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Quando la Corte di Cassazione può rilevare l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza?

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Cass. pen., sez. II, 14/05/2024 (ud. 14/05/2024, dep. 25/07/2024), n. 30567 (Pres. Verga, Rel. Saraco)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando l’insussistenza degli indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile da parte della Corte di Cassazione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Reggio Calabria, in sede di riesame, confermava un’ordinanza del G.i.p. del Tribunale della medesima città, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato, il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge e inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 416-bis, comma secondo, cod. pen. e dei gravi indizi di colpevolezza.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, vi era quello secondo il quale l’insussistenza degli indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile dalla Corte di Cassazione se si traduce in mancanza assoluta o manifesta illogicità della motivazione che regge il provvedimento applicativo o confermativo della misura cautelare o in violazione di norme di legge.

I risvolti applicativi

La Corte di Cassazione può rilevare l’insussistenza degli indizi di colpevolezza secondo l’art. 273 c.p.p. se la motivazione del provvedimento cautelare è assente, manifestamente illogica o si pone in contrasto con le norme di legge.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 30567 Anno 2024

Presidente: VERGA GIOVANNA

Relatore: SARACO ANTONIO

Data Udienza: 14/05/2024

Data Deposito: 25/07/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C. M. nato il … a …

avverso l’ordinanza in data 24/11/2023 del TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SARACO;

sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale RAFFAELE GARGIULO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

sentito l’Avvocato L. C., che ha illustrato i motivi d’impugnazione e ne ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

C. M. impugna l’ordinanza in data 24/11/2024 del Tribunale di Reggio Calabria, che -in sede di riesame- ha confermato l’ordinanza in data 03/10/2023 del G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di cui all’art. 416-bis cod. pen..

Deduce:

1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 416-bis cod. pen. e ai gravi indizi di colpevolezza.

Con il primo motivo il ricorrente riassume i contenuti dell’ordinanza impugnata e sostiene l’inadeguatezza indiziaria degli elementi valorizzati dai giudici, ossia le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia e le intercettazioni di conversazioni.

In particolare, viene sottolineato che C. M. non partecipa ad alcun summit; che non è protagonista delle intercettazioni richiamate; che nessuna “ambasciata” penalmente rilevante è stata riferita al ricorrente; che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sono “incongruenti temporalmente” e non riscontrate.

Si sostiene, dunque, che non è stata dimostrata la sussistenza degli elementi tipici del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. e che la motivazione del tribunale si muove in contrasto con la sentenza delle sezioni unite n. 36958 del 27/05/2021 (omissis, Rv. 28188 – 01 – 02).

Evidenzia che le risultanze investigative non riescono a dimostrare la partecipazione di C. al sodalizio descritto al capo A), non essendo emerso il concreto ed effettivo contributo reso alla compagine e all’attuazione dei suoi fini.

2. Violazione di legge e inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 416-bis, comma secondo, cod. pen. e dei gravi indizi di colpevolezza.

La doglianza si rivolge alla parte di motivazione dell’ordinanza impugnata con cui il tribunale afferma l’irrilevanza dell’esatta individuazione del ruolo eventualmente di vertice rivestito da C., atteso che tale specificazione non incide sui termini di durata della misura cautelare.

Secondo il ricorrente, invece, l’individuazione del ruolo è del tutto preliminare ed essenziale rispetto a ogni determinazione successiva, sicché, ai fini della validità della misura e anche del completo e corretto esercizio del diritto di difesa, diviene essenziale l’accertamento del ruolo ricoperto dall’indagato all’interno del contesto associativo.

Assume, dunque, che non vi sono elementi idonei a dimostrare che C. vestisse il ruolo di capo e promotore del sodalizio e che tale ruolo gli viene attribuito aprioristicamente, senza alcun riscontro.

Osserva come nessun elemento in tal senso sia rinvenibile nelle intercettazioni e che mancano condotte materiali da cui evincere tale posizione di vertice.

Rimarca come quello previsto dall’art. 416-bis, comma secondo, cod. pen. sia un’ipotesi autonoma di reato, rispetto a quella prevista nel primo comma della stessa norma.

