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Utilizzabilità delle dichiarazioni spontanee nel rito abbreviato

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Cass. pen., sez. II, 28/06/2023 (ud. 28/06/2023, dep. 13/10/2023), n. 41705 (Pres. Beltrani, Rel. Florit)

Indice

La questione giuridica

Come già enunciato nel titolo, la questione, o meglio una delle questioni giuridiche affrontate dalla Cassazione nella pronuncia qui in commento, riguardava se, in tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta ad indagini nell’immediatezza dei fatti siano pienamente utilizzabili.

Difatti, nel procedimento in occasione del quale è stata emessa la pronuncia qui in commento, in relazione ad una sentenza emessa dalla Corte di Appello di Messina, confermativa di una pronuncia emessa dal Tribunale della medesima città, il difensore dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, deduceva omessa e contraddittoria sull’utilizzabilità delle dichiarazioni auto-indizianti rese dall’imputato.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere il motivo summenzionato, rispondeva alla questione giuridica summenzionata, richiamando quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta ad indagini nell’immediatezza dei fatti sono pienamente utilizzabili purché siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne icontenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità di polizia.

I risvolti applicativi

In tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta ad indagini nell’immediatezza dei fatti sono pienamente utilizzabili purché siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne icontenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità di polizia.

Di conseguenza, ove sia compiuta siffatta verbalizzazione, è sconsigliare eccepire l’inutilizzabilità di queste dichiarazioni.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 41705 Anno 2023

Presidente: BELTRANI SERGIO

Relatore: FLORIT FRANCESCO

Data Udienza: 28/06/2023

Data Deposito: 13/10/2023

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P. D. nato a … il …

avverso la sentenza del 28/11/2022 della CORTE di APPELLO di MESSINA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO FLORIT;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore FELICETTA MARINELLI che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso

Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art 23. Comma 8 D.L. 137/2020.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 28 novembre 2022 la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Messina in data 8 giugno 2022 aveva condannato l’imputato alla pena di giustizia per i reati di danneggiamento e di porto di arma.

2. Impugnando la sentenza, la difesa dell’imputato formula quattro motivi di ricorso qui sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 att. cod. proc. pen.

2.1 Ilprimo motivo lamenta omessa e contraddittoria motivazione (art. 606 lett. e c.p.p.) sull’utilizzabilità delle dichiarazioni autoindizianti rese dall’imputato.

2.2 Il secondo motivo lamenta violazione di legge e carenza di motivazione in relazione alla applicazione della aggravante della esposizione della vettura danneggiata alla pubblica fede.

2.3 Il terzo motivo lamenta violazione di legge e carenza di motivazione in relazione alla dichiarazione di responsabilità del reato sub B, basata esclusivamente su dichiarazioni autoindizianti non utilizzabili.

2.4 II quarto motivo lamenta la carenza di motivazione in relazione alla richiesta del minimo della pena.

3. Con memoria inviata per mail il Procuratore Generale ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza di tutti i motivi che hanno altresì natura sostanzialmente ripetitiva di analoghe doglianze già sollevate in atto di appello ed alle quali la Corte di appello aveva fornito adeguata risposta.

Seguendo l’ordine sopra riportato, la Corte osserva quanto segue.

1.1 II principio che governa l’utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni fornite dall’imputato stesso in caso di giudizio abbreviato è stato compiutamente illustrato tanto in primo grado come in grado di appello. Ai precedenti giurisprudenziali ivi indicati si può ora aggiungere nello stesso solco, la sentenza Sez. 6, n. 10685 del 19/01/2023 omissis Rv. 284466 – 02, ove di chiarisce che «in tema di giudizio abbreviato, le dichiarazioni spontanee rese alla polizia giudiziaria dalla persona sottoposta ad indagini nell’immediatezza dei fatti sono pienamente utilizzabili purché siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne icontenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da parte dell’autorità di polizia».

Né si può escludere l’applicazione al caso concreto del principio sopra esposto per mancanza di spontaneità derivante, come si sostiene nel ricorso, dalle condizioni di obnubilamento psichico in cui versava l’imputato al momento del fatto e nelle fasi seguenti, tanto da ‘meritare’ l’applicazione della attenuante ex art.89 c.p.. Infatti, la spontaneità delle dichiarazioni rese alle forze dell’ordine ex art.350 comma 7 cod. proc. pen. si riferisce non alla volontarietà delle stesse quanto alla assenza di induzione o di sollecitazioni da parte delle forze dell’ordine che ricevono le propalazioni da parte dell’imputato. Circostanza che nel caso concreto non è nemmeno contestata dalla difesa e che comunque va esclusa, come accertato dai giudici di merito con valutazione che in questa sede non può essere contestata.

1.2 Meramente ripetitivo e quindi aspecifico, oltreché manifestamente infondato alla luce della giurisprudenza di legittimità è pure il secondo motivo. La circostanza che il danneggiamento sia avvenuto sotto gli occhi del proprietario del bene (che assisteva alla scena dal balcone prospiciente la via ove la propria vettura era parcheggiata) non esclude l’aggravante in considerazione della concreta impossibilità di un immediato intervento a protezione del bene. È infatti la concreta possibilità di proteggere adeguatamente il bene, piuttosto che la collocazione del bene in area pubblica o aperta al pubblico, alla radice della aggravante (ex multis, Sez. 4, n. 5778 del 12/11/2020 omissis Rv. 280913 – 01). Nel caso concreto, la persona offesa non poteva prevenire l’azione dannosa pur assistendovi, vuoi per la distanza dalla res, vuoi per la rapidità del gesto, vuoi, infine, per il pericolo all’incolumità personale che l’intervento avrebbe potuto comportare a fronte di una azione perpetrata da persona armata in stato di agitazione.

1.3 Generico per ripetitività e manifestamente infondato è anche il terzo motivo.

Già è stato chiarito il profilo inerente alla utilizzabilità delle spontanee dichiarazioni dell’imputato.

Occorre peraltro aggiungere che, a ben vedere, l’accertamento sulle modalità del danneggiamento da parte dell’imputato e sull’uso di un coltello immediatamente rinvenuto dalle forze dell’ordine al momento dell’accesso è frutto, nella sentenza di primo grado, della analisi delle dichiarazioni della persona offesa (che ha visto l’imputato danneggiare la vettura “con qualcosa che teneva in mano”) unitamente alla contestualità del rinvenimento dell’arma.

Un accertamento che, né nell’atto di appello né nel ricorso in cassazione viene, sotto questo profilo, contestato, con conseguente inammissibilità del relativo motivo in quanto aspecifico.

1.4 Infine, anche il quarto motivo è manifestamente infondato a fronte della assoluta genericità del motivo di ricorso inerente la pena che, riportando la prece già svolta nell’atto di appello, invocava un trattamento più mite “in ragione delle gravi e particolari condizioni di salute del Parisi” senza nemmeno confrontarsi con quel passaggio della motivazione di primo grado che, proprio per la riconosciuta sussistenza dei problemi psichici dell’imputato, aveva riconosciuto la circostanza del vizio parziale di mente ex art.89 c.p..

2. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 28 giugno 2023

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