Quando si può impugnare in Cassazione una sentenza ai sensi dell’art. 599-bis c.p.p.?

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Cass. pen., sez. II, 16/10/2025 (ud. 16/10/2025, dep. 23/10/2025), n. 34670 (Pres. Ariolli, Rel. Leopizzi)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è ammissibile il ricorso in Cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen..

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Bari, in parziale riforma di una pronuncia emessa dal Tribunale di Foggia, rideterminava la pena ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., revocando l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e confermando nel resto, per il delitto di tentata estorsione in concorso.

Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva in Cassazione il difensore dell’accusato il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge, in relazione alla mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso riteneva i motivi suesposti infondati.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di concordato in appello, il ricorso in Cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo qualora deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018), alle questioni rilevabili d’ufficio (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018), all’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018), all’insussistenza di circostanze aggravanti (Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018) e alla qualificazione giuridica del fatto, necessariamente condivisa dalle parti richiedenti il concordato, al pari di ogni altro elemento influente sul calcolo della pena (Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019) posto che, in conseguenza dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 5, n. 46850 del 11/11/2022).

I risvolti applicativi

In tema di concordato in appello, il ricorso in Cassazione contro la sentenza ex art. 599-bis c.p.p.[1] è ammissibile solo se riguarda la formazione della volontà della parte di accedere al concordato, il consenso del Procuratore generale e il contenuto difforme della pronuncia del giudice mentre sono invece inammissibili le doglianze su motivi rinunciati, condizioni di proscioglimento, questioni rilevabili d’ufficio, nullità o inutilizzabilità delle prove, circostanze aggravanti e qualificazione giuridica del fatto, che devono essere condivise dalle parti in quanto, una volta rinunciati i motivi di appello, il giudice conosce solo quelli non rinunciati.

[1]Ai sensi del quale: “1. Le parti possono dichiarare di concordare sull’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l’accoglimento comportano una nuova determinazione della pena o la sostituzione della pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il pubblico ministero, l’imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d’accordo. La dichiarazione e la rinuncia sono presentate nelle forme previste dall’articolo 589 e nel termine, previsto a pena di decadenza, di quindici giorni prima dell’udienza. Nell’ipotesi di sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 598-bis, ma il consenso dell’imputato è espresso, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni prima dell’udienza. 3. Quando procede nelle forme di cui all’articolo 598-bis, la corte, se ritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone che l’udienza si svolga con la partecipazione di queste e indica se l’appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall’articolo 127. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato alle altre parti. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte in udienza. 3-bis. Quando procede con udienza pubblica o in camera di consiglio con la partecipazione delle parti, la corte, se ritiene di non poter accogliere la richiesta concordata tra le parti, dispone la prosecuzione del giudizio. 3-ter. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se la corte decide in modo difforme dall’accordo. 4. Fermo restando quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 53, il procuratore generale presso la corte di appello, sentiti i magistrati dell’ufficio e i procuratori della Repubblica del distretto, indica i criteri idonei a orientare la valutazione dei magistrati del pubblico ministero nell’udienza, tenuto conto della tipologia dei reati e della complessità dei procedimenti”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 34670 Anno 2025

Presidente: ARIOLLI GIOVANNI

Relatore: LEOPIZZI ALESSANDRO

Data Udienza: 16/10/2025

Data Deposito: 23/10/2025

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta da

– Presidente –

GIUSEPPE NICASTRO

MARZIA MINUTILLO TURTUR

ALESSANDRO LEOPIZZI

FABIO MOSTARDA

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di

S. M., nato a … l’…

avverso la sentenza del 15 novembre 2024 della Corte di appello di Bari

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Alessandro Leopizzi;

lette le richieste del Sostituto Procuratore generale Marco Patarnello, che ha concluso

chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;

lette le note di trattazione del difensore del ricorrente, avv. V. C., che ha insistito per l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 13 febbraio 2020 dal Tribunale di Foggia nei confronti di M. S., ha rideterminato la pena ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., revocando l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e confermando nel resto, per il delitto di tentata estorsione in concorso.

