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Quando gli atti preparatori sono sufficienti per configurare il tentativo?

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Cass. pen., sez. II, 31/05/2024 (ud. 31/05/2024, dep. 25/07/2024), n. 30579 (Pres. Verga, Rel. Nicastro)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando gli atti preparatori sono sufficienti per configurare il tentativo.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Perugia, in accoglimento di una richiesta di riesame, annullava un’ordinanza con la quale il G.i.p. del Tribunale di Terni aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona gravemente indiziata del delitto di tentata rapina aggravata in concorso con un altro individuo.

Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, il quale deduceva erronea applicazione dell’art. 56 cod. pen. e mancanza e contraddittorietà della motivazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto fondato ritenendo come il giudice di merito non avesse correttamente applicato il principio di diritto secondo cui, per la configurabilità del tentativo, rilevino non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo (Sez. 2, n. 46776 del 20/11/2012).

I risvolti applicativi

Per configurare il tentativo, non sono necessari solo atti esecutivi, ma bastano anche atti preparatori che mostrino chiaramente che l’agente ha messo in atto un piano criminoso dettagliato, con una significativa probabilità di successo, e che il delitto verrà commesso, salvo il verificarsi di imprevisti indipendenti dalla sua volontà.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 30579 Anno 2024

Presidente: VERGA GIOVANNA

Relatore: NICASTRO GIUSEPPE

Data Udienza: 31/05/2024

Data Deposito:25/07/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PERUGIA

nel procedimento a carico di:

M. M., nato a … il …

avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del Tribunale di Perugia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale GIULIO ROMANO, il quale ha chiesto che l’ordinanza impugnata venga annullata con rinvio;

udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE NICASTRO.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 06/02/2024, il Tribunale di Perugia, in accoglimento della richiesta di riesame che era stata presentata da M. M., annullava l’ordinanza del 19/01/2024 con la quale il G.i.p. del Tribunale di Terni aveva disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del M. per essere egli gravemente indiziato del delitto di tentata rapina aggravata in concorso (con A. C.) ai danni di un istituto di credito, reato commesso in Terni il 16/01/2024.

Il Tribunale di Perugia annullava l’ordinanza applicativa della misura cautelare perché riteneva che le azioni che erano state compiute dal M. non avessero raggiunto la soglia del tentativo punibile, «in mancanza, sul piano fattuale, della integrazione, sia pure in minima parte, di atti tipici del delitto perseguito».

In particolare, secondo il Tribunale di Perugia, non vi sarebbe stata «prova alcuna della predisposizione, nel caso specifico, di un piano definito nel dettaglio e neppure della precisa individuazione dell’obiettivo dell’azione criminosa […]. Si ipotizza, invero, che gli indagati volessero colpire un istituto di credito (non specificamente individuato) posto nelle vicinanze del luogo nel quale hanno arrestato l’autovettura (Via F.), poiché in precedenza avevano effettuato “due giri” passando per una strada lungo la quale si collocano i locali di due banche.

Non può pertanto affermarsi, con sufficiente univocità, che gli indagati, quando la polizia giudiziaria è intervenuta, avessero già iniziato ad attuare un piano definito e che il delitto, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla loro volontà, si sarebbe verificato, con significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato».

2. Avverso tale ordinanza del 06/02/2024 del Tribunale di Perugia, ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione dell’art. 56 cod. pen. e, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen., la mancanza e la contraddittorietà della motivazione.

Quanto all’erronea applicazione dell’art. 56 cod. pen., il ricorrente deduce la configurabilità del delitto di tentata rapina «in quanto gli atti preparatori posti in essere nel caso in esame vanno individuati, non solo in quelli posti in essere il giorno dell’arresto, già di per sé univoci e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto, ma anche in quelli posti in essere in precedenza con particolare riferimento alla circostanza che gli indagati avevano provveduto a predisporre l’autovettura Fiat 500 X per commettere un altro delitto, cambiandone la targa il 12.12.2023 e prelevandola dal luogo dove l’avevano parcheggiata solo allorché […] decidono di porre effettivamente in essere un altro reato». Il

ricorrente sottolinea altresì che «il fatto che gli indagati avessero già indossato i guanti al momento dell’arresto, fa ritenere fondatamente che gli stessi avessero concretamente dato inizio all’esecuzione del piano criminoso».

