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Configurazione dell’aggravante della minorata difesa nelle truffe online

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Cass. pen., sez. II, 20/03/2024 (ud. 20/03/2024, dep. 18/04/2024), n. 16375 (Pres. Rago, Rel. Saraco)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è configurabile l’aggravante della minorata difesa in tema di truffe “on line”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Roma, in accoglimento di un appello proposto dal pubblico ministero, nel riformare l’ordinanza impugnata, applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto.

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costei deduceva violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., in relazione all’aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 5, cod. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, «In tema di truffa “on line”, è configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’esclusione dell’aggravante in relazione alla vendita di un’autovettura, attraverso un portale dedicato, ad un cittadino olandese che, corrisposto il prezzo senza prima visionarla, non ne aveva conseguito la consegna, rilevando come le modalità telematiche della vendita non avevano avvantaggiato l’imputato, atteso che lo stesso aveva fornito la propria reale identità ed il bene era esistente e visionabile in un salone, pur appositamente allestito per la perpetrazione delle truffe)», (Sez. 2, Sentenza n. 28070 del 08/04/2021.

In particolare, è stato asserito che «sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti “on-line”, poichè, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta.

(In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale che aveva respinto l’appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta cautelare ed aveva escluso l’aggravante della minorata difesa ritenendo che l’annuncio relativo alla vendita di beni, inserito in un sito intemet, costituisse una modalità della condotta, e non una circostanza di luogo, in cui la distanza accomuna entrambe le parti, che ne accettano i rischi affidandosi alla buona fede dell’interlocutore)», (Sez. 6, Sentenza n. 17937 del 22/03/2017).

I risvolti applicativi

L’aggravante della minorata difesa nella truffa online si configura solo se l’autore ha tratto specifici vantaggi consapevolmente e concretamente dall’uso della rete.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 16375 Anno 2024

Presidente: RAGO GEPPINO

Relatore: SARACO ANTONIO

Data Udienza: 20/03/2024

Data Deposito: 18/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C. L. nato il … a …

P. L. nata il … a …

avverso l’ordinanza in data 16/11/2023 del TRIBUNALE DI ROMA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SARACO;

letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona della Sostituta procuratrice generale LIDIA GIORGIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

C. L. e P. L., per il tramite del comune difensore e con ricorsi congiunti, impugnano l’ordinanza in data 16/11/2023 del Tribunale di Roma che, in accoglimento dell’appello del pubblico ministero, ha riformato l’ordinanza in data 29/08/2023, applicando -per entrambi- la misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per i reati di truffa aggravata e ricettazione loro rispettivamente ascritti.

Deducono:

1. Violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., in relazione all’aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 5, cod. pen..

Il motivo d’impugnazione muove dalla motivazione del G.i.p., che aveva escluso la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, comma primo, n. 5, da cui discendeva la possibilità di applicare la misura cautelare.

Dopo avere illustrato i motivi dell’appello del pubblico ministero, espone le ragioni per cui ritiene che nel caso in esame non si possibile configurare l’aggravante della c.d. minorata difesa, atteso che a tal fine, nella vendita on line, è richiesto un particolare affidamento del contraente rispetto alla buona fede dell’altro, dato che le trattative si svolgono integralmente a distanza, senza che sia possibile verificare l’identità e la qualità del prodotto.

Si assume, dunque, che tali caratteristiche non emergono nel caso in esame, giacché le trattative, pur iniziate on line, proseguivano con interazioni personali tra offerente e compratore, attraverso la messaggistica istantanea, la cui presenza esclude l’aggravante in questione, per come spiegato dalla Corte di cassazione.

2. Violazione dell’art. 274 cod. proc. pen.

A tale proposito i ricorrenti rimarcanoche la distanza temporale decorsa tra il compimento delle condotte (risalenti al 2021) e la richiesta di applicazione della misura cautelare (del 2023), comporta un naturale decadimento del requisito dell’attualità.

Aggiunge che manca anche il requisito della concretezza, in assenza di elementi che facciano emergere la possibilità di occasioni per la reiterazione dei reati, non essendo a tal fine sufficiente il solo dato personalistico.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili, perché manifestamente infondati.

