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Il giudice è obbligato a valutare le condizioni economiche dell’imputato prima di condizionare la sospensione della pena al risarcimento del danno?

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Cass. pen., sez. II, 21/03/2024 (ud. 21/03/2024, dep. 18/04/2024), n. 16357 (Pres. Rago, Rel. D’Auria)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se il giudice è obbligato a valutare le condizioni economiche dell’imputato prima di condizionare la sospensione della pena al risarcimento del danno.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Roma confermava una sentenza pronunciata dal Tribunale della medesima città che aveva condannato l’imputato per il reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 11 cod. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, con uno di essi, si impugnava la sentenza in questione nella parte in cui non aveva subordinato la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale, facendosi presente come la Corte territoriale non avesse tenuto conto delle disastrate condizioni economiche in cui versava il ricorrente che, in quanto tali, gli impedivano di adempiere al pagamento della provvisionale, rilevandosi contestualmente come siffatta inesigibilità contrastasse con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e, che, dunque, nel caso di mancato accoglimento del motivo di ricorso, si chiedeva alla Corte di legittimità di sollevare questione di legittimità costituzionale sul punto.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice non è tenuto a svolgere un preventivo accertamento in ordine alle condizioni economiche dell’imputato, dovendo tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione (Sezione 6, n. 11142 del 7/2/2023; Sezione 5, n. 26175 del 4/5/2022; Sezione 6, n. 46959 del 19/10/2021; Sezione 6, n. 22094 del 18/3/2021; Sezione 5, n. 3187 del 26/10/2020; Sezione 5, n. 40480 del 24/6/2019).

I risvolti applicativi       

Il giudice non deve obbligatoriamente fare un accertamento preventivo delle condizioni economiche dell’imputato per la sospensione condizionale della pena, ma deve motivatamente valutarle se emergono dubbi dalla documentazione, o se la parte interessata fornisce tali informazioni prima della decisione.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 16357 Anno 2024

Presidente: RAGO GEPPINO

Relatore: D’AURIA DONATO

Data Udienza: 21/03/2024

Data Deposito: 18/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S. M. nato a … il …

avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE di APPELLO di ROMA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DONATO D’AURIA;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale PIETRO MOLINO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D. L. n. 137/2020 e successive modifiche e integrazioni.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma con sentenza del 9/6/2023 confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale di Roma in data 5/11/2021, che aveva condannato M. S. per il reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 11 cod. pen.

2. L’imputato, a mezzo del difensore, ha interposto ricorso per cassazione, deducendo con il primo motivo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione agli artt. 208 e 494 cod. proc. pen. Evidenzia che la trattazione cartolare ha impedito all’imputato di rendere esame o dichiarazioni spontanee, benché fosse stata avanzata istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale; che ciò ha comportato una insanabile violazione del diritto di difesa; che per ovvie ragioni di diritto, oltre che logiche e pratiche, non rileva il dato per cui la novella di cui al d.lgs. n. 150 del 2022 prevede che sia avanzata istanza per la fissazione di apposita udienza in presenza, atteso che il rilascio di spontanee dichiarazioni costituisce un diritto indiscutibile in ogni stato e grado del procedimento, segnatamente in dibattimento; che una interpretazione formalistica del dato normativo sarebbe incostituzionale; che, nel caso in cui il motivo di ricorso non dovesse essere accolto, si invita la Corte a sollevare questione di legittimità costituzionale; che la questione è rilevante, in quanto l’imputato non ha potuto fornire al giudice giustificazioni in ordine al proprio  comportamento.

2.1 Con il secondo motivo eccepisce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., in relazione al diniego e/o comunque alla mancata pronuncia sulla richiesta dell’imputato di rendere spontanee dichiarazioni, nonché vizio totale della motivazione. Rileva che la Corte territoriale ha reputato non necessario ai fini del decidere l’esame dell’imputato, anche perché gli è sempre consentito rilasciare dichiarazioni spontanee; che tale affermazione rende ancor più palese la violazione del diritto di difesa, posto che l’imputato non ha potuto rendere le spontanee dichiarazioni, come richiesto.

