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Implicazioni della mancata notifica del decreto di udienza nell’estradizione per l’estero

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Cass. pen., sez. VI, 8/11/2023 (ud. 8/11/2023, dep. 5/12/2023), n. 48467 (Pres. De Amicis, Rel. Gallucci)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 704, co. 1)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 704, co. 1, cod. proc. pen. dispone che, scaduto “il termine previsto dall’articolo 703 comma 5[1], il presidente della corte fissa l’udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi al procuratore generale e da notificarsi alla persona della quale è richiesta l’estradizione, al suo difensore e all’eventuale rappresentante dello Stato richiedente, almeno dieci giorni prima, a pena di nullità”, la questione giuridica, su cui era chiamata a decidere la Cassazione nella pronuncia qui in commento, riguarda le conseguenze che derivano dalla mancata notifica di tale decreto all’estradando.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza in esame, a fronte del fatto che la Corte di appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, si era pronunciata in senso favorevole ad una richiesta di estradizione proveniente dal Tribunale di Tirana, il difensore dell’estradando ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge in riferimento al mancato rispetto di quanto stabilito dall’articolo 704 comma 1 cod. proc. pen., e conseguente nullità assoluta della celebrazione del giudizio innanzi alla Corte di Appello.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere la questione giuridica summenzionata fondata, affermava che, qualora difetti radicalmente la notificazione (e, ancora di più, come nel caso in esame, manchi la stessa esistenza del decreto di citazione, mai adottato dal Presidente della Corte) dell’atto di impulso processuale, si determina una nullità incidente sul diritto di difesa, assoluta e non sanabile, come deve essere qualificata quella in oggetto, che concerne la omessa citazione in giudizio del soggetto nei cui confronti è in corso la procedura estradizionale, in relazione alla quale non possono spiegare effetti “sananti”, né la pur accertata conoscenza aliunde della data della udienza, né la comparizione alla stessa della parte interessata (in termini, si vedano Sez. 6, n. 19451 del 09/02/2023, relativa a un caso in cui la fissazione dell’udienza era stata comunicata all’estradando dal Consigliere delegato all’esito dell’interrogatorio nell’udienza ex art. 717 cod. proc. pen., nonchè, in riferimento alla normativa previgente alla modifica del 2017 – ove si prevedeva la notifica all’estradando dell’avviso di comparizione dinanzi al P.G., nella specie omessa – Sez. 6, n. 17952 del 12 aprile 2013).

I risvolti applicativi

In materia di estradizione per l’estero, la mancata notifica all’estradando del decreto con cui il presidente della corte fissa l’udienza per la decisione comporta una nullità assoluta e insanabile, in relazione alla quale non possono spiegare effetti “sananti”, né la pur accertata conoscenza aliunde della data della udienza, né la comparizione alla stessa della parte interessata.

[1] Ai sensi del quale: “La requisitoria è depositata nella cancelleria della corte di appello, unitamente agli atti e alle cose sequestrate. La cancelleria cura la notificazione dell’avviso del deposito alla persona della quale è richiesta l’estradizione, al suo difensore e all’eventuale rappresentante dello Stato richiedente, i quali, entro dieci giorni, hanno facoltà di prendere visione e di estrarre copia della requisitoria e degli atti nonché di esaminare le cose sequestrate e di presentare memorie”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 6 Num. 48467 Anno 2023

Presidente: DE AMICIS GAETANO

Relatore: GALLUCCI ENRICO

Data Udienza: 08/11/2023

Data Deposito: 05/12/2023

SENTENZA

sul ricorso proposto da D. E., nato in … il …

avverso la sentenza della Corte di appello di Trento del 12/07/2023;

visti gli atti e la sentenza impugnata;

esaminati i motivi del ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Enrico Gallucci;

sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Antonio Balsamo, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

sentiti i difensori dell’estradando, Avvocati M. D. A. e N. N., che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Trento, Sezione distaccata di Bolzano, con sentenza pronunciata in data 12 luglio 2023 (motivazione contestuale) si è pronunciata in senso favorevole all’estradizione di D. E. in relazione alla richiesta pervenuta dall’Albania a seguito di sentenza di applicazione di misura cautelare e ordine di cattura n. 01 del 23 gennaio 2023 del Tribunale speciale di primo grado contro la corruzione e il crimine organizzato di Tirana – Repubblica di Albania nel procedimento sub n. 49/19, in relazione ai reati p. e p. dagli articoli 28/4, 333/a/2 e 341/1 del codice penale albanese (Produzione e spaccio di stupefacenti; Gruppo penale organizzato; Commissione di reati da parte di organizzazioni criminali e gruppi criminali strutturati).