3. Violazione di legge, in relazione all’art. 274, comma 1, lett. c) e all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in relazione all’art. 416-bis cod. pen..

In relazione alle esigenze cautelari si sostiene che la motivazione è generica e non si confronta con la documentazione prodotta dalla difesa, con la quale erano stati posti all’attenzione del giudice elementi favorevoli idonei a delineare una figura più mite e non preoccupante della personalità di C..

Quindi, dopo avere richiamato i principi di diritto fissati dalla Corte di cassazione, assume che il tribunale non ha indicato elementi concreti in punto di sussistenza, attualità e concretezza delle esigenze cautelari, oltre che in relazione alla scelta della misura cautelare, che si assume lesiva del principio di proporzionalità e adeguatezza.

4. Con successiva memoria vengono ribaditi e ulteriormente illustrati i motivi d’impugnazione e si segnala che questa Corte, con sentenza in data 10.05.2024, ha annullato con rinvio l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame di Reggio Calabria nei confronti del coindagato Sig. T. M., la cui posizione si assume sia simile a quella del ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

1.1. A tale riguardo risulta utile ricordare che «la condizione generale per l’emissione di qualsiasi provvedimento cautelare è la sussistenza di gravi indizi che, quantitativamente e qualitativamente valutati nella loro essenza e nella loro coordinazione logica, resistano a interpretazioni alternative e conducano a ritenere in modo altamente probabile, pur senza raggiungere la certezza propria del giudizio di cognizione, che il reato per cui si indaga sia attribuibile all’imputato» (Sez. 1, n. 4117 del 06/07/1995, omissis, Rv. 202435; più di recente, in motivazione, Sez. 6, Sentenza n. 37108 del 02/12/2020, omissis).

Va precisato che l’insussistenza degli indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile dalla Corte di cassazione se si traduce in mancanza assoluta o manifesta illogicità della motivazione che regge il provvedimento applicativo o confermativo della misura cautelare o in violazione di norme di legge.

Oggetto di ricorso, infatti, può essere soltanto la violazione da parte del giudice dell’obbligo, impostogli dall’art. 292 cod. proc. pen., di esporre gli indizi che giustificano in concreto la misura adottata e, in sede di impugnazione, le ragioni che si oppongono all’accoglimento delle critiche mosse dall’interessato al provvedimento restrittivo (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, omissis, Rv. 270628; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, omissis, Rv. 261400; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, omissis, Rv. 252178).

Con l’ulteriore specificazione che la valutazione del peso probatorio degli indizi spetta al giudice di merito e nel giudizio di legittimità può essere contestata solo per «mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione» (Sez. 1, n. 3017 del 17/05/1995, omissis, Rv. 201732; Sez. 5, n. 780 del 30/07/1991, omissis, Rv. 188100; più di recente, non massimata, Sez. 6, Sentenza n. 3331 del 16/12/2021).

1.4. Ciò premesso, il provvedimento impugnato non si mostra affetta dai vizi denunciabili in sede di legittimità.

Il tribunale ha spiegato che la cosca cui si assume l’appartenenza di C. era da ricondursi al paradigma della c.d. “mafia storica” e in tal senso ha ripercorso tutti i provvedimenti giudiziali che hanno accertato, in via definitiva, l’esistenza della cosca facente capo alla famiglia T., a sua volta articolazione di un complesso di operante nel territorio denominato ….

Tra queste la sentenza n. 1253 del 14.05.2014 con cui la Corte di cassazione ha reso irrevocabile la sentenza pronunciata dai giudici di merito nel procedimento denominato convenzionalmente Agathos, gli esiti del procedimento denominato “…”, la sentenza della Corte di cassazione n. 19273 del 2020, le sentenze pronunciate nei procedimenti ….

Sempre sull’esistenza della cosca T. sono state valorizzate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia D. C. M., ritenuta una fonte informativa privilegiata, in quanto facente parte della cosca della famiglia … ed essendo -perciò- addentro alle dinamiche della T..