2.2 Con il terzo motivo lamenta la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta attendibilità della persona offesa, al ritenuto raggiungimento della prova della responsabilità dell’imputato e in relazione alla valutazione delle prove, nonché alla qualificazione giuridica del fatto, ritenendo sussistente l’appropriazione indebita piuttosto che il mero inadempimento contrattuale.

Osserva, altresì, che manca la prova del dolo, vale a dire della volontà di appropriarsi dei quadri per cui si procede; che, poiché la persona offesa era a conoscenza delle difficoltà economiche dall’imputato e ciononostante gli aveva lasciato i quadri, lo S. potrebbe essersi sentito autorizzato a venderli e di non esserci riuscito per essere stato travolto dalle difficoltà economiche.

2.3 Con il quarto motivo impugna la sentenza nella parte in cui non individua con esattezza il tempo dei fatti, eccependo la prescrizione del reato.

Ritiene, invero, che – in assenza di elementi certi ed in ragione della complessità dei rapporti commerciali intercorrenti tra le parti – la condotta contestata debba essere individuata come posta in essere al momento della stipula del primo contratto o, al più, al 2/5/2017, data della comunicazione della risoluzione del rapporto contrattuale; che, dunque, il reato al momento della pronuncia della sentenza di secondo grado era prescritto.

2.4 Con il quinto motivo si impugna la sentenza nella parte in cui non ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e nella parte in cui ha subordinato la sospensione condizionale della pena al pagamento della provvisionale. Osserva che la Corte territoriale non ha tenuto conto delle disastrate condizioni economiche in cui versa lo S., che gli impediscono di adempiere al pagamento della provvisionale; che detta inesigibilità contrasta con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.; che, dunque, nel caso di mancato accoglimento del motivo di ricorso, voglia la Corte sollevare questione di legittimità costituzionale sul punto.

2.5 Sono pervenuti motivi aggiunti datati 18/1/2024 e 6/3/2024, oltre a memorie di replica del 13/3/2024.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1 n primo ed il secondo motivo – che, attenendo al rigetto della richiesta di esame dell’imputato ed alla impossibilità di rendere dichiarazioni spontanee, possono essere trattati congiuntamente – sono manifestamente infondati. Ed invero, nel rito cartolare, qualora l’imputato o il difensore optino per la

trattazione in presenza, devono avanzare apposita istanza nei termini indicati dall’art. 598-bis, comma 2, cod. proc. pen. Nel caso di specie, come ammette anche la difesa, alcuna istanza di partecipazione all’udienza è stata avanzata.

Con riferimento al rigetto della richiesta di esame dell’imputato, si osserva che nel giudizio di appello la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale costituisce un istituto eccezionale fondato sulla presunzione che l’indagine istruttoria sia stata esauriente con le acquisizioni del dibattimento di primo

grado, con la conseguenza che il potere del giudice di disporre la rinnovazione è subordinato alla rigorosa condizione che egli ritenga, contro la predetta presunzione, di non essere in grado di decidere allo stato degli atti (Sezioni Unite, n. 12602 del 17/12/2015, omissis, Rv. 266820). Nel caso di specie la Corte territoriale ha valutato non necessario l’esame dell’imputato alla luce degli elementi probatori già raccolti.

Quanto alla questione di legittimità costituzionale, avanzata in maniera del tutto generica, rileva il Collegio che la stessa appare manifestamente infondata, posto che alcuna compressione del diritto di difesa è dato rinvenire nella disciplina del giudizio cartolare, tenuto conto che la legge prevede la possibilità della trattazione orale, qualora la stessa sia richiesta nei termini e che, in ogni caso, l’imputato, in assenza di richiesta, avrebbe potuto in ogni caso rilasciare le spontanee dichiarazioni in forma scritta.

