Cerca
Close this search box.

Cosa considerare per “pena detentiva espiata”?

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. I, 30/01/2024 (ud. 30/01/2024, dep. 23/05/2024), n. 20537 (Pres. Boni, Rel. Siani)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava cosa si debba considerare per “pena detentiva espiata”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Cagliari, quale giudice dell’esecuzione, aveva accolto parzialmente un’istanza proposta nell’interesse di una persona, destinataria dell’ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dal Procuratore generale della Repubblica presso la suddetta Corte di Appello, con il quale, in relazione alle condanne esecutive a pena detentiva pronunciate nei confronti dell’istante, era stata rideterminata la pena detentiva residua da espiare in anni dieci, mesi nove, giorni ventuno, dopo la detrazione di un periodo presofferto pari a giorni nove.

Ciò posto, avverso questa decisione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Cagliari ricorreva per Cassazione, chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo con cui ha dedotto la violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen..

In particolare, secondo il ricorrente, il fatto che il giudice di merito avesse equiparato, ai fini della fungibilità prevista dalla norma indicata, l’esecuzione della pena detentiva in regime di detenzione all’affidamento in prova costituiva violazione della norma stessa in quanto essa, nella prospettiva del ricorrente, ne consentiva il computo soltanto con riferimento alla custodia cautelare subita o alle pene detentive espiate dopo la commissione del reato, mentre nessun riferimento risultava essere stato effettuato all’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova di cui all’art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, succ. modd. (Ord. pen.).

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, gli Ermellini, tra le argomentazioni che le avevano indotto ad addivenire a siffatto esito decisorio, richiamavano quell’orientamento nomofilattico secondo il quale deve considerarsi pena detentiva espiata quella che sia avvenuta in modo effettivo, indipendentemente dalle modalità con le quali ha avuto luogo e, dunque, anche nel caso in cui vi sia stato affidamento in prova al servizio sociale, una volta che esso sia stato positivamente concluso (Sez. 1, n. 23353 del 08/04/2015; Sez. 1 n. 43456 del 27/10/2011, in terna di espiazione della pena avvenuta nelle forme della sospensione condizionata di cui alla legge 10 agosto 2003, n. 207; Sez. 1 n. 7651 del 23/01/2004; v. inoltre, fra le decisioni non massimate afferenti a fattispecie relative a fungibilità della pena detentiva espiata, Sez. 1, n. 4016 del 01/07/2020; Sez. 1, n. 11902 del 12/01/2018).

I risvolti applicativi

La pena detentiva è considerata espiata se scontata effettivamente, anche se svolta tramite affidamento in prova al servizio sociale, purché tale affidamento si sia concluso positivamente.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 20537 Anno 2024

Presidente: BONI MONICA

Relatore: SIANI VINCENZO

Data Udienza: 30/01/2024

Data Deposito: 23/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CAGLIARE

U. E. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 19/07/2023 della CORTE APPELLO di CAGLIARI

udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;

lette le conclusioni del PG, LIDIA GIORGIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in epigrafe, resa il 19 luglio 2023, la Corte di appello di Cagliari, quale giudice dell’esecuzione, ha accolto parzialmente l’istanza proposta nell’interesse di E. U., destinatario dell’ordine di esecuzione per la carcerazione emesso dal Procuratore generale della Repubblica presso la suddetta Corte di appello il 6 luglio 2023, con il quale, in relazione alle condanne esecutive a pena detentiva pronunciate nei confronti di U., era stata rideterminata la pena detentiva residua da espiare in anni dieci, mesi nove, giorni ventuno, dopo la detrazione di un periodo presofferto pari a giorni nove.

Il giudice dell’esecuzione ha disposto che in riferimento a quell’ordine di esecuzione per la carcerazione la residua pena detentiva da espiare è, invece, da fissarsi in anni tre, mesi cinque, giorni ventuno di reclusione, senza la sospensione dell’ordine stesso.

Fra i fattori che hanno determinato il ricalcolo del tempo detentivo residuo è stato considerato dal giudice dell’esecuzione il periodo durante il quale U. è stato sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, da stimarsi, nella prospettiva del decidente, tempo utilmente trascorso in esecuzione della pena stessa.

