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E’ necessario specificare l’atto e l’importanza delle prove per eccepire l’inutilizzabilità delle intercettazioni?

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Cass. pen., sez. II, 03/11/2023 (ud. 03/11/2023, dep. 08/02/2024), n. 55131 (Pres. Di Paola, Rel. Saraco)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, su cui era chiamata a decidere la Cassazione nella decisione in esame, riguarda in che modo l’inutilizzabilità delle intercettazioni può essere dedotta in sede di legittimità.

Prima però di vedere come la Suprema Corte ha affrontato siffatta questione, esaminiamo sinteticamente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza in commento.

Il Tribunale di Milano rigettava un’istanza di riesame presentata dall’indagato avverso un’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Lodi che aveva disposto a suo carico l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere per il reato di rapina aggravata.

Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, deduceva inosservanza di norma processuale, in relazione all’art. 267 cod. proc. pen. e all’art. 125, comma 1, n. 3, cod. proc. pen., sostenendosi l’apparenza della motivazione del decreto con cui il G.i.p. aveva autorizzato l’acquisizione dei dati del traffico telefonico e telematico, in violazione dell’art. 267 cod. proc. pen. con la conseguente inutilizzabilità delle acquisizioni con essi disposte.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso, nel ritenere il motivo suesposto infondato, richiamava, a sostegno di questa decisione, quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, «in tema di intercettazioni di comunicazioni, qualora in sede di legittimità venga eccepita l’inutilizzabilità dei relativi risultati, è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, indicare specificamente l’atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato e la rilevanza degli elementi probatori desumibili dalle conversazioni, posto che l’omissione di tali indicazioni incide sulla valutazione della concretezza dell’interesse ad impugnare. (Fattispecie in tema di giudizio abbreviato, nella quale i ricorsi degli imputati, non avendo precisato quali, tra le conversazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sarebbero derivate dal decreto emesso in violazione dell’art. 268, comma 3, cod. proc. pen., non consentivano di comprendere quale incidenza la violazione avesse avuto sul processo decisionale)», (Sez. 5 – , Sentenza n. 25082 del 27/02/2019; Sez. 6, Sentenza n. 13213 del 15/03/2016).

Difatti, per la Corte di legittimità, tale onere non era stato assolto nel caso in esame in quanto la doglianza non era stata accompagnata dall’indicazione della rilevanza degli elementi indiziari desumibili dalle conversazioni intercettate che sarebbero travolte dall’eventuale accoglimento dell’eccezione, ovvero delle ragioni per cui il loro decadimento sarebbe andata a inficiare o a compromettere, in modo decisivo, la tenuta logica e l’interna coerenza della motivazione del provvedimento impugnato.

I risvolti applicativi

Nel contesto delle intercettazioni di comunicazioni, se viene contestata l’utilizzabilità dei risultati probatori, derivanti dall’espletamento di queste operazioni captative, in sede di legittimità, è essenziale che la parte specifichi chiaramente l’atto interessato e l’importanza delle prove derivate dalle conversazioni.

L’omissione di tali incombenti, difatti, può compromettere la valutazione della validità dell’impugnazione, con possibile declaratoria di inammissibilità di motivo di questo genere per genericità.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 5513 Anno 2024

Presidente: DI PAOLA SERGIO

Relatore: SARACO ANTONIO

Data Udienza: 03/11/2023

Data Deposito: 08/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B. A. nato il … a …

avverso l’ordinanza in data 12/07/2023 del TRIBUNALE DI MILANO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SARACO;

sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale TOMASO EPIDENDIO, che ha concluso nel senso di respingere il ricorso;

sentito l’Avvocato F. P. P. P., che ha illustrato i motivi del ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

B. A. impugna l’ordinanza in data 12/07/2023 del Tribunale di Milano, che ha rigettato l’istanza di riesame presentata avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Lodi che disponeva l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere per il reato di rapina aggravata.

Deduce:

1. Inosservanza di norma processuale, in relazione all’art. 267 cod. proc. pen. e all’art. 125, comma 1, n. 3, cod. proc. pen..

Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente denuncia l’apparenza della motivazione del decreto con cui il G.i.p. ha autorizzato l’acquisizione dei dati del traffico telefonico e telematico, in violazione dell’art. 267 cod. proc. pen. con la conseguente inutilizzabilità delle acquisizioni con essi disposte.

«In tutti i casi -scrive la difesa-, il decreto è il medesimo, preconfezionato trattandosi evidentemente di un timbro già esistente».

Sostiene, dunque, che la mera apposizione di un timbro in luogo di un decreto non permette di verificare se il G.i.p. abbia valutato gli atti, così che detta apposizione non può ritenersi una motivazione idonea a giustificare un’invasione nella sfera personale dell’individuo.

Aggiunge che l’apposizione del timbro non può valutarsi alla stregua di una motivazione per relationem, mancando alcun richiamo agli atti del procedimento.

2. Vizio di omessa motivazione in ordine alla sussistenza delle circostanze aggravanti contestate e in relazione alle modalità di esecuzione del reato di rapina.

Il ricorrente premette che B. è indicato quale organizzatore del fatto delittuoso; evidenzia che l’indagato rendeva dichiarazioni in sede di riesame, dichiarando di essere stato a conoscenza della rapina perché gli era stato chiesto di partecipare, ma aveva rifiutato.

