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La confisca del denaro nell’illecita detenzione di stupefacenti richiede un nesso con l’attività di cessione

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Cass. pen., sez. III, 24/01/2024 (ud. 24/01/2024, dep. 08/02/2024), n. 5500 (Pres. Ramacci, Rel. Semeraro)

(Riferimento normativo: d.P.R., 9 ottobre 1990, art. 73, co. 7-bis)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, su cui era chiamata a decidere la Cassazione nella decisione in esame, riguarda quando è possibile confiscare una somma di denaro nel caso di illecita detenzione di sostanze stupefacenti.

Orbene, prima di esaminare come la Suprema Corte ha affrontato tale questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza in oggetto.

Il Tribunale di Genova aveva applicato all’imputato, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, la pena di mesi 6 di reclusione ed E. 1.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per avere detenuto, al fine di cederla a terzi, sostanza stupefacente.

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, con un unico motivo, violazione dell’art. 240 cod. pen., in quanto il giudice di primo grado avrebbe disposto «genericamente» la confisca di quanto in sequestro senza dimostrare che fosse provento del delitto di detenzione della sostanza stupefacente.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto fondato.

In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che ai sensi dell’art. 7-bis dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 «Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto», fermo restando che il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (così Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015) mentre, ai sensi dell’art. 240, comma 2, cod. pen. è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato – evidenziavano che, se è vero che è certamente ammessa la confisca del danaro che costituisca profitto del reato di vendita di sostanze stupefacenti quando tale sia il reato per cui si procede, occorre, però, ribadire che può costituire oggetto di confisca solo il prodotto o il profitto del reato per il quale l’imputato è stato condannato e non di altre condotte illecite, estranee alla declaratoria di responsabilità (Cfr. Sez. 4, n. 40912 del 19/09/2016; Sez. 6, n. 55852 del 17/10/2017, ha affermato il principio per cui in relazione al reato di illecita detenzione di sostanze stupefacenti può procedersi alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato soltanto quando sussiste un nesso di pertinenzialità fra questo e l’attività illecita di cessione contestata; ne consegue che non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga e sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come strumento, né quale prodotto, profitto o prezzo del reato).

Nell’ipotesi di detenzione della sostanza stupefacente, ai sensi dell’art. 240, comma 2, n. 1, cod. pen., la somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell’imputato, quindi, non costituisce il profitto del reato, perché non è il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito, visto che il denaro può essere confiscato solo quando si provi che costituisca il prezzo del reato di detenzione: cioè, quando risulti provato che sia il corrispettivo ricevuto dall’imputato da terzi per la detenzione della sostanza stupefacente.

La Suprema Corte, pertanto, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, ritenendo come il giudice di merito non avesse fatto una corretta applicazione di questi principi, annullava la sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Genova.

I risvolti applicativi

Il denaro può essere confiscato nella detenzione di stupefacenti solo se viene dimostrato che il pagamento sia stato ricevuto dall’imputato da terzi per la detenzione della sostanza.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 3 Num. 5500 Anno 2024

Presidente: RAMACCI LUCA

Relatore: SEMERARO LUCA

Data Udienza: 24/01/2024

Data Deposito: 08/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M. F. nato il …

avverso la sentenza del 05/07/2023 del TRIBUNALE di GENOVA

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;

lette le conclusioni del PG ALDO CENICCOLA

Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. del 5 luglio 2023 il Tribunale di Genova ha applicato a M. F., con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, la pena di mesi 6 di reclusione ed E. 1.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, per avere detenuto, al fine di cederla a terzi, 25 ovuli contenenti sostanza stupefacente di tipo cocaina/crack (in Genova il 12 settembre 2022); ha disposto, altresì, la confisca e la distruzione della sostanza stupefacente e la confisca della somma di E. 2.395,00 rinvenuta nel domicilio dell’imputato.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo, con l’unico motivo, la violazione dell’art. 240 cod. pen.:

il Tribunale avrebbe disposto «genericamente» la confisca di quanto in sequestro – la sostanza stupefacente e la somma di denaro di E. 2.395,00 – senza dimostrare che fosse provento del delitto di detenzione della sostanza stupefacente. Dopo i richiami alla giurisprudenza, si sottolinea che si procede per il delitto ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e che la confisca non era stata oggetto di accordo tra le parti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

1.1. Ai sensi dell’art. 7-bis dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 «Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto».

