Cass. pen., sez. II, 26/09/2024 (ud. 26/09/2024, dep. 21/11/2024), n. 42759 (Pres. Verga, Rel. Minutillo Turtur)
Indice
- La questione giuridica
- Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
- I risvolti applicativi
- Sentenza commentata
La questione giuridica
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando il delitto di invasione di terreni o edifici ha natura permanente.
Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.
Il Tribunale di Napoli, sezione del riesame provvedimenti cautelari reali, confermava un provvedimento di sequestro preventivo del G.i.p. della medesima città che era stato impugnato, con richiesta di restituzione di quanto in sequestro, dall’indagato, in relazione alla imputazione provvisoria di cui agli artt. 633, 639-bis cod. pen..
Ciò posto, avverso questa decisione ricorreva per Cassazione il difensore che, con un unico motivo, deduceva violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p. per erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 633 c.p..
Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
Gli Ermellini ritenevano il ricorso suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano i giudici di piazza Cavour ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il delitto di invasione di terreni o edifici ha natura permanente quando l’occupazione si protrae nel tempo, determinando una immanente limitazione della facoltà di godimento spettante al titolare del bene (Sez. 2, n. 46692 del 02/10/2019, che ha precisato che il termine di prescrizione comincia a decorrere nel momento in cui l’immobile viene riconsegnato al legittimo proprietario; in termini sostanzialmente sovrapponibili anche Sez. 2, n. 40771 del 19/07/2018, che ha chiarito che quando la protrazione della occupazione si protragga dopo la sentenza di condanna in primo grado, tale comportamento dà luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell’invasione, ma si sostanzia nella protrazione della occupazione, con decorrenza del termine di prescrizione dalla data della condanna).
I risvolti applicativi
Il delitto di invasione di terreni o edifici è permanente quando l’occupazione dura nel tempo, limitando continuamente il diritto di godimento del proprietario.
Sentenza commentata
Penale Sent. Sez. 2 Num. 42759 Anno 2024
Presidente: VERGA GIOVANNA
Relatore: MINUTILLO TURTUR MARZIA
Data Udienza: 26/09/2024
Data Deposito: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M. V. nato a … il …
avverso l’ordinanza del 12/03/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MARZIA MINUTILLO TURTUR;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PASQUALE SERRAO D’AQUINO, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. C. G., che ha concluso chiedendo l’accoglimento del motivo di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il Tribunale di Napoli, sezione del riesame provvedimenti cautelari reali, con provvedimento del 12/03/2024, ha confermato il provvedimento di sequestro preventivo del G.i.p. di Napoli del 18/01/2024, che era stato impugnato, con richiesta di restituzione di quanto in sequestro, da M. V., in relazione alla imputazione provvisoria di cui agli artt. 633, 639-bis cod. pen.
2. M. V., a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale di Napoli con un unico motivo di ricorso con il quale ha dedotto: “violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) c.p.p. per erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 633 c.p.”. Ha sostenuto la difesa che nel caso concreto non possono essere ravvisati gli elementi costitutivi della ipotesi delittuosa di cui all’art. 633 cod. pen., atteso che il ricorrente condivideva l’appartamento con
l’originaria assegnataria ed ha continuato a risiedervi dopo il decesso della propria congiunta, richiamando inoltre la documentazione prodotta. È stata sottolineata l’erroneità del provvedimento del Tribunale nell’aver ritenuto l’assenza di legittimazione del ricorrente a proporre riesame, senza però dichiararne l’inammissibilità. Ricorre la legittimazione, attesa la posizione di erede legittimo dello stesso M.. Manca del tutto il fumus della ipotesi di reato contestata.
3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
4. Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo non consentito, oltre che manifestamente infondato.