«Se egli ha dichiarato essere stato a conoscenza di questa rapina -scrive la difesa- sarebbe stato necessario attendersi una motivazione sulle modalità esecutive della stessa, per poter affermare la sua responsabilità anche in ordine a tutte le circostanze aggravanti contestate, anche perché in origine non è detto che le intenzioni fossero quelle di commettere tale delitto probatorio, anziché un furto».

3. Vizio di omessa motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

In questo caso il ricorrente lamenta il mancato confronto con la tesi difensiva così come esposta dall’indagato e per come richiamata al punto precedente.

Rimarca come la risposta alla tesi difensiva fosse necessitata dal fatto che a B. viene contestato il ruolo di promotore e organizzatore della rapina e non quello di esecutore, al cui proposito non si ha traccia nella motivazione del provvedimento impugnato, così che essa si mostra viziata da una lacuna che non viene colmata neanche ove letta insieme all’ordinanza genetica.

A sostegno dell’assunto vengono illustrate e compendiate le emergenze procedimentali, dalle quali emerge che B. era in effetti a conoscenza dei fatti, per come da lui stesso dichiarato, ma nulla che lo veda coinvolto nella rapina.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché aspecifico.

1.1. Al suo riguardo occorre ricordare che «in tema di intercettazioni di comunicazioni, qualora in sede di legittimità venga eccepita l’inutilizzabilità dei relativi risultati, è onere della parte, a pena di inammissibilità del motivo per genericità, indicare specificamente l’atto che si ritiene affetto dal vizio denunciato e la rilevanza degli elementi probatori desumibili dalle conversazioni, posto che l’omissione di tali indicazioni incide sulla valutazione della concretezza dell’interesse ad impugnare. (Fattispecie in tema di giudizio abbreviato, nella quale i ricorsi degli imputati, non avendo precisato quali, tra le conversazioni poste a fondamento della sentenza impugnata, sarebbero derivate dal decreto emesso in violazione dell’art. 268, comma 3, cod. proc. pen., non consentivano di comprendere quale incidenza la violazione avesse avuto sul processo decisionale)», (Sez. 5 – , Sentenza n. 25082 del 27/02/2019, omissis, Rv. 277608 – 02; Sez. 6, Sentenza n. 13213 del 15/03/2016, omissis, Rv. 266774 – 01).

Tale onere non è stato assolto nel caso in esame, in quanto la doglianza non è accompagnata dall’indicazione della rilevanza degli elementi indiziari desumibili dalle conversazioni intercettate che sarebbero travolte dall’eventuale accoglimento dell’eccezione, ovvero delle ragioni per cui il loro decadimento andrebbe a inficiare o a compromettere, in modo decisivo, la tenuta logica e l’interna coerenza della motivazione del provvedimento impugnato.

Tanto conduce al vizio di aspecificità e alla conseguente inammissibilità del primo motivo d’impugnazione.

2. Il secondo e il terzo motivo d’impugnazione sono inammissibili perché sollevano questioni non consentite in sede di legittimità.

2.1. Il ricorrente sostiene che il tribunale ha omesso di motivare sui gravi indizi di colpevolezza e sulla sussistenza delle aggravanti.

A tale proposito va premesso che la sussistenza in punto di fatto delle aggravanti delle più persone riunite e del fatto commesso in luogo di privata dimora non sono in contestazione.

Si contesta la loro riconducibilità all’odierno ricorrente, che pure ha ammesso di essere a conoscenza della rapina, per essere stato invitato a parteciparvi, ma che ha respinto l’invito.

2.2. Il tribunale, dal suo canto, ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per la rapina con le aggravanti contestate sulla base della lettura congiunta e coordinata dei dati investigativi raccolti sul luogo del fatto tramite il sistema di videosorveglianza attivo nell’abitazione delle vittime, con particolare riferimento alle caratteristiche fisiche degli esecutori materiali (con particolare riferimento a un apparecchio fissatore della tibia indossato da uno di essi); dall’esame dei tabulati delle due utenze c.d. “a scoppio”, utilizzate in occasione della rapina, dai cui risultava che una di esse aveva contattato il coindagato B.; dall’uso di una di tali utenze da parte dello stesso B.; dai contatti e dei continui rapporti tra B. e B.; dalle intercettazioni telefoniche; dalle indicazioni tratte dai tabulati telefonici; dalle dichiarazioni rese da B. nell’interrogatorio del 16/06/2023 e dei riconoscimenti a esse collegati; dalle dichiarazioni rese da F..

2.3. Per contrastare una motivazione che si presenta adeguata, logica e non contraddittoria oltre che conforme ai principi di diritto disciplinanti i temi trattati, il ricorrente solleva questioni intese a censurare il contenuto valutativo dell’ordinanza impugnata, nessuna delle quali riconducibili a vizi di legittimità, in quanto caratterizzate da apprezzamenti di fatto sull’ordito motivazionale del provvedimento impugnato, non apprezzabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.

Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito», (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, omissis, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 del 02/03/2017, omissis, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, omissis Rv. 252178).

3. Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

4. Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1- ter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen..

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