Il profitto del reato si identifica con il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito (così Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, omissis, Rv. 264436 – 01).

Ai sensi dell’art. 240, comma 2, cod. pen. è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato.

1.2. L’imputato è stato condannato per un unico reato: la detenzione per la cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo cocaina/crack. Deve, pertanto, esistere, per poter procedere alla confisca, un collegamento eziologico tra il denaro e il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti per il quale l’imputato è stato condannato.

1.2.1. È certamente ammessa la confisca del danaro che costituisca profitto del reato di vendita di sostanze stupefacenti quando tale sia il reato per cui si procede.

Occorre, però, ribadire che può costituire oggetto di confisca solo il prodotto o il profitto del reato per il quale l’imputato è stato condannato e non di altre condotte illecite, estranee alla declaratoria di responsabilità (Cfr. Sez. 4, n. 40912 del 19/09/2016, omissis, Rv. 267900). Sez. 6, n. 55852 del 17/10/2017, omissis, Rv. 272204 – 01, ha affermato il principio per cui in relazione al reato di illecita

detenzione di sostanze stupefacenti può procedersi alla confisca del denaro trovato in possesso dell’imputato soltanto quando sussiste un nesso di pertinenzialità fra questo e l’attività illecita di cessione contestata; ne consegue che non sono confiscabili le somme che, in ipotesi, costituiscono il ricavato di precedenti diverse cessioni di droga e sono destinate ad ulteriori acquisti della medesima sostanza, non potendo le stesse qualificarsi né come strumento, né quale prodotto, profitto o prezzo del reato.

1.3. Nell’ipotesi di detenzione della sostanza stupefacente, ai sensi dell’art. 240, comma 2, n. 1, cod. pen. la somma di denaro rinvenuta nella disponibilità dell’imputato non costituisce il profitto del reato, perché non è il vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito.

Il denaro, infatti, può essere confiscato solo quando si provi che costituisca il prezzo del reato di detenzione: cioè, quando risulti provato che sia il corrispettivo ricevuto dall’imputato da terzi per la detenzione della sostanza stupefacente.

1.4. Dalla sentenza impugnata risulta che la somma di denaro fu rinvenuta nell’appartamento dell’imputato; inoltre, si indica che la somma non sarebbe stata giustificata «stante la mancanza di un’occupazione lavorativa e ritenuta riconducibile all’attività di spaccio», tenuto conto delle dichiarazioni dell’imputato.

Dalla sentenza risulta che la confisca è stata disposta ex art. 240 cod. pen.

2. Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente alla disposta confisca della somma di denaro, con rinvio al Tribunale di Genova per nuovo giudizio sul punto.

2.1. Il Tribunale ha disposto la confisca ex art. 240 cod. pen. ritenendo che il denaro, di cui non è stata fornita la giustificazione, sia «riconducibile all’attività di spaccio».

La sentenza impugnata ha collegato la confisca non al reato di detenzione, per il quale è stata applicata la pena, rispetto al quale la somma di denaro non può costituire il profitto del reato, ma ad altre eventuali cessioni, le quali sarebbero dimostrate dalla sproporzione tra la somma rinvenuta e dall’assenza di occupazione lavorativa del ricorrente nonché dalle sue dichiarazioni in sede di convalida dell’arresto. Il reato di cessione, però, non è oggetto della imputazione e della condanna.

2.2. Neanche può ritenersi, come prospettato dal Procuratore Generale, che il Tribunale abbia ritenuto di procedere alla confisca per sproporzione poiché tale forma di confisca era esclusa dall’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, in vigore al momento della pronuncia della sentenza, per il delitto ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.

L’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, che prevede la possibilità di applicare l’art. 240-bis cod. pen. anche per il delitto ex art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, è stato, infatti, modificato dalla legge 13 novembre 2023, n. 159 (in G.U. 14/11/2023, n.266), che ha disposto, con l’art. 1, comma 1, la conversione, con modificazioni, del D.L. 15 settembre 2023, n. 123 (in G.U. 15/09/2023, n. 216).

Nel giudizio di rinvio, limitato alla valutazione della possibilità della confisca, il Tribunale si atterrà ai principi di diritto sopra enunciati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla confisca del denaro con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Genova.

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