Cass. pen., sez. I, 4/10/2024 (ud. 4/10/2024, dep. 22/10/2024), n. 38867 (Pres. De Marzo, Rel. Aprile)
Indice
- La questione giuridica
- Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
- I risvolti applicativi
- Sentenza commentata
La questione giuridica
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è configurabile il reato di apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento, preveduto dall’art. 681 cod. pen. nei seguenti termini: “Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell’autorità a tutela della incolumità pubblica, è punito con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda non inferiore a euro 103”.
Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.
La Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma di una sentenza pronunciata dal Tribunale di Forlì, confermava la responsabilità dell’imputato per il reato dell’articolo 681 cod. pen. e, applicate le circostanze attenuanti generiche, gli riduceva la pena a venti giorni di arresto ed euro 300 di ammenda.
Ciò posto, avverso siffatta decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge, in riferimento all’art. 49, secondo comma, cod. pen., per il mancato riconoscimento della inoffensività in concreto derivante dall’assenza di rischio.
Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
Gli Ermellini ritenevano il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, si osservava che l’ipotesi contravvenzionale prevista dall’art. 681 cod. pen., da un lato, prescindendo dall’accertamento dell’esistenza di un effettivo pericolo, deve ritenersi sussistente ogniqualvolta l’agente organizzi un pubblico spettacolo senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela della incolumità pubblica secondo le indicazioni dell’art. 80 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 – T.U.L.P.S. (Sez. 1, n. 3128 del 29/09/2011; in precedenza, Sez. 1, n. 13055 del 24/03/2005), dall’altro, è integrata dalla condotta di colui il quale tiene aperto un luogo di pubblico spettacolo o trattenimento senza osservare le prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica indicate dalla competente commissione tecnica di vigilanza, ove queste siano state recepite e trasfuse nel provvedimento di licenza rilasciato dall’autorità di pubblica sicurezza (Sez. 1, n. 40678 del 14/09/2023; Sez. 1, n. 46400 del 24/10/2013).
I risvolti applicativi
L’art. 681 cod. pen. prevede una contravvenzione per chi organizza spettacoli pubblici senza rispettare le norme di sicurezza stabilite dall’Autorità, senza che vi sia la necessità di dimostrare un pericolo concreto, dato che il reato in questione si configura anche per chi tiene aperto un luogo di spettacolo non rispettando le prescrizioni di sicurezza contenute nella licenza rilasciata dalla pubblica sicurezza.
Sentenza commentata
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38867 Anno 2024
Presidente: DE MARZO GIUSEPPE
Relatore: APRILE STEFANO
Data Udienza: 04/10/2024
Data Deposito: 22/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
STEFANO APRILE UP – 04/10/2024
R.G.N. 18862/2024
…
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R. F. nato a … il …
avverso la sentenza del 12/12/2023 della Corte d’appello di Bologna
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Stefano APRILE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, Lidia GIORGIO, che ha concluso
riportandosi alla requisitoria già depositata e notificata alle parti, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Dato avviso al difensore
RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza pronunciata in data 3 febbraio 2022 dal Tribunale di Forlì, ha confermato la declaratoria di responsabilità nei confronti di F. R. per il reato dell’articolo 681 cod. pen. e, applicate le circostanze attenuanti generiche, ha ridotto la pena a venti giorni di arresto ed euro 300 di ammenda.
1.1. Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito è stata affermata la responsabilità dell’imputato, gestore del Teatro Verdi di Cesena, per avere tenuto uno spettacolo pubblico con circa seicento persone in violazione delle prescrizioni di sicurezza impartitegli circa l’apertura di una via di fuga, trovata chiusa all’atto del controllo di polizia amministrativa.
1.2. In particolare, non essendo contestata la materialità della condotta, entrambi i giudici di merito hanno respinto le questioni relative all’inoffensività ex art. 49, secondo comma, cod. pen., allo stato di necessità ex art. 54 cod. pen., alla buona fede nelle contravvenzioni e alla causa di non punibilità dell’art. 131-bis cod. pen.
2. Ricorre F. R., a mezzo del difensore avv. A. O., che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, sviluppando tre motivi di ricorso.
2.1. Il primo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento all’art. 49, secondo comma, cod. pen., per il mancato riconoscimento della inoffensività in concreto derivante dall’assenza di rischio, tenuto conto della presenza di un addetto di sicurezza nei pressi dell’uscita, sicché questi, in caso di necessità, avrebbe potuto aprire la porta e consentire il deflusso degli ospiti.