1.2 Il terzo motivo non è consentito perché generico ed aspecifico.

Generico laddove non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici, rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata. Nel caso di specie, invero, la doglianza con riferimento alla carenza di motivazione in ordine alla attendibilità della persona offesa ed alla prova della responsabilità dell’imputato si limita a mere asserzioni, senza esplicitarne le ragioni sottese.

Il motivo è aspecifico laddove ritiene che si sia in presenza di un inadempimento contrattuale e che in ogni caso manchi il dolo. Ed invero, la doglianza non si confronta con la motivazione del provvedimento impugnato, che ha evidenziato da un lato che, quando A. C. ritirò una parte dei quadri a seguito della risoluzione del contratto, le tre tele oggetto della indebita appropriazione non erano disponibili e che a provare la sussistenza del dolo sono sufficienti le comunicazioni con le quali l’imputato fissava in più occasioni incontri con la persona offesa per la restituzione dei quadri insistentemente richiesta, circostanza questa che esclude che lo S. potesse aver frainteso le intenzioni della C.; senza tacere che è stato evidenziato che plurime furono le rassicurazioni, tutte rimaste ingiustificatamente senza seguito, di restituzione dei tre quadri in discorso.

Come reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sezione 6, n. 23014 del 29/4/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sezione 3, n. 50750 del 15/6/2016, omissis, Rv. 268385 – 01; Sezione 4, n. 18826 del 09/02/2012, omissis, Rv. 253849; Sezione 4, n. 34270 del 3/7/2007, omissis Rv. 236945 – 01).

1.3 II quarto motivo non è consentito, atteso che per un verso reitera gli stessi argomenti proposti al giudice di secondo grado e da questi risolti con motivazione congrua ed immune da vizi logici e per altro verso, non confrontandosi con la motivazione del provvedimento impugnato, è aspecifico.

Invero, la Corte territoriale con motivazione esaustiva ha evidenziato che la prescrizione nel caso di specie decorre dalla scadenza dell’ultimo termine per adempiere che la persona offesa aveva concesso allo S., individuato nel 7/8/2017, con la conseguenza che al momento della pronuncia di secondo grado la prescrizione non era maturata.

1.4 D quinto motivo è del tutto generico. Quanto al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente rilevare che la doglianza è solo enunciata; con riferimento al profilo della subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno (ma il discorso non muta in relazione al pagamento della provvisionale), rileva il Collegio che sussistono diversi orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Secondo una prima impostazione (Sezione 4, n. 4626 del 8/11/2019, omissis, Rv. 278290 – 01; Sezione 5, n. 12614 del 9/12/2015, omissis, Rv. 266873 – 01; Sezione 2, n. 26221 del 11/6/2015, omissis, Rv. 254913 – 01; Sezione 6, n. 33020 del 8/5/2014, S., Rv. 260555 – 01), maggiormente restrittiva, il giudice non è tenuto a svolgere accertamenti sulle condizioni economiche dell’imputato, in quanto la verifica dell’eventuale impossibilità di adempiere del condannato rientra nella competenza del giudice dell’esecuzione. All’opposto, in altri arresti (Sezione 5, n. 46834 del 10/10/2022, omissis, Rv. 273802 – 01; Sezione 5, n. 40041 del 18/6/2019, omissis, Rv. 277604 – 01; Sezione 5, n. 21557 del 2/2/2015, omissis, Rv. 263675 – 01; Sezione 2, n. 22342 del 15/2/2013, omissis, Rv. 255665 – 01) è stato affermato che il giudice che intende subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena all’adempimento dell’obbligo risarcitorio è tenuto a valutare, motivando sia pur sommariamente sul punto, le reali condizioni economiche del condannato, al fine di verificare se lo stesso sia concretamente in grado di effettuare il pagamento entro il termine prefissato, atteso che la subordinazione del beneficio ad una condizione inesigibile contrasta con il principio di eguaglianza sancito all’art. 3 Cost. e con la funzione rieducativa della pena di cui all’art. 27 Cost.