1.1. La manifesta infondatezza attiene anzitutto ai gravi indizi di colpevolezza.

In tal senso è già stato spiegato che «In tema di truffa “on line”, è configurabile l’aggravante della minorata difesa, con riferimento all’approfittamento delle condizioni di luogo, solo quando l’autore abbia tratto, consapevolmente e in concreto, specifici vantaggi dall’utilizzazione dello strumento della rete. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta l’esclusione dell’aggravante in relazione alla vendita di un’autovettura, attraverso un portale dedicato, ad un cittadino olandese che, corrisposto il prezzo senza prima visionarla, non ne aveva conseguito la consegna, rilevando come le modalità telematiche della vendita non avevano avvantaggiato l’imputato, atteso che lo stesso aveva fornito la propria reale identità ed il bene era esistente e visionabile in un salone, pur appositamente allestito per la perpetrazione delle truffe)», (Sez. 2, Sentenza n. 28070 del 08/04/2021, omissis, Rv. 281800 — 01).

Più specificamente è stato spiegato che «sussiste l’aggravante della minorata difesa, con riferimento alle circostanze di luogo, note all’autore del reato e delle quali egli, ai sensi dell’art. 61, n. 5, cod. pen., abbia approfittato, nell’ipotesi di truffa commessa attraverso la vendita di prodotti “on-line”, poichè, in tal caso, la distanza tra il luogo ove si trova la vittima, che di norma paga in anticipo il prezzo del bene venduto, e quello in cui, invece, si trova l’agente, determina una posizione di maggior favore di quest’ultimo, consentendogli di schermare la sua identità, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell’acquirente e di sottrarsi agevolmente alle conseguenze della propria condotta.

(In applicazione di tale principio, la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tribunale che aveva respinto l’appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiesta cautelare ed aveva escluso l’aggravante della minorata difesa ritenendo che l’annuncio relativo alla vendita di beni, inserito in un sito intemet, costituisse una modalità della condotta, e non una circostanza di luogo, in cui la distanza accomuna entrambe le parti, che ne accettano i rischi affidandosi alla buona fede dell’interlocutore)», (Sez. 6, Sentenza n. 17937 del 22/03/2017, omissis, Rv. 269893 – 01).

1.2. A fronte dei fatti descritti nell’imputazione provvisoria e omologamente ricostruiti dal tribunale, senza obiezioni a tale riguardo, la motivazione del provvedimento impugnato risulta conforme ai principi di diritto ora enunciati, in quanto emerge come gli indagati abbiano indotto in errore le vittime approfittando dalla distanza dei luoghi, tale da impedire la verifica dei beni offerti in vendita.

Da qui la manifesta infondatezza delle obiezioni difensive, risultando irrilevante che al primo contatto sulla rete siano seguiti contatti telefonici (anche per messaggistica istantanea) atteso che ciò che rileva e che risulta dirimente è l’acclarata impossibilità della verifica dei beni offerti in vendita, in ragione della distanza dei luoghi.

Distanza dei luoghi cui gli indagati hanno fatto ricorso quale strumento essenziale per la perpetrazione delle truffe, altrimenti non realizzabili.

2. Quanto alle esigenze cautelari, il tribunale ha ritenuto il pericolo di recidiva, in considerazione dell numero, delle modalità e della professionalità nella perpetrazione delle truffe; in ragione della presenza di una rete di complicità, fatta di soggetti compiacenti nella perpetrazione delle truffe e nell’acquisto dei beni i beni provento delle frodi.

Infine, è stata valorizzata anche la biografia giudiziale degli indagati.

Sotto il profilo dell’attualità e della concretezza, il tribunale ha osservato che i due indagati non avevano dimostrato la produzione lecita di profitti, così dovendosi ritenere che le truffe fossero il mezzo attraverso il quale gli indagati si procurano i mezzi di sussistenza.

Il tribunale ha altresì evidenziato che un’informativa di polizia giudiziaria indica gli indagati quali autori di truffe, in un tempo successivo alla perquisizione subita in occasione dell’odierno procedimento, così confermandosi l’attualità del pericolo di ricaduta nel delitto.

Quanto alla scelta della misura, non si rinvengono censure a tale riguardo.

2.1. A fronte di una motivazione adeguata, logica e non contraddittoria, le obiezioni della difesa quanto alla sussistenza del pericolo di recidiva e alla sua attualità e concretezza si incasellano in questioni di merito, non scrutinabili in sede di legittimità, in quanto risolventesi in valutazioni antagoniste a quelle dei giudici di merito.

Va a tal proposito ricordato che in tema di misure cautelari personali «il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito», (Sez. 2, Sentenza n. 31553 del 17/05/2017, omissis, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 18795 del 02/03/2017, omissis, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, Sentenza n. 11194 del 08/03/2012, omissis Rv. 252178).

3. Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

4. Va dato mandato alla Cancelleria per provvedere agli incombenti previsti dall’art. 28 del regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale, in quanto alla presente decisione consegue l’esecuzione del provvedimento impugnato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 Reg. esec. cod. proc. pen..

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