1.2. E’ lo stesso D. C. a indicare C. M. quale appartenente alla cosca T. (essendo il genero del capo della cosca), con un ruolo di vertice.

Il ricorrente si duole di alcune discrasie temporali nelle dichiarazioni rese da D. C.. Nel fare ciò, però, trascura di considerare che l’indicazione di C. quale appartenente alla cosca con ruolo di vertice viene riscontrata anche dalle dichiarazioni rese da P. C. (utili all’identificazione di C. M. nelle intercettazioni quando si fa riferimento al “cognato di P. l.”); dal contenuto delle conversazioni intercettate il 20/05/2018 (progr. N. …) dalla quale si evince che gli appartenenti ad altre cosche (L. A. e C. G.) consideravano C. quale referente e rappresentante della cosca T.; dal contenuto della conversazione intercettata in data 11/07/2018 (progr. …) dove in un dialogo tra M. A.(plenipotenziario della cosca del quartiere …, storicamente alleata alla cosca T.) e B. F. (capo

della cosca operante nelle aree di P. e B.) si discute dell’organigramma della cosca T., nel corso della quale a C. viene attribuito un ruolo dirigenziale; dalle dichiarazioni rese da B. F. nel corso dell’interrogatorio del 12 settembre 2019, che indicava C. M. quale appartenente alla cosca T..

All’interno di tale molteplicità di elementi -tutti concordi nel confermare il dichiarato del collaboratore di giustizia quanto alla partecipazione di C. alla cosca T. con ruolo di vertice, le discrasie temporali (peraltro spiegate dallo stesso collaboratore) – si mostrano affatto marginali e del tutto insufficienti a inficiare il quadro indiziario gravante sulla posizione dell’indagato.

A ciò si aggiunga che il tribunale ha puntualmente affrontato anche il tema della effettiva partecipazione di C. al summit, sottolineando l’irrilevanza di tale circostanza ai fini della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico, così come sopra delineati.

Tali elementi fattuali certi, esaminati in relazione alla loro valenza indicativa sia singolarmente che con valutazione unitaria e logica, sono stati ritenuti dai Giudici di merito dimostrativi -nel senso già specificato- della partecipazione di C. al sodalizio criminoso, con posizione di vertice.

Va rilevato che la valutazione dei Giudici di merito è stata correttamente effettuata e si fonda su argomentazioni congrue e non manifestamente illogiche che si sottraggono, al sindacato di legittimità.

Da ciò l’infondatezza della deduzione difensiva in punto di gravi indizi di colpevolezza.

2. Quanto alle esigenze cautelari, va preliminarmente ricordato che «In tema di custodia cautelare in carcere, la presunzione relativa di pericolosità sociale posta dall’art. 275, comma terzo, cod. proc. pen. determina la necessità che il giudice, senza dover dar conto della ricorrenza dei “pericula libertatis”, si limiti ad apprezzare le ragioni della sua esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particolare, rilevano sia il fattore “tempo trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, sia la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, desumibile da indicatori concreti, quali le attività risocializzanti svolte in regime carcerario, volte al reinserimento nel circuito lavorativo lecito, nonché l’assenza di comportamenti criminali», (Sez. 5 – , Sentenza n. 806 del 27/09/2023 Cc., dep. il 2024, S., Rv. 285879 – 01).

Tale obbligo di motivazione è stato ampiamente rispettato dal tribunale, che ha evidenziato l’attuale operatività della cosca, la posizione di vertice in essa rivestita da C. e i rapporti da lui intrattenuti con i vertici di altre cosche, per la mancanza di una dimostrazione della dissociazione dalla cosca e per la modesta lontananza nel tempo dei fatti contestati.

A fronte di ciò la difesa oppone argomentazioni generiche, del tutto inidonee a far ritenere superata la presunzione di pericolosità e di adeguatezza della misura.

2. Quanto esposto conduce al rigetto del ricorso e alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3. Una copia del presente provvedimento deve essere trasmessa, a cura della Cancelleria, al Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., in quanto dalla sua pronuncia non consegue la rimessione in libertà del detenuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma I-ter, Disp. Att. Cod. Proc. Pen..

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