2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Cagliari chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo con cui ha dedotto la violazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen.

L’ordinanza impugnata, secondo il Pubblico ministero ricorrente, non ha tenuto conto del rilievo che la pena irrogata dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari con la sentenza divenuta irrevocabile il 21.06.2012 era stata scontata, in parte, in stato di presofferta custodia cautelare e, in parte, attraverso la misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale:

orbene, l’aver equiparato, ai fini della fungibilità prevista dalla norma indicata, l’esecuzione della pena detentiva in regime di detenzione all’affidamento in prova costituisce violazione della norma stessa, in quanto essa, nella prospettiva del ricorrente, ne consente il computo soltanto con riferimento alla custodia cautelare subita o alle pene detentive espiate dopo la commissione del reato, mentre nessun riferimento risulta effettuato all’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova di cui all’art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, succ. modd. (Ord. pen.), esecuzione che in questo caso aveva avuto la durata pari ad anni due, mesi due, giorni sedici, in corrispondenza del periodo intercorso dal 19.02.2014 al 5.05.2016.

Ad avvalorare tale conclusione – sostiene il Procuratore generale ricorrente – concorre la considerazione della specificità esecutiva inerente alla misura alternativa che, per definizione, non è detentiva: la diversità ontologica e fattuale fra tale esecuzione e quella detentiva intramuraria avrebbe dovuto, pertanto, precludere lo scomputo operato dalla Corte territoriale.

3. Il Procuratore generale in sede ha chiesto il rigetto del ricorso, atteso che il giudice dell’esecuzione ha fatto corretta applicazione dell’art. 657 cod. proc. pen., anche l’attuazione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale esigendo lo scomputo operato ai fini della fissazione del

presofferto, siccome il relativo tempo di esecuzione corrisponde, secondo l’ordinamento, a pena detentiva espiata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’impugnazione va rigettata.

2. È utile puntualizzare che a ragione del provvedimento adottato il giudice dell’esecuzione ha osservato che U. era stato condannato, con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Cagliari del 10.06.2010, irrevocabile il 21.06.2012, alla pena di anni sette, mesi sei d reclusione ed euro 61.200,00 di multa, riferiti, quanto alla pena detentiva, ad anni sei, mesi otto, per i reati in materia di sostanze stupefacenti, e a mesi otto per i reati in materia di armi, e che questa pena era stata totalmente espiata, in parte in custodia cautelare e in parte con l’esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale. Inoltre, con sentenza della Corte di appello di Cagliari del 12.01.2022, emessa in parziale riforma di quella del Gip del Tribunale di Cagliari del 7.11.2016, irrevocabile il 5.07.2023, U. era stato dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, e di vari reati di cui all’art. 73 d.P.R. cit. e, ritenuta la continuazione fra questi reati e (soltanto) quelli in materia di stupefacenti oggetto della precedente sentenza del 10.06.2010, era stato condannato alla complessiva pena di anni dieci, mesi due di reclusione.

Posto ciò, il giudice dell’esecuzione ha argomentato nel senso che il tempo detentivo presofferto da scomputare non dovesse essere limitato a giorni nove di reclusione, ma dovesse comprendere anche l’entità pari ad anni sei, mesi otto di reclusione, corrispondente alla pena eseguita per i reati in materia di stupefacenti oggetto della sentenza del 10.06.2010, inseriti nel cumulo (a differenza dei reati in materia di armi e della corrispondente pena): pertanto, la pena residua che avrebbe dovuto eseguirsi era pari ad anni tre, mesi cinque, giorni ventuno di reclusione.

Infine, considerata questa entità della pena residua, il giudice dell’esecuzione ha opinato nel senso che non ricorressero i presupposti previsti dalla legge per la sospensione dell’ordine di esecuzione.

3. A fronte di questo provvedimento, l’unica questione che viene sottoposta al vaglio di legittimità è stata sollevata dal Procuratore generale territoriale ed è quella della sussistenza o meno della computabilità della parte di pena già espiata dal condannato, ma riferita al periodo in cui egli è stato ammesso ed è stato sottoposto alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale.

