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In cosa consiste il fatto impeditivo ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo?

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Cass. pen., sez. I, 25/01/2024 (ud. 25/01/2024, dep. 24/04/2024), n. 17203 (Pres. Mancuso, Rel. Centonze)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava, ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo rileva, qual è il fatto impeditivo.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma, pronunciandosi a seguito della riqualificazione del ricorso per Cassazione, disposta dalla Corte di Cassazione, Prima Sezione penale, rigettava un’opposizione proposta avverso un provvedimento emesso dallo stesso Giudice.

Con il provvedimento opposto, in particolare, era stata respinta la declaratoria di estinzione della pena di 22.000,00 euro di multa, irrogata con sentenza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma del 4 luglio 2011, divenuta irrevocabile il 17 febbraio 2012.

Ciò posto, avverso questa decisione l’istante ricorreva per Cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, conseguente al fatto che l’assunto, che giustificava il respingimento dell’opposizione, contrastava con un’interpretazione sistematicamente orientata dell’art. 172 cod. pen., rendendo inestinguibili le pene pecuniarie e disapplicando, in questo modo, la disciplina dell’estinzione della pena.

Si deduceva, in proposito, come la soluzione adottata dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma non fosse ancorata ad alcuna disposizione espressamente dedicata a questo tema e che non fosse possibile applicare analogicamente la disciplina relativa al recupero delle somme oggetto di sanzioni pecuniarie prevista dall’art. 227-ter d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, rilevante su un piano amministrativo, per impedire l’estinzione della pena, rilevante su un piano differente, esclusivamente giurisdizionale.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, in relazione all’argomentazione summenzionata, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che la procedura di recupero coattivo delle somme relative alla sanzione pecuniaria irrogata all’imputato costituisce espressione della volontà punitiva dello Stato, il cui esercizio impedisce il decorso dei termini prescrizionali, a prescindere dalle vicende riguardanti l’effettivo recupero di quanto dovuto per effetto della condanna irrevocabile (tra le altre, Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020; Sez. 3, n. 17228 del 03/11/2016) – osservavano che l’attivazione della procedura di recupero coattivo del credito da parte dello Stato, dunque, costituisce un fatto impeditivo del termine di prescrizione, decorrente dalla data dell’esecutorietà della sentenza, concretizzando l’inizio dell’esecuzione penale ed esprimendo la volontà dello Stato di procedere all’attuazione del titolo esecutivo, rilevando al contempo come tale soluzione fosse coerente con la norma dell’art. 227-ter d.P.R. n. 115 del 2002, che disciplina la procedura di riscossione delle pene pecuniarie, prevedendo che, a cura dell’agente incaricato, siano notificate al debitore una comunicazione contenente l’intimazione a pagare l’importo dovuto per effetto della condanna irrevocabile e una contestuale cartella di pagamento, con avviso che, in caso contrario, si procederà all’esecuzione forzata nei confronti del condannato.

Tal che se ne faceva conseguire che, una volta avvenuta l’iscrizione a ruolo del debito a carico del condannato, prima del decorso del termine di prescrizione e previo compimento degli atti funzionali alla riscossione delle somme, laddove l’obbligato non adempie nei termini prescritti, si deve ritenere che costui si sia sottratto volontariamente all’esecuzione della pena pecuniaria, impedendo il decorso dei termini prescrizionali di cui agli artt. 172 e 173 cod. pen., non potendosi quindi che richiamare conclusivamente il seguente principio di diritto: «Ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento dell’inizio dell’esecuzione, non venendo in conto né il modo – coattivo o spontaneo – in cui tale inizio ha avuto luogo né le successive concrete tempistiche dell’esecuzione medesima» (Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020).

I risvolti applicativi

Per estinguere una pena pecuniaria per decorso del tempo, conta solo l’inizio dell’esecuzione, e non il modo (coatto o spontaneo), né il tempo successivo, dell’esecuzione stessa.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 17203 Anno 2024

Presidente: MANCUSO LUIGI FABRIZIO AUGUSTO

Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

Data Udienza: 25/01/2024

Data Deposito: 24/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

A. A., nata il …

avverso l’ordinanza emessa il 25/09/2023 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Alessandro Centonze;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale Tomaso Epidendio, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 25 settembre 2023 il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma, pronunciandosi a seguito della riqualificazione del ricorso per cassazione presentato da A. A., disposta dalla Corte di cassazione, Prima Sezione penale, con ordinanza del 5 luglio 2023, rigettava

l’opposizione proposta avverso il provvedimento emesso il 4 aprile 2023 dallo stesso Giudice. Con il provvedimento opposto, in particolare, era stata respinta la declaratoria di estinzione della pena di 22.000,00 euro di multa, irrogata con sentenza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma del 4 luglio 2011, divenuta irrevocabile il 17 febbraio 2012.

