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Per il delitto di diffamazione basta il dolo eventuale?

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Cass. pen., sez. V, 12/03/2024 (ud. 12/03/2024, dep. 04/04/2024), n. 13799 (Pres. Miccoli, Rel. Borrelli)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se il dolo eventuale sia sufficiente per potere ritenere configurabile, per quanto concerne l’elemento soggettivo, il delitto di diffamazione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Roma confermava una decisione del Tribunale della stessa città che aveva condannato anche agli effetti civili gli imputati per il reato di diffamazione.

Ciò posto, avverso questa decisione i difensori degli accusati proponevano ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costoro deducevano violazione di legge quanto alla ritenuta tipicità della condotta, sia sul versante oggettivo che su quello soggettivo.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il motivo suesposto inammissibile.

In particolare, per quanto concerne l’elemento psicologico del reato in contestazione, gli Ermellini ritenevano corretto l’operato compiuto dalla Corte territoriale capitolina alla luce di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del delitto di diffamazione, non è richiesto l’animus iniurandi vel diffamandi, essendo sufficiente il dolo generico, che può anche assumere la forma del dolo eventuale, in quanto è sufficiente che l’agente, consapevolmente, faccia uso di parole ed espressioni socialmente interpretabili come offensive, ossia adoperate in base al significato che esse vengono oggettivamente ad assumere, senza un diretto riferimento alle intenzioni dell’agente (Sez. 5, n. 8419 del 16/10/2013, dep. 2014, omissis, Rv. 258943; Sez. 5, n. 4364/13 del 12 dicembre 2012 omissis, Rv. 254390).

I risvolti applicativi

Per configurare il reato di diffamazione, è sufficiente che l’agente utilizzi consapevolmente parole o espressioni che possono essere interpretate socialmente come offensive, anche se non ha intenzionalmente diffamato qualcuno e non fa riferimento diretto alle sue intenzioni.

In altre parole, il dolo eventuale può essere considerato nel caso di diffamazione quando l’agente sapeva che le sue parole avrebbero potuto ledere l’onore o la reputazione di qualcuno, anche se ciò non era la sua intenzione primaria.

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