Per il resto, l’ordine di esecuzione per la carcerazione di cui si tratta non viene in rilievo per il modo in cui ha cumulato le pene detentive oggetto delle due sentenze suindicate, con particolare riferimento alla — non contestata – inserzione nell’unico cumulo delle pene afferenti alle due condanne, nonché alla – sottolineata dal giudice dell’esecuzione, senza deduzioni contestative da parte del Pubblico ministero e da parte del condannato – esclusione dal cumulo in esecuzione della frazione di pena irrogata per i reati in materia di armi accertati con la sentenza del 10.06.2010.

Lo stesso U., con riferimento all’oggetto di questo procedimento, non ha sollevato questioni.

4. Esaminando la questione devoluta, occorre osservare che l’orientamento contrario alla computabilità del tempo detentivo trascorso dal condannato in esecuzione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale non può essere condiviso.

4.1. Deve osservarsi che l’art. 47, dodicesimo comma, Ord. pen. espressamente stabilisce che l’esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva e ogni altro effetto penale, con l’eccezione delle pene accessorie perpetue.

Da tale chiaro disposto deriva in via diretta l’affermazione che la pena detentiva relativa al titolo per il quale il condannato è stato ammesso alla suddetta misura alternativa alla detenzione, con susseguente accertamento dell’esito positivo della prova, si estingue e, di conseguenza, essa non può

essere computata fra quelle ancora da espiare, senza essere neutralizzata dalla corrispondente avvenuta espiazione, nell’eventuale susseguente provvedimento di esecuzione delle pene concorrenti.

Del resto, quando si discute in merito all’estinzione – o meno – della pena pecuniaria oggetto di condanna in via congiunta alla pena detentiva per la quale il condannato sia stato ammesso all’affidamento in prova e lo abbia eseguito con esito positivo della prova, si tratta di verificare la sussistenza – o meno – delle condizioni a cui la norma suindicata subordina la possibilità di declaratoria di estinzione anche della pena pecuniaria, se ancora non riscossa: in questi casi, si dà per assodato l’effetto estintivo della pena detentiva conseguito all’esito positivo della prova (v., ad esempio, Sez. 1, n. 27343 del 17/05/2019, omissis, Rv. 275848 – 01).

La detrazione della pena detentiva inerente all’affidamento in prova al servizio sociale correlato al suddetto titolo è stata, pertanto, doverosamente compiuta dal giudice dell’esecuzione, in quanto la corrispondente sanzione si è estinta con l’esito positivo della prova: esito in nessun modo posto in discussione dal ricorrente.

In prima analisi, quindi, nel provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, posto che si è contemplata la corrispondente pena detentiva irrogata nei confronti di U., correttamente è stata poi computata in deconto l’avvenuta sua espiazione anche per la frazione di essa da ritenersi estinta in dipendenza dell’esito positivo della prova effettuata da U., a seguito dell’ammissione del medesimo all’affidamento in prova al servizio sociale.

4.2. Il Procuratore generale territoriale, equiparando in modo incongruo la computabilità della pena detentiva eseguita mediante ammissione e sottoposizione all’affidamento in prova, positivamente esitato, alla questione di fungibilità della pena espiata per altro reato e risultata senza titolo, ha presupposto la carenza delle condizioni previste dall’art. 657 cod. proc. pen. al fine di operare la fungibilità del periodo di sottoposizione all’affidamento in prova.

Ora, a parte l’evidenziata eterogeneità della situazione di fatto rispetto a quella regolata dall’indicata norma, è comunque da osservare che, in ogni caso, l’esclusione dal criterio di fungibilità del periodo trascorso dal condannato nell’effettuazione della prova determinata dall’ammissione alla suddetta misura alternativa, con il conseguimento dell’esito positivo della prova stessa, non costituisce approdo fondato.

