Come si deve valutare la destinazione della droga se non è chiaro che si tratta di un consumo immediato?

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Cass. pen., sez. IV, 11/06/2025 (ud. 11/06/2025, dep. 26/06/2025), n. 23841 (Pres. Serrao, Rel. Ricci)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava come deve essere effettuata la valutazione in ordine alla destinazione della droga qualora la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Catania, in riforma di una sentenza emessa dal G.U.P. presso il Tribunale della medesima città, di condanna, ex art. 442 cod. proc. pen., di un imputato in ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, su appello del Procuratore Generale e dell’imputato, esclusa la recidiva e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena inflitta in anni 1 e mesi 4 di reclusione e euro 4000,00 di multa.

Ciò posto, avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato, il quale deduceva vizio di motivazione in ordine alla affermazione della responsabilità.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso reputava il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la valutazione, in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, deve essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (tra le tante, Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018).

Difatti, per i giudici di piazza Cavour, nel caso di specie, posto che la Corte territoriale, in continuità con la sentenza di primo grado, aveva desunto la finalità illecita della detenzione dal considerevole quantitativo di sostanza stupefacente sequestrata e dal rinvenimento di strumenti di pesatura, a fronte di tale percorso argomentativo, coerente con i dati riportati e non illogico nelle inferenze tratte da tali dati, la censura, con cui si lamentava la valutazione operata dai giudici di merito, appariva non meritevole di accoglimento.

I risvolti applicativi

Fermo restando che, quando la condotta non indica chiaramente un consumo immediato, la valutazione sulla destinazione della droga spetta al giudice di merito, che deve considerare tutte le circostanze oggettive e soggettive del caso, tale valutazione può essere censurata in sede di legittimità solo se la motivazione è assente o manifestamente illogica.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 4 Num. 23841 Anno 2025

Presidente: SERRAO EUGENIA

Relatore: RICCI ANNA LUISA ANGELA

Data Udienza: 11/06/2025

Data Deposito: 26/06/2025

 SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI CATANIA

nel procedimento a carico di:

B. R. nato a … il …

avverso la sentenza del 11/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANNA LUISA ANGELA RICCI;

lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore ALDO ESPOSITO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Catania di condanna, ex art. 442 cod. proc. pen., di R. B. in ordine al delitto di cui all’ art. 73, comma 4, d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 (commesso in … il …), su appello del Procuratore Generale e dell’imputato, esclusa la recidiva e, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta in anni 1 e mesi 4 di reclusione e euro 4000,00 di multa.

Nelle sentenze di merito, conformi quanto al riconoscimento della responsabilità, i fatti sono stati descritti nel modo seguente. A seguito di una perquisizione di iniziativa effettuata dalla polizia giudiziaria nel locale bottega sito in via … nella disponibilità del padre dell’imputato, R. B., il quale vi custodiva il pesce da lui venduto giornalmente nella attigua pescheria, erano stati rinvenuti tre contenitori di plastica contenenti sostanza stupefacente del tipo marijuana e hashish (del peso lordo complessivo di 2,986 kg.) e due bilancini di precisione; l’imputato, sopraggiunto nel locale, aveva confessato, in sede di spontanee dichiarazioni, che la droga era di sua proprietà e che era stato lui ad occultarla nei contenitori per la conservazione degli alimenti.

2. Avverso la sentenza di appello, ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo difensore, formulando un unico motivo con cui ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla affermazione della responsabilità. La Corte di Appello non si sarebbe soffermata, come era stato richiesto nell’atto di impugnazione sulla qualità e commerciabilità della sostanza stupefacente e avrebbe escluso la configurabilità dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90 con motivazione illogica, in quanto fondata sul solo dato ponderale. La relazione tossicologica aveva chiarito che il 60% della sostanza stupefacente sequestrata aveva un principio attivo particolarmente esiguo, pari al 16%, e era ontologicamente incompatibile con la finalità di spaccio, tenuto conto dei criteri scientifici elaborati in materia dal dipartimento per le politiche antidroga, che indicano una soglia di principio attivo medio pari al 25 %: lo stesso imputato, in sede di spontanee dichiarazioni, aveva immediatamente riferito che l’acquisto della sostanza stupefacente risaliva ad oltre un anno e mezzo prima. Risulterebbe, dunque, irragionevole l’indicazione del numero di dosi medie singole ricavabili, dovendosi ritenere che la quantità di stupefacente concretamente idonea ad essere oggetto di cessione fosse di gran lunga inferiore a quanto indicato nel provvedimento censurato. Neppure sarebbe

sufficiente il rinvenimento di due bilancini di precisione a connotare il fatto in termini di gravità, tenuto conto dell’assenza di ulteriori elementi tali da supportare l’ipotesi della destinazione allo spaccio della sostanza, quali rapporti con clienti, ovvero divisioni in singole dosi.

3. Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto Aldo Esposito, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

4. Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.

5. A fronte della pacifica e non contestata ricostruzione dei fatti come su indicata, il motivo di ricorso, formulato, invero, in maniera perplessa, sembra incentrato su due diversi profili, ovvero sulla ritenuta finalità illecita della detenzione e sulla mancata derubricazione nella ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 /90.

5.1. Sotto il primo profilo, si deve ribadire che la destinazione della sostanza stupefacente a fini diversi dall’autoconsumo non configura una causa di non punibilità, ma è elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, sicché non è onere dell’imputato darne la prova, mentre grava sulla pubblica accusa l’onere di dimostrare la destinazione allo spaccio (Sez. 6, n. 26738 del 18/09/2020, omissis, Rv. 279614; v. anche Sez. 6, n. 11025 del 2013, Rv. 255726, quanto alla rilevanza del parametro della capacità patrimoniale, anche ai fini della precostituzione di scorte per uso personale). Si è anche affermato che la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, debba essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione (tra le tante, Sez. 4, n. 7191 del 11/01/2018, omissis, Rv. 272463). Nel caso in disamina la Corte d’Appello, in continuità con la sentenza di primo grado, ha desunto la finalità illecita della detenzione dal considerevole quantitativo di sostanza stupefacente sequestrata e dal rinvenimento di strumenti di pesatura. A fronte di tale percorso argomentativo, coerente con i dati riportati e non illogico nelle inferenze tratte da tali dati, la censura con cui si lamenta la valutazione operata dai giudici di merito appare meramente avversativa e generica e, in quanto tale, inammissibile.

5.2. Sotto il secondo profilo, si osserva che, ai fini del riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, il giudice è tenuto a valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa) (Sez. 6 n. 29132 del 09/05/2017, omissis, Rv. 270562; Sez. 6 n. 38606 dell’08/02/2018, omissis, Rv. 273823). L’orientamento è stato ribadito dalle Sezioni Unite, secondo cui il giudice, nell’affermare o negare la tipicità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90, deve dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata a solo alcuni di essi. Con la conseguenza, precisata dal Supremo Collegio, che “il percorso giustificativo deve dar conto non solo dei motivi che logicamente impongono nel caso concreto di valutare un singolo dato ostativo al riconoscimento del più contenuto disvalore del fatto, ma, altresì, di quelli per cui la carica negativa non può ritenersi bilanciata da altri elementi eventualmente indicativi, se singolarmente considerati, della sua ridotta offensività” (Sez U, n. 51063 del 27/09/2018, omissis, Rv. 274076-01).

Ciò posto, nelle sentenze di merito (che in quanto conformi possono essere valutate unitariamente) i giudici hanno posto l’accento sul quantitativo di sostanza detenuta, contenente un principio attivo pari a gr. 377,664 di THC da cui era possibile ricavare 15.067 dosi medie singole, nonché sulle circostanze dell’azione ovvero le modalità di occultamento (in contenitori separati destinati alla conservazione del cibo) e sul rinvenimento di strumenti di pesatura.

A fronte di tale percorso argomentativo, coerente con i fati di fatto esposti e non irragionevole nelle inferenze tratte da tali dati, il motivo appare aspecifico e meramente reiterativo della stessa doglianza già formulata, peraltro in termini generici, in appello, in assenza di confronto con le sentenze di primo e di secondo grado. Il ricorrente si limita a rilevare che il 60 % della sostanza aveva un principio attivo basso, ma non considera che il numero assai elevato di dosi singole è stato calcolato proprio sulla base del quantitativo di THC complessivamente rinvenuto.

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende

Così deciso in Roma 11 giugno 2025.

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