2. Ha proposto ricorso per cassazione M. S., a mezzo del proprio difensore, articolando tre motivi di impugnazione, che qui si riassumono nei termini di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge, in relazione alla mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

2.2. Contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ribadita affermazione di responsabilità.

2.3. Illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.

3. Si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il secondo e il terzo motivo – da esaminare preliminarmente, per ragioni di chiarezza espositiva – non sono consentiti.

In tema di concordato in appello, il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen. è ammissibile solo qualora deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato in appello, al consenso del Procuratore generale sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, omissis, Rv. 272969-01), alle questioni rilevabili d’ufficio (Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, omissis, Rv. 273194-01), all’insussistenza di cause di nullità assoluta o di inutilizzabilità delle prove (Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, omissis, Rv. 272853-01), all’insussistenza di circostanze aggravanti (Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, omissis, Rv. 273755-01) e alla qualificazione giuridica del fatto, necessariamente condivisa dalle parti richiedenti il concordato, al pari di ogni altro elemento influente sul calcolo della pena (Sez. 6, n. 4665 del 20/11/2019, dep. 2020, omissis, Rv. 278114-01).

Invero, in conseguenza dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (Sez. 5, n. 46850 del 11/11/2022, omissis, Rv. 283878-01).

3. Per quel che attiene al primo motivo, giova osservare, in linea generale, come, nei confronti della sentenza resa all’esito di concordato in appello, sia, invece, proponibile il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione maturata anteriormente alla pronuncia di tale sentenza (Sez. U, n. 19415 del 27/10/2022, dep. 2023, omissis, Rv. 284481-01. È stato poi condivisibilmente ribadito da Sez. 5, n. 6991 del 13/11/2023, dep. 2024, omissis, Rv. 285974-01, che l’accordo delle parti non implica rinuncia alla prescrizione di uno dei reati, né essa può essere desunta dall’inclusione di tale reato nel calcolo della pena, posto che, ai sensi dell’art. 157, settimo comma, cod. proc. pen., la rinuncia deve avere forma espressa, che non ammette equipollenti).

Nondimeno, nonostante la astratta deducibilità della questione in questa sede di legittimità, occorre ulteriormente precisare come, nel caso di specie, le censure in ordine all’omesso rilievo ex officio, da parte del giudice di merito, della prescrizione asseritamente già maturata appaiano, comunque, sollevate in maniera oltremodo generica nell’atto di ricorso, senza ulteriori chiarimenti neppure nelle brevissime note difensive.

Tali doglianze, al contrario, avrebbero dovuto essere adeguatamente precisate, mediante una compiuta rappresentazione dell’intera sequela procedimentale (cfr., in tema di aspecificità dell’eccezione di prescrizione, il cui accertamento non è frutto del mero computo aritmetico del relativo termine sul calendario, poiché la prescrizione è un evento giuridico e non un mero fatto naturale e implica, pertanto, la risoluzione di plurime questioni di diritto e di fatto, onde il suo accertamento non è frutto di un semplice computo aritmetico, Sez. 4, n. 13353 del 19/03/2025, omissis, Rv. 287951-01; Sez. 5, n. 12093 del 20/01/2021, F., Rv. 280735-01; Sez. 2, n. 35791 del 29/05/2019, omissis, Rv. 277495-01; sugli oneri di allegazione in ordine al computo del decorso del termine, cfr. Sez. 3, n. 4422 del 18/12/2024, dep. 2025, omissis, Rv. 287428-01; Sez. 3, n. 27061 del 05/03/2014, omissis, Rv. 259181-01).

Al contrario, il ricorrente – senza far cenno ad eventi sospensivi e interruttivi ovvero, in genere, alla vicenda processuale – si è limitato a richiamare, stringatamente, il tempus commissi delicti e profili circostanziali di cui pure si era tenuto conto nell’accordo delle parti, ex art. 62, n. 6, cod. pen., ovvero altri inconferenti spunti di riflessione (la giovane età dell’imputato all’epoca dei fatti), in ordine ai quali la Corte territoriale aveva già ravvisato la preclusione derivante dalla sopravvenuta inammissibilità dei motivi di gravame oggetto di rinuncia.

Il motivo risulta, dunque, insuperabilmente generico, per aspecificità di formulazione. 4. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così è deciso, 16/10/2025

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