Su tale versante, è vero che, in tempi meno recenti, l’equiparazione, prevista dall’art. 657 cod. proc. pen., della detenzione scontata senza titolo ad altre situazioni, quali la custodia cautelare in carcere, equivalenti sotto il profilo della gravità delle limitazioni che comportano, era stata reputata non estensibile a casi diversi da quelli contemplati, senza che si ritenere sussistente il sospetto della illegittimità costituzionale della norma, nella parte in cui essa era considerata non contemplare la fungibilità delle misure alternative alla detenzione, in ragione della differente afflittività di queste ultime rispetto alla detenzione ed alla custodia cautelare in carcere (in tal senso, in particolare, Sez. 1, n. 17223 del 26/02/2001, omissis, Rv. 218764 – 01).

È del pari certo, però, che questa impostazione non è stata condivisa dagli orientamenti ermeneutici successivi, che hanno inquadrato in modo diverso l’esegesi della norma suindicata.

Anche in tema di verifica di detenzione espiata senza titolo si è valorizzato, invero, il tenore testuale dell’art. 657, comma 2, cod. proc. pen., secondo cui va computata – non la custodia cautelare che sia stata subita per lo stesso o per altro reato (come è invece previsto dal comma 1), bensì – la “pena detentiva espiata” per condanna successivamente revocata.

E non può dubitarsi che la pena sia da ritenersi “espiata”, indipendentemente dalle modalità con le quali l’espiazione ha in concreto avuto luogo, sempre che questa espiazione sia stata effettiva.

Deve, quindi, considerarsi che nel caso dell’affidamento in prova al servizio sociale, una volta che esso sia stato accertato positivamente concluso, l’espiazione della corrispondente pena è da considerarsi effettiva, al lume dell’art. 47, dodicesimo comma, cit.

In questa prospettiva, non sussiste ragione di discostarsi dal più generale principio di diritto per cui deve considerarsi pena detentiva espiata quella che sia avvenuta in modo effettivo, indipendentemente dalle modalità con le quali ha avuto luogo e, dunque, anche nel caso in cui vi sia stato affidamento in prova al servizio sociale, una volta che esso sia stato positivamente concluso (Sez. 1, n. 23353 del 08/04/2015, omissis, Rv. 263965 – 01; Sez. 1 n. 43456 del 27/10/2011, omissis Rv. 250995 – 01, in terna di espiazione della pena avvenuta nelle forme della sospensione condizionata di cui alla legge 10 agosto 2003, n. 207; Sez. 1 n. 7651 del 23/01/2004, omissis, Rv. 227116 – 01; v. inoltre, fra le decisioni non massimate afferenti a fattispecie relative a fungibilità della pena detentiva espiata, Sez. 1, n. 4016 del 01/07/2020, dep. 2021, omissis; Sez. 1, n. 11902 del 12/01/2018, omissis).

Pure sotto questo secondo profilo, ove pure esso venisse in concreto rilievo, non potrebbe, quindi, seguirsi la prospettazione coltivata dall’Autorità ricorrente.

4. Conclusivamente, nel caso in esame, in cui il giudice dell’esecuzione era stato chiamato a verificare l’entità della pena detentiva effettivamente espiata, in relazione alla specifica questione prospettata dal Procuratore generale territoriale, non è risultato in alcun modo posto in discussione il dato di fatto che il periodo di sottoposizione del condannato all’affidamento in prova si era concluso positivamente, con il conseguente effetto estintivo stabilito dall’ordinamento.

Posta tale premessa, non può non affermarsi, alla stregua dei principi enunciati nelle considerazioni che precedono, che la detrazione dalla pena detentiva residua del periodo corrispondente all’esecuzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, positivamente concluso, è stata fondatamente operata.

Per il resto, nell’osservanza dei limiti del devoluto, non devono trattarsi altre questioni: e, dunque, non mette conto sindacare gli altri addendi considerati dal giudice dell’esecuzione per la determinazione della pena residua da espiare, addendi afferenti a materia restata estranea all’oggetto dell’impugnazione.

5. Il ricorso va, in definitiva, rigettato.

La natura della parte ricorrente esclude statuizioni in merito alle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Leggi anche

Contenuti Correlati