2. Avverso detta sentenza il consegnando, a mezzo dei propri difensori, ha proposto ricorso con il quale vengono dedotti sette motivi.

2.1. Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata rilevazione da parte della sentenza impugnata dell’esistenza di un bis in idem, rappresentato dai fatti giudicati con sentenza di applicazione della pena, divenuta irrevocabile, emessa dal Gup del Tribunale di Bergamo il 6 ottobre del 2020 per violazione degli artt. 81 e 73, commi 1 e 4, del d.P.R. n. 309 del 1990; sul punto si rileva che dalla stessa documentazione presente agli atti del procedimento albanese, nel quale è stata formulata la richiesta estradizionale emerge con chiarezza che si tratta proprio dei medesimi fatti nelle componenti oggettive e temporali (in riferimento alle contestazioni di “produzione e spaccio di stupefacenti” e di “commissione di reati da parte di gruppi criminali strutturati”, relative ai fatti giudicati in Italia con la pronuncia di “patteggiamento”); mentre, per l’ulteriore contestazione di “partecipazione a gruppo penale organizzato”, opera la preclusione di cui all’art. 9, secondo periodo, della Convenzione di Parigi sull’estradizione (attuata dalla legge n. 300 del 1963), atteso che la Procura di Bergamo aveva a suo tempo indagato D. anche per il reato associativo ma successivamente aveva esercitato l’azione penale solo per le condotte di cui all’art. 73 TU Stup.

2.2. Con il secondo motivo si eccepisce la sussistenza della “litispendenza internazionale”, in considerazione del procedimento definito in Italia e per le condotte poste in essere nel nostro Paese, oggetto della sentenza di patteggiamento e per le quali è prossima l’esecuzione.

2.3. Con il terzo motivo si deduce l’assenza dei “gravi indizi di colpevolezza” in ordine ai reati contestati dall’Autorità giudiziaria albanese; sul punto, si rileva che, quanto alla “commissione di reati degli appartenenti al gruppo criminale organizzato”, non viene indicato, a livello indiziario e neppure dopo la richiesta di integrazione formulata dalla Corte di appello in data 13 aprile 2023, alcun reato diverso da quelli per i quali è intervenuto il già indicato “patteggiamento”; quanto alla “partecipazione ad un gruppo criminale strutturato”, non è stato indicato alcun elemento dimostrativo della condotta contestata da parte del D. (peraltro contraddittoriamente indicato nei provvedimenti albanesi come “uno tra i tanti clienti e acquirenti degli stupefacenti”).

2.4. Con il quarto motivo si eccepisce l’intervenuta prescrizione dei reati ipotizzati, dovendo applicarsi sul punto la disciplina italiana, trattandosi di fattispecie punite in Albania con pene non eccedenti i cinque anni di reclusione e risalendo il supposto coinvolgimento del D. al periodo

luglio 2015/febbraio 2017.

2.5. Con il quinto motivo si deduce che la Corte di appello nel concedere l’estradizione ha disatteso immotivamente la richiesta di sollevare una questione di legittimità costituzionale dell’art. 705 comma 2 cod. proc. pen., non prendendo atto che le previsioni legislative interne non risultano conformi ai principi costituzionali e convenzionali, principi alla luce dei quali la consegna del D. si porrebbe in insanabile contrasto con la salvaguardia “dell’unità familiare e della sua dimensione umana” tenuto conto che lo stesso vive da molti anni in Italia ed è ivi stabilmente radicato con la sua intera famiglia.

2.6 Con il sesto motivo si eccepisce che la Corte di appello ha ritenuto immotivatamente l’assenza di pericolo che D., ove consegnato all’Albania, sarà sottoposto a trattamenti crudeli, disumani e degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona, recependo in modo acritico la nota proveniente dalla Direzione generale delle carceri albanese, senza tenere conto della giurisprudenza della Corte EDU e del pertinente rapporto di Amnesty International, dai quali emergono significative criticità del sistema carcerario albanese.