Quanto alla contraddittorietà della motivazione, il ricorrente deduce che le conclusioni alle quali è pervenuto il Tribunale di Perugia sarebbero inconciliabili con le premesse costituite dal complessivo quadro probatorio, dal quale risultava che «gli indagati erano stati sorpresi nella predisposizione puntuale e dettagliata di un piano criminoso e nella fase iniziale della sua attuazione, posto che […] entrambi gli indagati si erano spostati a bordo di un’autovettura già utilizzata ed alla quale avevano cambiato in precedenza la targa, indossavano già i guanti e si erano appena fermati, come avevano previsto di fare, per poi mascherarsi e dirigersi a piedi verso il luogo della rapina».

Quanto alla mancanza della motivazione, il ricorrente lamenta che il Tribunale di Perugia, «pur dando atto dell’intervenuta ordinanza cautelare a carico di entrambi gli indagati per fatti di rapina commessi in date antecedenti e con le stesse modalità, in alcun modo si confronta con il compendio probatorio che supporta tale provvedimento».

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’unico motivo è fondato atteso che il Tribunale di Perugia non ha fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla Corte di cassazione in tema di configurabilità del delitto tentato.

2. A tale proposto, si deve rammentare che, per quanto concerne il requisito dell’idoneità degli atti, l’opinione maggioritaria della giurisprudenza di legittimità è nel senso che un atto può essere ritenuto idoneo quando, valutato ex ante e in concreto (criterio cosiddetto della prognosi postuma), ossia tenendo conto di tutte le circostanze conosciute e conoscibili e non di quelle oggettivamente presenti e  conosciute dopo, il giudice, sulla base della comune esperienza dell’uomo medio, possa ritenere che gli atti – indipendentemente dall’insuccesso determinato da fattori estranei – erano tali da ledere, ove portati a compimento, il bene giuridico tutelato dalla norma violata.

L’idoneità degli atti non va, infatti, valutata con riferimento a un criterio probabilistico di realizzazione dell’intento delittuoso, bensì in relazione alla possibilità che alla condotta consegua lo scopo che l’agente si propone, configurandosi invece un reato impossibile per inidoneità degli atti, ai sensi dell’art. 49 cod. pen., in presenza di un’inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato, che sia assoluta e indipendente da cause estranee ed estrinseche, ove l’azione, valutata ex ante e in relazione alla sua realizzazione secondo quanto originariamente voluto dall’agente, risulti del tutto priva della capacità di attuare il proposito criminoso (Sez. 6, n. 17988 del 06/02/2018, omissis, Rv. 272810-01; Sez. 1, n. 36726 del 02/07/2015, L.M., Rv. 264567-01).

Per quanto riguarda, invece, la nozione di univocità degli atti, secondo la tesi cosiddetta soggettiva, che è quella prevalente nella giurisprudenza di legittimità, l’atto preparatorio può integrare gli estremi del tentativo punibile quando sia idoneo e diretto in modo non equivoco alla consumazione di un reato, ossia qualora abbia la capacità, sulla base di una valutazione ex ante e in relazione alle circostanze del caso, di raggiungere il risultato prefisso e a tale risultato sia univocamente diretto (Sez. 2, n. 40702 del 30/09/2009, omissis, Rv. 245123-01); la prova del requisito dell’univocità dell’atto (da considerare quale parametro probatorio) può essere raggiunta non solo sulla base dell’atto in sé considerato, ma anche aliunde e, quindi, anche sulla base di semplici atti “preparatori” che rivelino la finalità dell’agente e addirittura l’imminente passaggio alla fase esecutiva del delitto, ma non ne postulino necessariamente l’avvio.

Si deve quindi ritenere che, per la configurabilità del tentativo, rilevino non solo gli atti esecutivi veri e propri, ma anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano criminoso in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia la significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso, salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo (Sez. 2, n. 46776 del 20/11/2012, omissis, Rv. 254106-01).