Il respingimento dell’opposizione veniva pronunciato sull’assunto che, nel caso di specie, il termine di dieci anni previsto dall’art. 172, secondo comma, cod. pen. per l’estinzione della pena pecuniaria irrogata ad A. A. non risultava ancora interamente decorso, atteso che il 6 aprile 2012 era stato iscritto a ruolo il credito pecuniario vantato nei confronti del condannato; iscrizione che costituiva l’inizio dell’esecuzione relativa alla sanzione penale presupposta.

2. Avverso questa ordinanza A. A., a mezzo dell’avv. F. T., ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, conseguente al fatto che l’assunto che giustificava il respingimento dell’opposizione contrastava con un’interpretazione sistematicamente orientata dell’art. 172 cod. pen., rendendo inestinguibili le pene pecuniarie e disapplicando, in questo modo, la disciplina dell’estinzione della pena.

Si deduceva, in proposito, che la soluzione adottata dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Parma non era ancorata ad alcuna disposizione espressamente dedicata a questo tema e che non era possibile applicare analogicamente la disciplina relativa al recupero delle somme oggetto

di sanzioni pecuniarie prevista dall’art. 227-ter d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, rilevante su un piano amministrativo, per impedire l’estinzione della pena, rilevante su un piano differente, esclusivamente giurisdizionale.

Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da A. A. è infondato.

2. Per inquadrare il tema dell’individuazione dell’inizio dell’esecuzione della pena pecuniaria, sottoposto all’attenzione del Collegio, occorre muovere preliminarmente dalla disamina dal risalente e tuttora insuperato intervento regolatore delle Sezioni Unite, che, nel 1994, intervenivano sull’individuazione del dies a quo per il calcolo della prescrizione della pena, che storicamente costituisce il primo arresto organico sull’istituto in esame (Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, omissis, Rv. 196889 – 01).

In questa pronuncia delle Sezioni Unite, in particolare, si affermava il seguente principio di diritto: «In tema di estinzione della pena per decorso del tempo, l’art. 172 cod. pen. individua il relativo “dies a quo” nel momento in cui la sentenza di condanna è divenuta “irrevocabile”, aggettivo, quest’ultimo, che indica la connotazione della sentenza richiesta dalla legge per la sua concreta utilizzazione come titolo esecutivo» (Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, omissis, cit.).

Con tale intervento le Sezioni Unite ribadivano la necessità di differenziare, sul piano sistematico, l’irrevocabilità della sentenza con la sua eseguibilità, atteso che l’autorità di cosa giudicata non può essere scambiata con l’esecutorietà di una decisione, ben potendo esservi decisioni aventi autorità di cosa giudicata senza essere in tutto o in parte eseguibili.

Questa dicotomia effettuale, in generale, si verifica per tutte le sentenze irrevocabili di condanna, nel periodo di tempo intercorrente tra il momento in cui la decisione è stata pronunciata e quello della sua messa in esecuzione da parte dell’autorità giudiziaria; mentre, tale dicotomia si può verificare in conseguenza di espresse previsioni di legge, come nell’ipotesi delle sentenze di condanna a pena condizionalmente sospesa prevista dall’art. 163 cod. pen. ovvero nelle ipotesi di differimento dell’esecuzione della pena previste dagli artt. 146 e 147 cod. pen.

In altri termini, l’eseguibilità della sentenza di condanna deve essere posta in relazione alla formazione di un titolo esecutivo e alla possibilità giuridica di eseguire la decisione nei confronti di un determinato soggetto. Questa possibilità presuppone l’esecutorietà della pronunzia condannatoria, che è collegata all’irrevocabilità e all’eseguibilità della decisione, consentendo di fare decorrere da tale momento il dies a quo per il computo della prescrizione della pena previsto dall’art. 172, quarto comma, cod. pen.

