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Il requisito per applicare l’art. 129, comma 2, del codice di procedura penale

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Cass. pen., sez. III, 17/01/2024 (ud. 17/01/2024, dep. 09/05/2024), n. 18190 (Pres. Andreazza, Rel. Amoroso)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava qual è il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. che, come è noto, dispone quanto segue: “Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Oristano assolveva l’imputato dal reato di dichiarazione infedele con la formula “perché il fatto non sussiste”, ritenendo non integrata la fattispecie di cui all’articolo 4, d.lgs. n. 74 del 2000 per carenza degli elementi costitutivi del reato.

La Corte territoriale, invece, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava l’accusato colpevole del reato ascrittogli.

Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore proponeva ricorso per Cassazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva come dovesse dichiarato il reato in contestazione estinto per sopravvenuta prescrizione.

In particolare, i giudici di piazza Cavour addivenivano a siffatto esito decisorio dato che, se il presupposto per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen. è costituito dall’evidenza, emergente dagli atti di causa, che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato, o non è previsto dalla legge come reato posto che, solo in tali casi, la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla causa di estinzione del reato ed è fatto obbligo al giudice di pronunziare la relativa sentenza, i presupposti per l’immediato proscioglimento devono, però, risultare dagli atti in modo incontrovertibile tanto da non richiedere alcuna ulteriore dimostrazione in considerazione della chiarezza della situazione processuale, essendo necessario, quindi, che la prova dell’innocenza dell’imputato emerga positivamente dagli atti stessi, senza ulteriori accertamenti, dovendo il giudice procedere non ad un “apprezzamento”, ma ad una mera “constatazione”, fermo restando che l’obbligo di immediata declaratoria delle cause di non punibilità vale anche in sede di legittimità, tanto da escludere che il vizio di motivazione della sentenza impugnata, che dovrebbe ordinariamente condurre al suo annullamento con rinvio, possa essere rilevato dalla Corte di Cassazione che, in questi casi, deve invece dichiarare l’estinzione del reato dato che, in caso di annullamento, il giudice del rinvio si troverebbe nella medesima situazione, che gli impone l’obbligo dell’immediata declaratoria della causa di estinzione del reato.

Orbene, per i giudici di legittimità ordinaria, i presupposti per l’applicazione dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., come appena delineati, non sussistevano certamente nel caso di specie, in cui i motivi di ricorso, relativi alla prova della responsabilità penale, erano tali che un loro eventuale accoglimento avrebbe al più determinato, come conseguenza, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Sempre per la Suprema Corte, ciò nondimeno il ricorso in questione non poteva però essere ritenuto inammissibile dal momento che le relative doglianze erano formulate in modo sufficientemente specifico, e non erano manifestamente infondate.

Per tali motivi, quindi, essendo decorso il termine di prescrizione, la sentenza impugnata era annullata senza rinvio.

I risvolti applicativi

L’art. 129, comma 2, codice di procedura penale richiede che l’evidenza di non colpevolezza emerga chiaramente dagli atti, senza bisogno di ulteriori prove, nel senso che il giudice deve constatare l’assenza del reato senza necessità di valutazioni aggiuntive, basandosi esclusivamente sui documenti processuali acquisiti nel corso del processo.

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