Ai fini del diniego della sospensione condizionale, il giudice può considerare una sentenza di patteggiamento come precedente penale?

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Cass. pen., sez. IV, 18/09/2025 (ud. 18/09/2025, dep. 15/10/2025), n. 33884 (Pres. Serrao, Rel. Ranaldi)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se, ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, il giudicante possa valutare il precedente penale costituito da sentenza di applicazione della pena.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Brescia confermava la declaratoria di responsabilità dell’imputato in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186, commi 2, 2-bis e 2-sexies, cod. strada.

Ciò posto, avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, il giudicante può valutare il precedente penale costituito da sentenza di applicazione della pena, valutabile anche nell’ipotesi in cui sia già intervenuta, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen.[1], l’estinzione del reato cui essa si riferisce (Sez. 3, n. 43095 del 12/10/2021).

I risvolti applicativi

Ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, il giudice può considerare anche una sentenza di patteggiamento, anche se il reato risulti estinto ex art. 445, comma 2, c.p.p..

[1]Ai sensi del quale: “Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l’applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 4 Num. 33884 Anno 2025

Presidente: SERRAO EUGENIA

Relatore: RANALDI ALESSANDRO

Data Udienza: 18/09/2025

Data Deposito: 15/10/2025

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

T. A. nato in … il …

avverso la sentenza del 02/10/2024 della Corte d’appello di Brescia.

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Alessandro Ranaldi;

lette le conclusioni del P.G.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 2.10.2024, la Corte di appello di Brescia, per quanto qui rileva, ha confermato la declaratoria di responsabilità di Al. T. in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186, commi 2, 2-bis e 2-sexies, cod. strada (fatto del 13.4.2021).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando quanto segue.

I) Violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Deduce che la Corte di appello, in proposito, abbia erroneamente valorizzato le modalità del fatto ed il recente precedente specifico.

Quanto al precedente specifico, osserva che si tratta di un fatto commesso nel giugno 2016 e dichiarato estinto il 16.4.2019 con esito positivo della messa alla prova.

Quanto alle modalità del fatto, rileva che si tratta di un richiamo tautologico agli elementi costitutivi della contravvenzione contestata (elevato tasso alcolemico e causazione di un incidente stradale). Peraltro, il fatto presenta aspetti di obiettiva tenuità, non essendo state coinvolte persone ed essendo conseguiti al sinistro modesti danni a cose, integralmente risarciti.

Osserva, infine, che i giudicanti non hanno tenuto conto della valenza della applicata revoca della patente, che rende obiettivamente impossibile per il prevenuto la reiterazione della condotta per diversi anni.

II) Violazione di legge, questione di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 222, comma 2, quarto periodo e 186, comma 2-bis, cod. strada.

Deduce come la sanzione accessoria della revoca della patente sia un provvedimento estremamente afflittivo, anche a fronte di obiettive esigenze lavorative e familiari dell’imputato.

Solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, con riferimento alla riserva di giurisdizione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale di cui all’art. 13 Cost., in uno con la considerazione della grave compromissione di libertà fondamentali (art. 27, commi 1 e 3, Cost.), quali il diritto al lavoro e la libertà di circolare liberamente, con particolare riguardo al suo automatismo applicativo.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

4. La difesa del ricorrente ha depositato memoria con cui insiste per l’accoglimento del ricorso.

5. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

5.1. Il primo motivo non considera la costante giurisprudenza secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena, anche dopo l’introduzione dell’art. 115-bis cod. proc. pen., teso a rafforzare la presunzione di innocenza in favore dell’indagato e dell’imputato, il giudice può fondare il giudizio prognostico di cui all’art. 164, comma primo, cod. pen. sulla capacità a delinquere dell’imputato desunta anche dai precedenti giudiziari ex art. 133, comma secondo, n. 2), cod. pen., afferendo i medesimi, indipendentemente dall’essersi tradotti in una condanna definitiva, alla condotta e alla vita del reo, antecedenti al reato (Sez. 7, n. 30345 del 07/06/2023, omissis, Rv. 285098 – 01). Inoltre, ai fini della revoca del beneficio della sospensione condizionale, il giudice può sempre valutare il precedente giudiziario in cui sia intervenuta declaratoria di “estinzione della pena e di ogni altro effetto penale” ai sensi dell’art. 47 ord. pen., a seguito dell’esito positivo dell’affidamento in prova al servizio sociale, cui il condannato stesso era stato ammesso (cfr. Sez. 1, n. 40824 del 14/06/2022, omissis, Rv. 283675 – 01). Analogamente, ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena, il giudicante può valutare il precedente penale costituito da sentenza di applicazione della pena, valutabile anche nell’ipotesi in cui sia già intervenuta, ai sensi dell’art. 445, comma 2, cod. proc. pen., l’estinzione del reato cui essa si riferisce (Sez. 3, n. 43095 del 12/10/2021, omissis, Rv. 282377 – 01). Più in generale, in tema di sospensione condizionale della pena, il giudice può legittimamente trarre elementi di valutazione per escludere la concessione del beneficio anche da reati contestati come commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, che, pur accertati, sono stati dichiarati prescritti, in quanto, con l’estinzione del reato, viene meno il rapporto penale, ma non il fatto storico che lo costituisce (Sez. 3, n. 23928 del 16/02/2021, L., Rv. 281425 – 01).

Pertanto, l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova costituisce comunque un precedente giudiziario di cui il giudice può tenere conto ai fini del giudizio prognostico sul beneficio.

Nel caso, peraltro, il precedente specifico era di pochi anni prima (2016) del fatto e la Corte distrettuale, nel negare il beneficio, ha esaurientemente e logicamente considerato le concrete peculiarità del fatto ascritto al prevenuto, caratterizzato da particolare gravità in ragione della perdita di controllo del veicolo in prossimità di una abitazione privata, situazione da cui erano derivati danni agli infissi esterni ed al portone di ingresso dell’abitazione ma anche un potenziale pericolo per l’incolumità delle persone. Sotto questo profilo, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, il richiamo alle concrete modalità del fatto da parte dei giudici di merito non si limita a richiamare gli elementi costitutivi della contravvenzione in contestazione ma argomenta puntualmente in ordine alle specificità del fatto storico oggetto di accertamento.

5.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato, oltre che reiterativo della questione di legittimità costituzionale già prospettata in sede di appello e comunque già dichiarata infondata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 194/2023. I profili di incostituzionalità ulteriormente prospettati dal ricorrente appaiono manifestamente infondati, atteso che la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente non attiene in alcun modo alla riserva di giurisdizione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale di cui all’art. 13 Cost. ed il richiamo alla grave compromissione di libertà fondamentali di cui all’art. 27 Cost. appare incongruo rispetto alla questione devoluta.

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 18 settembre 2025

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