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Come il giudice della cautela deve valutare il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.

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Cass. pen., sez. V, 17/11/2023 (ud. 17/11/2023, dep. 18/01/2024), n. 2139 (Pres. Miccoli, Rel. Pilla)

[Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 274, co. 1, lett. c)]

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 274, co. 1, primo periodo, lett. c), cod. proc. pen. prevede che le “misure cautelari sono disposte: (…) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto e attuale pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede”, la questione giuridica, sulla quale era chiamata a decidere, concerneva che tipo di valutazione il giudice è tenuto a fare in relazione all’attualità di siffatto pericolo.

Difatti, il procedimento, in occasione del quale è stata emessa la decisione qui in commento, considerato che il Tribunale di Roma, sezione del Riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento di rigetto del Gip del medesimo Tribunale, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona imputata di avere commesso i reati di cui agli artt. 493 ter e 497 bis cod. pen., avverso tale decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, il ricorrente deduceva vizio di motivazione e violazione di legge proprio a proposito del requisito dell’attualità del pericolo di recidiva.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere il motivo summenzionato infondato, richiamava quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5,n. 12869 del 20/01/2022).

Ebbene, per gli Ermellini, l’ordinanza impugnata aveva fatto una corretta applicazione di tali principi, fornendo una specifica risposta su tali questioni, confermando una prognosi in senso negativo, anche alla possibile mitigazione di una futura pena in ragione del vincolo della continuazione, valorizzando l’agire ininterrotto e seriale del ricorrente quale chiara espressione di una continua propensione a commettere atti della stessa indole.

I risvolti applicativi

Alla luce della pronuncia qui in commento, il requisito dell’attualità del pericolo, di cui all’art. 274, co. 1, lett. c), cod. proc. pen., non va confusa con l’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto, atteso che, invece, si deve procedere, ai fini del giudizio de quo, ad una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, il che deve avvenire alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che, a sua volta, tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza.

Solo nell’ambito di queste coordinate interpretative, è possibile dunque procedere ad una corretta valutazione del pericolo di recidivanza (come la Cassazione ha ritenuto che abbia fatto il giudice di merito nel caso di specie).

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 2139 Anno 2024

Presidente: MICCOLI GRAZIA ROSA ANNA

Relatore: PILLA EGLE

Data Udienza: 17/11/2023

Data Deposito: 18/01/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G. M. nato in … il …

avverso l’ordinanza del 28/06/2023 del TRIB. RIESAME di ROMA

udita la relazione svolta dal Consigliere EGLE PILLA;

letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale della Corte di cassazione, LUCIA ODELLO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata in data 28 giugno 2023, il Tribunale di Roma, sezione del Riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento di rigetto del Gip del medesimo Tribunale, ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del ricorrente G. M. in relazione ai reati di cui agli artt. 493 ter e 497 bis cod. pen. di cui ai capi 1c), 7), 15).

Le plurime condotte consistono nell’indebito utilizzo di carte di credito di terzi ignari titolari per effettuare una serie di acquisti, nonché la realizzazione di una falsa carta di identità valida per l’espatrio intestata a un soggetto deceduto.

2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso l’indagato, con atto sottoscritto dal difensore di fiducia ed articolato nei motivi, qui di seguito enunciati.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del pericolo di recidiva e alla scelta della misura.

La ordinanza impugnata non ha valorizzato quegli elementi di fatto che avrebbero consentito un giudizio prognostico favorevole per la concessione della sospensione condizionale della pena, quali la sostanziale incensuratezza del ricorrente e la sua stabile e pluriennale attività lavorativa.

Ulteriori elementi che depongono in senso favorevole al ricorrente in relazione alla scarsa capacità criminale sono rappresentati dall’effettuazione della totalità degli indebiti acquisti nel medesimo quartiere con modalità che hanno consentito agli inquirenti di risalire facilmente agli autori della condotta.

2.2. Con il secondo motivo sono stati dedotti vizio di motivazione e violazione di legge quanto al requisito dell’attualità del pericolo di recidiva.

La ordinanza ha omesso qualsivoglia motivazione quanto alla sussistenza di un pericolo di recidiva non solo concreto ma anche attuale, non avendo considerato che successivamente al luglio 2021 è cessata qualsivoglia attività penalmente rilevante e il ricorrente svolge regolare attività lavorativa e non frequenta ambienti criminali.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato per le ragioni che seguono.

1. Il primo motivo è infondato.

Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, l’ordinanza impugnata, proprio in relazione al giudizio di adeguatezza della misura da applicarsi ha evidenziato:

– la gravità delle condotte plurime che impediscono di operare un giudizio prognostico in senso favorevole da un punto di vista del contenimento della pena;

– l’evidente inserimento del ricorrente in un contesto illecito organizzato, la capacità del ricorrente di operare anche da casa in senso illecito quanto alla falsificazione dei documenti con la impossibilità di ritenere adeguate misure diverse da quelle della custodia cautelare in carcere.

Questa Corte ha chiarito che la valutazione di inadeguatezza degli arresti domiciliari non può essere basata su mere supposizioni o ipotesi astratte, il cui verificarsi è possibile “in rerum natura”, ma non probabile secondo regole di comune esperienza, dovendo essere, invece, fondata sulla prognosi della mancata osservanza, da parte del sottoposto, delle prescrizioni a lui imposte, concretamente effettuabile al cospetto di elementi specifici, indicativi della sua scarsa capacità di autocontrollo (Sez. 3, n. 19608 del 25/01/2023, Rv. 284615).

Dunque, la valutazione del giudice dell’impugnazione cautelare si è fondata anche sul principio ora citato dal momento che l’ordinanza ha richiamato una circostanza specifica che impediva di ritenere adeguata e idonea la misura cautelare degli arresti domiciliari: la possibilità per il ricorrente di continuare ad operare illecitamente all’interno della propria abitazione.

2. Il secondo motivo risulta manifestamente infondato non confrontandosi con la motivazione immune da vizi logici dell’ordinanza impugnata.

Il Tribunale ha sul punto espressamente richiamato la recente giurisprudenza di questa Corte secondo cui il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (Sez. 5,n. 12869 del 20/01/2022, Rv. 282991).

La ordinanza ha correttamente applicato i principi richiamati evidenziando:

– la sistematica operatività dei coindagati, caratterizzata anche da un agire spregiudicato in relazione al furto di identità di persone ignare;

– la assenza di una significativa distanza temporale dei fatti essendo le contestazioni cautelari sino all’anno 2021

fornendo così una specifica risposta, confermando una prognosi in senso negativo, anche alla possibile mitigazione di una futura pena in ragione del vincolo della continuazione, valorizzando l’agire ininterrotto e seriale del ricorrente quale chiara espressione di una continua propensione a commettere atti della stessa indole.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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