2.2. Il secondo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento all’art. 42, quarto comma, cod. pen., per il mancato riconoscimento della buona fede che deriva dalla circostanza che l’obbligo amministrativo imposto si scontra con le indicazioni dell’agenzia di sicurezza del Teatro che aveva paventato l’abusivo ingresso, attraverso il varco di emergenza, di ulteriori ospiti, così ponendosi a rischio l’incolumità dei presenti per il superamento del limite massimo di capienza fissato dalla medesima autorità amministrativa in seicento persone.
2.3. Il terzo motivo denuncia la violazione di legge, in riferimento all’art. 131-bis cod. pen., per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità in ragione dell’esiguità del pericolo, anche perché in data 29 ottobre 2021, in occasione del rinnovo della licenza, la capienza del Teatro è stata incrementata sino a novecento persone, sicché non sussisteva alcun concreto pericolo per l’incolumità degli ospiti.
3. Il procedimento, già erroneamente fissato ex art. 611 cod. proc. pen. per l’udienza del 15 luglio 2024, è stato differito con rinnovazione degli avvisi ex art. 614 cod. proc. pen. 3.1. In data 26 settembre 2024 il difensore rinunciava alla trattazione orale che aveva precedentemente richiesto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, come ha correttamente evidenziato il Procuratore generale nella memoria scritta a suo tempo depositata.
1.1. La rinuncia alla trattazione orale è tardiva, sicché inefficace.
2. Il primo motivo è generico e manifestamente infondato.
2.1. In linea con quanto evidenziato dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019 – dep. 2020, omissis, Rv. 278624 – 02), occorre premettere che la giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr. la sentenza n. 109 del 2016, che richiama le sentenze n. 225 del 2008, n. 265 del 2005, n. 519 e n. 263 del 2000), ha sottolineato come il principio di offensività opera su due piani distinti.
Da un lato come precetto rivolto al legislatore, il quale è tenuto a limitare la repressione penale ai fatti che, nella loro configurazione astratta, presentano un contenuto offensivo di beni o interessi ritenuti meritevoli di protezione (cosiddetta offensività “in astratto”).
Dall’altro esso opera come criterio interpretativo-applicativo per il giudice comune, il quale, nella verifica della riconducibilità della singola fattispecie concreta al paradigma punitivo astratto, deve evitare che ricadano in quest’ultimo comportamenti privi di qualsiasi attitudine lesiva (cosiddetta offensività “in concreto”).
Se il primo versante non è rilevante nel caso in esame, posto che neppure il ricorso sviluppa censure sul punto, va ribadito che rientra nella discrezionalità del legislatore l’opzione per l’adozione di forme di tutela anticipata, le quali colpiscono l’aggressione ai valori protetti nello stadio della semplice esposizione a pericolo, nonché, correlativamente, per l’individuazione della soglia di pericolosità alla quale riconnettere la risposta punitiva (Corte costituzionale, sentenza n. 225 del 2008); in questa prospettiva non è precluso, in linea di principio, il ricorso al modello del reato di pericolo presunto (Corte costituzionale, sentenze n. 133 del 1992, n. 333 del 1991 e n. 62 del 1986) che, appunto, è ammesso a condizione «che la valutazione legislativa di pericolosità del fatto incriminato non risulti irrazionale e arbitraria, ma risponda all’id quod plerumque accidit» (sentenza n. 225 del 2008, cit.; analogamente, sentenza n. 333 del 1991, cit.).
Diverso profilo, tuttavia, è quello dell’offensività in concreto della condotta, la verifica della quale è devoluta al giudice di merito, tanto da potersi fare ricorso alla figura del reato impossibile ex art. 49 cod. pen.; in questa seconda prospettiva compete al giudice di verificare se la singola condotta, contestata all’agente, risulti assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto e, dunque, in concreto inoffensiva, escludendone in tal caso la punibilità.
2.2. Ciò premesso, la giurisprudenza di legittimità ha qualificato la contravvenzione prevista dall’art. 681 cod. pen. come un reato di pericolo astratto o presunto.
L’ipotesi contravvenzionale prevista dall’art. 681 cod. pen. ha come scopo la tutela dell’incolumità del pubblico che assiste allo spettacolo.
Tale contravvenzione, prescindendo dall’accertamento dell’esistenza di un effettivo pericolo, deve ritenersi sussistente ogniqualvolta l’agente organizzi un pubblico spettacolo senza avere osservato le prescrizioni dell’Autorità a tutela della incolumità pubblica secondo le indicazioni dell’art. 80 regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 – T.U.L.P.S. (Sez. 1, n. 3128 del 29/09/2011 – dep. 2012, omissis, Rv. 251843 – 01; in precedenza, Sez. 1, n. 13055 del 24/03/2005, omissis, Rv. 231599 – 01).