In via preliminare, occorre considerare come, secondo il diritto vivente, il sindacato della Corte di cassazione in tema di ordinanze del riesame relative a provvedimenti reali è circoscritto alla possibilità di rilevare ed apprezzare la sola violazione di legge, così come dispone testualmente l’art. 325, comma 1, cod. proc. pen.: una violazione che la giurisprudenza ormai costante di questa Corte, uniformandosi al principio enunciato da Sez. U, n. 5876, del 28/01/2004, omissis, Rv. 226710-01, riconosce unicamente quando sia constatabile la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlata alla inosservanza di precise norme processuali”. (Sez. U, n. 18954 del 31/03/2016, omissis, Rv. 266789-01; Sez. 2, n. 45865 del 04/10/2019, omissis; Sez. 6, n. 10446 del 10/01/2018, omissis, Rv. 272336-01; Sez. 2, n. 18951 del 17/03/2017, omissis, Rv. 269656-01, Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, omissis, Rv. 239692-01). In tal senso, occorre osservare come già la formulazione del motivo, sopra riportata nella sua esatta formulazione, evidenzi la genericità ed atecnicità della doglianza proposta, richiamando il parametro della violazione processuale, per poi affermare la ricorrenza di violazione di legge in relazione all’art. 633 cod. pen., in modo evidentemente contraddittorio, per poi giungere nella sostanza a proporre e reiterare una propria lettura alternativa degli elementi considerati dal Tribunale, senza evidenziare alcuna effettiva violazione di legge e senza confrontarsi con la logica ed argomentata decisione del Tribunale, che ha sottolineato come il M. non abbia interesse alla restituzione, attesa l’occupazione illegittima da parte dello stesso dell’immobile in sequestro, in mancanza di qualsiasi valida allegazione ed elemento di prova in senso contrario.
5. Quanto al tema di fatto introdotto con l’unico motivo proposto, ovvero l’assenza del fumus del delitto contestato e l’impropria conclusione del Tribunale nel ritenere il ricorrente non legittimato, occorre ricordare che in tema di sequestro preventivo è costante l’orientamento secondo il quale “non
è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire l’astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato.” (Sez. 2, n. 5656 del 28/01/2014, omissis, Rv. 258279-01, Sez. 5, n. n. 3722 del 11/12/2019, omissis, Rv. 278152-01), correlata all’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l’evento punito dalla norma penale alla condotta dell’indagato. II Tribunale ha svolto nel caso in esame, con un’ampia motivazione, con la quale il ricorrente non si confronta effettivamente, un concreto ruolo di garanzia, senza limitarsi a prendere atto della tesi accusatoria, considerando adeguatamente le osservazioni critiche della difesa circa la sussistenza della fattispecie richiamata nel provvedimento, esaminando così in modo completo l’integrale ricorrenza dei presupposti che legittimano il sequestro. Difatti, è stato evidenziato l’insieme degli elementi che possono far ritenere verosimile la commissione del reato richiamato in imputazione provvisoria, evidenziando plurimi elementi significativi in tal senso, che non risultano superati dalle allegazioni difensive (con particolare riferimento ai diversi accertamenti che avevano riguardato il ricorrente, alla mancanza di qualsiasi collegamento con la C., alla denuncia per occupazione abusiva inoltrata dallo Iacp sin dal 2008, alla prosecuzione della condotta di abusiva occupazione in assenza di qualsiasi valido provvedimento di assegnazione pag. 2 e seg.).
Il ricorrente non si confronta effettivamente con tale motivazione, del tutto immune da illogicità ed affatto apparente o omessa, limitandosi areiterare le proprie doglianze in assenza di qualsiasi violazione di legge, mentre il Tribunale nel considerare la ricorrenza del fumus del delitto contestato ha correttamente applicato il principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale il delitto di invasione di edifici ha natura permanente quando l’occupazione si protrae nel tempo, determinando una immanente limitazione della facoltà di godimento spettante al titolare del bene (Sez. 2, n. 46692 del 02/10/2019, omissis, Rv. 277929-01, che ha precisato che il termine di prescrizione comincia a decorrere nel momento in cui l’immobile viene riconsegnato al legittimo proprietario; in termini sostanzialmente sovrapponibili anche Sez. 2, n. 40771 del 19/07/2018, omissis, Rv. 274401- 01, che ha chiarito che quando la protrazione della occupazione si protragga dopo la sentenza di condanna in primo grado, tale comportamento da luogo ad una nuova ipotesi di reato che non necessita del requisito dell’invasione, ma si sostanzia nella protrazione della occupazione, con decorrenza del termine di prescrizione dalla data della condanna).
5. Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 26/09/2024.