Tra questi due opposti orientamenti ve n’è un terzo (Sezione 6, n. 11142 del 7/2/2023, E.,Rv. 284609 – 01; Sezione 5, n. 26175 del 4/5/2022, omissis, Rv. 283591 – 01; Sezione 6, n. 46959 del 19/10/2021, P., Rv. 282348 – 01; Sezione 6, n. 22094 del 18/3/2021, A., Rv. 281510 – 01; Sezione 5, n. 3187 del

26/10/2020, omissis, Rv. 280407 – 01; Sezione 5, n. 40480 del 24/6/2019, P., Rv. 278381 – 02), cui il Collegio intende dar continuità, secondo il quale, in tema di sospensione condizionale della pena subordinata al risarcimento del danno, il giudice non è tenuto a svolgere un preventivo accertamento in ordine alle condizioni economiche dell’imputato, dovendo tuttavia effettuare un motivato apprezzamento di esse, se dagli atti emergano elementi che consentano di dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta ovvero quando tali elementi vengano forniti dalla parte interessata in vista della decisione. In tale scia è stato, altresì, osservato che è onere dell’imputato fornire al giudice le prove da cui emergano elementi specifici e concreti che consentano, attraverso un motivato apprezzamento delle condizioni economiche dell’interessato, di valutare la capacità del medesimo di soddisfare la condizione imposta, con la conseguenza che non è sufficiente che l’imputato si limiti a lamentare genericamente le sue difficoltà economiche per mancanza di reddito (Sezione 5, n. 26175/2022 cit.). Tale impostazione risulta convincente perché, da un lato, non demanda ad un momento successivo al giudizio di cognizione, segnatamente alla fase della esecuzione, la verifica della compatibilità della subordinazione della sospensione condizionale della pena alle condizioni economiche dell’imputato e dall’altro non onera il giudice di un accertamento che risulterebbe  del tutto superfluo, ove non reso necessario sulla base delle allegazioni della parte o della emersione di elementi specifici che facciano dubitare della sua capacità economica. In altri termini, ritiene il Collegio che l’onere di motivazione non sia predeterminabile, variando a seconda che l’imputato abbia o meno allegato circostanze specifiche dalle quali desumere l’eventuale impossibilità di adempiere al risarcimento del danno; la motivazione, dunque, dovrà esser parametrata sugli elementi specificamente dedotti o comunque emersi nel giudizio, nonché tenendo conto dell’entità dell’importo dovuto, in quanto, a seconda dell’entità del risarcimento, potrà risultare più o meno fondato il dubbio in relazione alla incapacità economica dell’imputato.

Nel caso oggetto di scrutinio, la Corte territoriale ha sufficientemente evidenziato che agli atti non vi erano elementi che potessero far dubitare della capacità di soddisfare la condizione imposta, peraltro rispetto ad una cifra di modesta entità (cinquemila euro), tenuto conto che lo stato di insolvenza dello

S. è di un anno successivo ai fatti per cui si procede e di diversi anni precedente rispetto alla sentenza di primo grado. In ogni caso, rileva il Collegio che il ricorrente nemmeno nell’atto di appello aveva fornito idonei elementi di valutazione o richiamato qualsivoglia fonte di prova sul punto, limitandosi ad affermare la propria incapacità economica. Analogamente, il motivo di ricorso per cassazione, come si accennava, è generico, atteso che non fornisce elementi da cui poter desumere l’impossibilità per l’imputato di adempiere alle obbligazioni civili di cui si discute.

La questione di legittimità costituzionale, solo enunciata, è oltremodo generica e manifestamente infondata alla luce dell’orientamento giurisprudenziale seguito.

2. All’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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