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Quando si consuma il delitto di peculato?

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Cass. pen., sez. VI, 27/02/2024 (ud. 27/02/2024, dep. 28/03/2024), n. 13049 (Pres. Criscuolo, Rel. Giorgi)

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 314)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava quando possa ritenersi consumato il delitto di peculato.

Ma, prima di vedere come la Suprema Corte ha affrontato tale questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Vicenza dichiarava gli imputati colpevoli di avere commesso i reati di falso ideologico nella redazione di verbali di perquisizione (capo A2), induzione indebita a dare o promettere utilità (capo B), peculato (capo C), illecita detenzione e acquisto di stupefacente (capi D e E), falso per soppressione di verbali di perquisizione (capo Gl) e omissione di atti di ufficio (capi G2 e G3), condannandoli alla pena di anni due e mesi sette di reclusione ed  euro mille di multa ciascuno, con interdizione dai pubblici uffici per la durata di due anni.

Ciò posto, avverso questa decisione ambedue gli accusati proponevano ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, uno di questi deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di peculato di cui al capo C), per avere ritenuto la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie nella condotta contestata nel caso di specie, pur ammettendo che la stessa non aveva prodotto alcun danno patrimoniale, tenuto conto altresì del fatto che, anche riconoscendo al reato di peculato natura plurioffensiva, non era possibile prescindere da un danno di natura economica, generato dall’appropriazione di un bene che appartenga alla P.A. o ad altri.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La doglianza summenzionata era stimata infondata dato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, il peculato si consuma nel momento in cui ha luogo l’appropriazione della res o del danaro da parte dell’agente, la quale, anche quando non arreca, per qualsiasi motivo, danno patrimoniale alla P.A., è comunque lesiva dell’ulteriore interesse tutelato dall’art. 314 cod. pen. che si identifica nella legalità, imparzialità e buon andamento del suo operato (Sez. U, n. 38691 del 25/06/2009), fermo restando che, nella medesima prospettiva ermeneutica, inoltre, si è affermato (Sez. 6, n. 12611 del 25/02/2010) che non può essere un atto consapevolmente illecito (quale la mancata formale redazione di un verbale di sequestro) a vanificare o dissolvere una situazione di fatto che si è già compiutamente realizzata, con l’apprensione della sostanza stupefacente da parte della Polizia giudiziaria, ciò che appunto determina immediatamente il possesso dell’amministrazione, il quale a sua volta impone la successiva gestione del bene secondo le pertinenti disposizioni normative del caso.

Ciò che rileva è dunque, per la Corte di legittimità, unicamente il fatto che quella sostanza, una volta sottoposta a sequestro, doveva rimanere nella sfera di esclusiva disponibilità dell’Amministrazione fino al momento in cui, esperiti gli accertamenti ed effettuate le valutazioni di legge, ne fosse stata ritualmente disposta la distruzione (Sez. 6, n. 30141 del 04/06/2015).

Tal che se ne faceva derivare, in relazione al caso in esame, che integra il delitto di peculato anche l’appropriazione di cose il cui commercio è vietato.

I risvolti applicativi

Il reato di peculato si consuma quando l’agente si appropria della res o del denaro, danneggiando l’interesse alla legalità, imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, anche se non causa danno patrimoniale.

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