3. Il Collegio ritiene che il Tribunale di Perugia, pur avendo richiamato quest’ultimo principio, non ne abbia fatto corretta applicazione al caso di specie.

Il compendio accusatorio, quale emerge dalla stessa ordinanza impugnata, evidenziava infatti come i due indagati M. M. e A. C.: a) dopo essersi recati da Napoli, dove risiedono, a Perugia, si fossero poi portati a Terni utilizzando proprio l’autovettura Fiat 500 X della quale si erano già serviti per compiere le tre precedenti rapine (sempre in Umbria e sempre ai danni di istituti di credito) del 26/07/2023, del 02/10/2023 e del 10/11/2023 – e mai per compiere dei meri sopralluoghi – e alla quale avevano in precedenza (il 12/12/2023) apposto una targa contraffatta; b) come risultava dalle intercettate conversazioni avvenute a bordo della Fiat 500 X, durante il tragitto da Perugia a Terni, avessero manifestato l’intenzione di commettere una rapina in Terni ai danni di una banca e ne avessero pianificato le modalità di esecuzione; c) come risultava sempre dalle menzionate intercettate conversazioni, giunti a Terni, avessero percorso per due volte la via P., dove sono ubicate le filiali di due istituti di credito, formulando apprezzamenti al riguardo («questa mi piace», secondo l’ordinanza impugnata; «la C…. mi piace» secondo il ricorrente), così mostrando – diversamente da quanto è stato reputato, in modo che si ritiene manifestamente illogico, dal Tribunale di Perugia – come avessero individuato l’obiettivo della programmata azione criminosa; d) al momento del loro arresto in via Foscolo, nelle vicinanze di via Pascarella (gli indagati avevano programmato di parcheggiare a distanza dall’obiettivo” e di raggiungerlo poi a piedi), avessero già provveduto a indossare guanti in lattice – circostanza, questa, che il Tribunale di Perugia, pur avendone dato atto a pag. 2 dell’ordinanza impugnata, ha poi del tutto illogicamente omesso di considerare nella parte motiva della stessa ordinanza – e fossero risultati in possesso dei medesimi strumenti (oltre ai guanti in lattice: un punteruolo, strumento che era stato utilizzato per commettere le rapine del 02/10/2023 e del 10/11/2023); delle maschere in lattice, le quali erano state utilizzate per travisarsi in tutte e tre le precedenti rapine; delle fascette da elettricista, analoghe a quelle che erano state utilizzate, sempre nelle tre precedenti rapine, per immobilizzare i dipendenti degli istituti di credito rapinati) dei quali, appunto, si erano serviti per commettere le precedenti tre rapine.

4. Alla luce di quanto si è esposto, si deve ritenere che il Tribunale di Perugia:

a) da un lato, abbia erroneamente reputato che, per ritenere la configurabilità del tentativo, sia necessaria l’«integrazione, sia pure in minima parte, di atti tipici del delitto perseguito»; b) dall’altro lato – posto che, invece, come si è detto, per la configurabilità del tentativo rilevano anche quegli atti che, pur classificabili come preparatori, facciano fondatamente ritenere che l’agente, avendo definitivamente approntato il piano in ogni dettaglio, abbia iniziato ad attuarlo, che l’azione abbia significativa probabilità di conseguire l’obiettivo programmato e che il delitto sarà commesso (salvo il verificarsi di eventi non prevedibili indipendenti dalla volontà del reo) – abbia in modo manifestamente illogico reputato che, considerato il complessivo compendio probatorio che si è indicato al punto 3, i due indagati non avessero approntato il proprio piano criminoso in ogni dettaglio, compresa l’individuazione dell – obiettivo” della rapina, e non avessero iniziato ad attuarlo, avendo anche indossato i guanti in lattice a ciò necessari, con la più che significativa probabilità che, se essi non fossero stati arrestati, la loro azione avrebbe conseguito l’obiettivo programmato di assaltare una delle due filiali di istituti di credito esistenti in via P. e che la rapina sarebbe stata commessa.

5. Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Perugia, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen., per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Perugia competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.

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