Questi principi venivano ulteriormente ribaditi in alcune successive pronunzie, con cui la Corte di cassazione tornava ad affrontare il tema dell’individuazione del dies a quo del computo della prescrizione della pena, in linea con la decisione sopra citata. In tali pronunzie, in particolare, si affermava che il combinato disposto degli artt. 172 e 173 cod. pen. consente di individuare il dies a quo per l’estinzione della pena nel momento in cui la sentenza di condanna diventa esecutoria e che le cause impeditive del decorso del termine sono solo quelle riferibili all’esecuzione della decisione irrevocabile (tra le altre, Sez. 6, n. 44604 del 15/09/2015, dep. 2016, omissis, Rv. 265454 – 01; Sez. 6, n. 21627 del 29/04/2014, omissis, Rv. 259700 – 01).

3. In questa cornice, si inserisce la questione ermeneutica sollevata da A. A., per risolvere la quale non si può che ribadire la giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui l’attivazione della procedura di recupero coattivo delle somme relative alla sanzione pecuniaria irrogata all’imputato — che trae origine dall’iscrizione a ruolo del credito pecuniario vantato nei confronti del condannato, relativo alla multa o all’ammenda che gli è stata irrogata — è sufficiente a impedire l’estinzione della pena. Tale procedura, infatti, costituisce espressione della volontà punitiva dello Stato, il cui esercizio impedisce il decorso dei termini prescrizionali, a prescindere dalle vicende riguardanti l’effettivo recupero di quanto dovuto per effetto della condanna irrevocabile (tra le altre, Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020, omissis, Rv. 279453 – 01; Sez. 3, n. 17228 del 03/11/2016, dep. 2017, omissis, Rv. 269981 – 01).

L’attivazione della procedura di recupero coattivo del credito da parte dello Stato, dunque, costituisce un fatto impeditivo del termine di prescrizione, decorrente dalla data dell’esecutorietà della sentenza, concretizzando l’inizio dell’esecuzione penale ed esprimendo la volontà dello Stato di procedere all’attuazione del titolo esecutivo. Tutto questo corrisponde a quanto si verificava nel caso di specie, atteso che il termine di dieci anni previsto dall’art. 172, secondo comma, cod. pen. per l’estinzione della pena della multa di 22.000,00 euro — irrogata ad A. A. con sentenza emessa dal Giudice delle

indagini preliminari del Tribunale di Parma il 4 luglio 2011, divenuta irrevocabile il 17 febbraio 2012 — non risulta ancora interamente decorso, poiché il 6 aprile 2012 era stato iscritto a ruolo il credito pecuniario vantato nei confronti del condannato.

Questa soluzione, a ben vedere, è coerente con la norma dell’art. 227-ter d.P.R. n. 115 del 2002, che disciplina la procedura di riscossione delle pene pecuniarie, prevedendo che, a cura dell’agente incaricato, siano notificate al debitore una comunicazione contenente l’intimazione a pagare l’importo dovuto per effetto della condanna irrevocabile e una contestuale cartella di pagamento, con avviso che, in caso contrario, si procederà all’esecuzione forzata nei confronti del condannato.

Ne discende che, una volta avvenuta l’iscrizione a ruolo del debito a carico del condannato, prima del decorso del termine di prescrizione e previo compimento degli atti funzionali alla riscossione delle somme, laddove l’obbligato non adempie nei termini prescritti, si deve ritenere che si sia sottratto volontariamente all’esecuzione della pena pecuniaria, impedendo – come nel caso di A. A. – il decorso dei termini prescrizionali di cui agli artt. 172 e 173 cod. pen.

Sul punto, non si può che richiamare conclusivamente il seguente principio di diritto: «Ai fini dell’estinzione della pena pecuniaria per decorso del tempo rileva, quale fatto impeditivo, il solo momento dell’inizio dell’esecuzione, non venendo in conto né il modo – coattivo o spontaneo – in cui tale inizio ha avuto luogo né le successive concrete tempistiche dell’esecuzione medesima» (Sez. 1, n. 22312 del 08/07/2020, omissis, cit.).

4. Le considerazioni esposte impongono il rigetto del ricorso proposto da A. A., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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