo tale possibilità riservata dall’art. 41, comma 3, cod. proc. pen., solo nell’ipotesi in cui corte di appello, delibata l’ammissibilità dell’istanza di ricusazione, abbia ritenuto di esaminarla sotto il profilo del merito (Sez. 5, n. 49466 del 16/09/2019, Rv. 277654).

I profili ora esaminati vengono ad assorbire l’ultimo profilo di inammissibilità indicato nell’ordinanza impugnata, che pertanto non ha ragione di essere affrontato.

4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare alla Cassa delle ammende una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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