La contravvenzione è integrata dalla condotta di colui il quale tiene aperto un luogo di pubblico spettacolo o trattenimento senza osservare le prescrizioni a tutela dell’incolumità pubblica indicate dalla competente commissione tecnica di vigilanza, ove queste siano state recepite e trasfuse nel provvedimento di licenza rilasciato dall’autorità di pubblica sicurezza (Sez. 1, n. 40678 del 14/09/2023, omissis, Rv. 285130 – 01; Sez. 1, n. 46400 del 24/10/2013, omissis, Rv. 257301 – 01).
2.3. Premesso che non è controverso che le prescrizioni circa l’uscita di sicurezza sia state validamente impartite, la motivazione della sentenza impugnata, in piena conformità ai principi di diritto soprarichiamati, ha indicato le ragioni, neppure contestate dal ricorso, in forza delle quali la condotta tenuta dall’imputato non può considerarsi priva di qualsiasi attitudine lesiva (e quindi carente di offensività “in concreto”).
I giudici di merito hanno in proposito evidenziato che i presidi alternativi eventualmente predisposti (un operatore del servizio privato di vigilanza) non possono «essere equiparati a quelli previsti dalla licenza, ben potendo la persona incaricata di aprire eventualmente il cancello in caso di necessità essere momentaneamente assente, o impedita, senza considerare gli eventuali inceppamenti del meccanismo di apertura, specie in situazioni di emergenza», così escludendosi in fatto l’inoffensività della condotta.
Si tratta di una motivazione che viene criticata in modo assertivo e che, inoltre, si poggia sulla conformità a diritto dell’interpretazione normativa prescelta che non attribuisce al destinatario dell’obbligo alcuna scelta opzionale per assicurare il rispetto della specifica prescrizione imposta circa le uscite di sicurezza.
3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
3.1. In tema di elemento psicologico del reato, la cosiddetta “buona fede” è configurabile ove la mancata coscienza dell’illiceità del fatto derivi non dall’ignoranza dalla legge, ma da un elemento positivo e cioè da una circostanza che induce nella convinzione della sua liceità, come un provvedimento dell’autorità amministrativa, una precedente giurisprudenza assolutoria o contraddittoria, una equivoca formulazione del testo della norma (Sez. 3, n. 29080 del 19/03/2015, omissis, Rv. 264184 – 01).
In particolare, si è sottolineato che la buona fede, che nei reati contravvenzionali esclude l’elemento soggettivo, può derivare da un fattore positivo correlato a un comportamento dell’Autorità amministrativa preposta alla tutela dell’interesse che forma oggetto della disposizione normativa, idoneo a determinare nel trasgressore uno scusabile convincimento circa la liceità della condotta tenuta (Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994, omissis, Rv. 197885 – 01; recentemente, Sez. 4, n. 14077 del 05/03/2024, omissis, Rv. 286158 – 01; Sez. 1, n. 47712 del 15/07/2015, omissis, Rv. 265424 – 01).
3.2. A tali ipotesi, cui fa costantemente riferimento la giurisprudenza di legittimità, non è assimilabile quella del parere eventualmente reso dal responsabile dell’agenzia di sicurezza del Teatro, trattandosi di una opinione non proveniente dall’autorità amministrativa o giudiziaria e, quindi, del tutto non idonea a determinare lo scusabile convincimento circa la liceità della condotta di inosservanza delle prescrizioni dell’autorità a tutela della incolumità pubblica.
4. Il terzo motivo, con il quale il ricorrente denuncia la mancata applicazione della causa di non punibilità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., si traduce in rilievi non consentiti in sede di legittimità.
4.1. Sul punto, occorre premettere che ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri dell’art. 133, primo comma, cod. pen., senza che sia necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti da parte del giudice di merito (ex multis, Sez. 7, n.
10481 del 19/01/2022, Rv. 283044-01; Sez. 1, n. 40678 del 14/09/2023, Rv. 285130 – 01).
4.2. Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha motivato il rigetto della relativa richiesta con l’elevato numero di giovani avventori presenti nel locale (quasi seicento ragazzi) e con l’importanza della violazione, attinente all’apertura di una uscita di sicurezza, senza che la presenza di un operatore potesse garantire la necessaria tempestività ed efficacia dell’intervento e, cioè, l’assenza del pericolo che la disposizione amministrativa era volta ad assicurare.
Dunque, la motivazione resa dal giudice di merito ha dato conto dell’apprezzamento fattuale compiuto, rispetto al quale le considerazioni difensive assumono una connotazione meramente rivalutativa, non consentita in sede di legittimità.
È, del resto, priva di rilievo la circostanza che, dopo i fatti per i quali si procede, la nuova licenza abbia previsto un incremento della capienza del Teatro, perché la violazione accertata riguarda piuttosto la chiusura dell’uscita di sicurezza, la quale deve essere lasciata aperta indipendentemente dal numero di ospiti ammessi all’intrattenimento.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così è deciso, 04/10/2024.