2.7. Con il settimo motivo, infine, si deduce violazione di legge in riferimento al mancato rispetto di quanto stabilito dall’articolo 704 comma 1 cod. proc. pen., e conseguente nullità assoluta della celebrazione del giudizio innanzi alla corte di appello. Ciò in quanto al D. non è stato notificato il rituale decreto di fissazione dell’udienza per la decisione ma solo un “avviso del procedimento in camera di consiglio” per l’udienza del giorno 13 aprile 2023, sottoscritto da un assistente giudiziario e del tutto privo di motivazione, informazioni, garanzie e vocatio in ius.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo – che ha natura pregiudiziale e assorbente – è fondato.

2. Invero, dall’esame degli atti del fascicolo – che questa Corte è legittimata a compiere, essendo stata dedotta una nullità di natura processuale (ex plurimis Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, F., Rv. 273525 – 01) – risulta che l’estradando ha ricevuto solo un avviso di cancelleria circa la fissazione in data 13 aprile 2023 dell’udienza in camera di consiglio per la deliberazione sulla richiesta di estradizione, emesso il 28 febbraio del 2023. Difetta pertanto la rituale emissione e notificazione del decreto di citazione previsto dall’art. 704, comma 1, c.p.p.

2.1. Come è noto, tale disposizione stabilisce che “scaduto il termine previsto dall’art. 703 comma 5, il presidente della Corte fissa l’udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi al Procuratore generale e da notificarsi alla persona della quale è richiesta l’estradizione, al suo difensore e all’eventuale rappresentante dello Stato richiedente, almeno dieci giorni prima, a pena di nullità”; decreto, come detto, nella specie inesistente.

3. Né risulta condivisibile l’argomentazione illustrata dal PG durante la discussione orale, secondo cui l’ordine di traduzione del D., disposta il 1° marzo 2023, sarebbe equipollente alla vocatio in ius e la difformità di tale atto rispetto allo schema legale del decreto di fissazione dell’udienza costituirebbe, al più, una nullità relativa da ritenersi sanata. Invero, il precedente invocato al riguardo dal rappresentante della Procura di legittimità (Sez. 5, n. 27546 del 2023, omissis, Rv. 284810 – 01) concerne il caso, diverso da quello in esame, in cui il decreto di citazione per il giudizio di appello venga notificato all’imputato in luogo diverso rispetto al domicilio validamente eletto o dichiarato, ipotesi ricorrendo la quale si determina una nullità di ordine generale a regime intermedio, che va dedotta entro i termini decadenziali previsti dall’art. 182 cod. proc. pen., salvo che l’irrituale notifica risulti, in concreto, inidonea a consentire l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario, configurandosi, in tal caso, una nullità assoluta per omessa notificazione di cui all’art. 179 cod. proc. pen.

3.1. Nel caso in cui, invece, difetti radicalmente la notificazione (e, ancora di più, come nel caso in esame manchi la stessa esistenza del decreto di citazione, mai adottato dal Presidente della Corte) dell’atto di impulso processuale, si determina una nullità incidente sul diritto di difesa, assoluta e non sanabile, come deve essere qualificata quella in oggetto, che concerne la omessa citazione in giudizio del soggetto nei cui confronti è in corso la procedura estradizionale, in relazione alla quale non possono spiegare effetti “sananti” né la pur accertata conoscenza aliunde della data della udienza né la comparizione alla stessa della parte interessata (in termini, si vedano Sez. 6, n. 19451 del 09/02/2023, omissis, relativa a un caso in cui la fissazione dell’udienza era stata comunicata all’estradando dal Consigliere delegato all’esito dell’interrogatorio nell’udienza ex art. 717 cod. proc. pen., nonchè, in riferimento alla normativa previgente alla modifica del 2017 – ove si prevedeva la notifica all’estradando dell’avviso di comparizione dinanzi al P.G., nella specie omessa – Sez. 6, n. 17952 del 12 aprile 2013, omissis, Rv. 256563).

4. Per le suesposte ragioni, si impone l’annullamento della sentenza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Trento che provvederà ad emettere il decreto di cui all’art. 704 comma 1 cod. proc. pen. e procederà al relativo giudizio sulla richiesta di estradizione. I residui motivi di ricorso sono assorbiti. La cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 203 disp.att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Trento.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen.

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