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Violazione delle tabelle di organizzazione e implicazioni sulla capacità giudiziaria

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Cass. pen., sez. II, 08/03/2024 (ud. 08/03/2024, dep. 04/04/2024), n. 13713 (Pres. Beltrani, Rel. Recchione)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando l’assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Roma confermava una condanna di una persona accusato di avere commesso il reato di danneggiamento aggravato.

Ciò posto, avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato che, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge (art. 33, comma 1, artt. 178 e ss. cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla condizione di capacità del giudice: il procedimento sarebbe stato assegnato al Got, senza alcun provvedimento specifico di assegnazione, dunque in modo arbitrario, il che avrebbe determinato la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 33, comma 1, del codice di rito.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità reputava il motivo suesposto inammissibile alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale l’assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio, salvo il possibile rilievo disciplinare, può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determinando la nullità di cui all’art. 33, comma primo, cod. proc. pen., non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e di canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai dirigenti degli uffici e l’obbligo di motivazione dei provvedimenti (Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017; Sez. 6, n. 13833 del 12/03/2015; Sez. 1, n. 13445 del 30/03/2005).

Del resto, la Cassazione notava altresì che, con specifico riferimento alla assegnazione dei processi ai giudici onorari, si è poi affermato che non integra alcuna nullità la trattazione e decisione di un procedimento da parte del giudice onorario, al quale sia stato assegnato un ruolo d’udienza in mancanza della dimostrazione dell’impedimento o della indisponibilità di un giudice togato, in quanto l’art. 43-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, non richiede che venga documentata la situazione legittimante l’assegnazione del lavoro giudiziario al giudice onorario (Sez. 6, n. 46:398 del 13/09/2017).

Ebbene, in presenza di tale quadro ermeneutico, i giudici di piazza Cavour, reputando la legittimità del Got che ha deciso il processo in primo grado, subentrando al giudice togato, nel caso in cui lo stesso sia impedito o mancante, stimavano, altresì, come la asserita carenza – invero non documentata – di un provvedimento formale di assegnazione, non avesse determinato alcuno «stravolgimento dei principi e dei canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario», tali da determinare la incapacità del giudice, ai sensi dell’art. 33, comma cod. proc. pen..

I risvolti applicativi

L’assegnazione irregolare dei processi può influire sulla capacità e la costituzione del giudice, portando alla nullità ai sensi dell’art. 33, comma 1, del codice di procedura penale, ma ciò avviene, non per la mera violazione delle disposizioni amministrative, ma solo quando si verifichi un grave stravolgimento dei principi essenziali dell’ordinamento giudiziario, fermo restando che queste violazioni includono le norme riguardanti la competenza dei dirigenti degli uffici nell’assegnazione dei casi e l’obbligo di motivazione dei provvedimenti.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 13713 Anno 2024

Presidente: BELTRANI SERGIO

Relatore: RECCHIONE SANDRA

Data Udienza: 08/03/2024

Data Deposito: 04/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

N. A. nato a … il …

avverso la sentenza del 03/10/2023 della CORTE di APPELLO di ROMA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere SANDRA RECCHIONE;

il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020,

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Ettore Pedicini ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma confermava la condanna di A. N. per il reato di danneggiamento aggravato.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:

2.1. violazione di legge (art. 33, comma 1, artt. 178 e ss. cod. proc. pen.) e vizio di motivazione in ordine alla condizione di capacità del giudice: il procedimento sarebbe stato assegnato al Got, senza alcun provvedimento specifico di assegnazione, dunque in modo arbitrario, il che determinerebbe la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 33, comma 1, del codice di rito;

2.2. violazione di legge (artt. 157 e ss. cod. proc. pen.; I. n.890 del 1982) e vizio di motivazione in ordine alla notifica del decreto di citazione a giudizio di primo grado: questo era stato consegnato, a mezzo posta, nelle mani del padre del ricorrente, ma non visarebbe prova della consegna dell’atto all’imputato, né della ricezione della successiva raccomandata informativa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile.

1.1.11 primo motivo con il quale si contesta la sussistenza della capacità del giudice in relazione alla ipotetica violazione delle regole tabellari è manifestamente infondato.

Il ricorrente non si confronta con la consolidata giurisprudenza secondo cui l’assegnazione dei processi in violazione delle tabelle di organizzazione dell’ufficio, salvo il possibile rilievo disciplinare, può incidere sulla costituzione e sulle condizioni di capacità del giudice, determinando la nullità di cui all’art. 33, comma primo, cod. proc. pen., non in caso di semplice inosservanza delle disposizioni amministrative, ma solo quando si determini uno stravolgimento dei principi e di canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario, per la violazione di norme quali quelle riguardanti la titolarità del potere di assegnazione degli affari in capo ai dirigenti degli uffici e l’obbligo di motivazione dei provvedimenti (Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017, omissis, Rv. 270775 – 01; Sez. 6, n. 13833 del 12/03/2015, omissis, Rv. 263079; Sez. 1, n. 13445 del 30/03/2005, omissis, Rv. 231338).

Con specifico riferimento alla assegnazione dei processi ai giudici onorari si è poi affermato, con giurisprudenza che si condivide, che non integra alcuna nullità la trattazione e decisione di un procedimento da parte del giudice onorario, al quale sia stato assegnato un ruolo d’udienza in mancanza della dimostrazione dell’impedimento o della indisponibilità di un giudice togato, in quanto l’art. 43-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, non richiede che venga documentata la situazione legittimante l’assegnazione del lavoro giudiziario al giudice onorario (Sez. 6, n. 46:398 del 13/09/2017, C., Rv. 271388 -01).

Ritenuta pertanto, da un lato, la legittimazione del Got che ha deciso il processo in primo grado a subentrare al giudice togato, nel caso in cui lo stesso sia impedito o mancante, si ritiene, altresì, che la asserita carenza – invero non documentata – di un provvedimento formale di assegnazione non ha determinato alcuno «stravolgimento dei principi e dei canoni essenziali dell’ordinamento giudiziario» tali da determinare la incapacità del giudice ai sensi dell’art. 33, comma cod. proc. pen..

1.2. Anche il secondo motivo non supera la soglia di ammissibilità, in quanto manifestamente infondato.

La nullità dedotta, ovvero la mancata perfezione della notifica del decreto di citazione a giudizio avvenuta il 21 dicembre 2028 a mezzo posta (si deduceva che non vi era prova che il ricorrente la avesse ricevuta, dato che era stata consegnata al padre convivente, senza che venisse recapitata la successiva raccomandata informativa) deve essere inquadrata come “a regime intermedio”, non trattandosi di notifica “omessa”, ma, in ipotesi, solo “irregolare” (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, omissis, Rv. 229539 – 01).

Il collegio riafferma che «quando la nullità a regime intermedio si verifica nella fase delle indagini preliminari o negli atti preliminari al dibattimento di primo grado, la relativa eccezione deve essere formulata dalla difesa, a pena di decadenza, entro la deliberazione della sentenza di primo grado; quando si verifica nella fase del “giudizio” di primo grado l’eccezione deve essere proposta prima della deliberazione della sentenza di appello; la medesima regola vale, secondo giurisprudenza costante, per le nullità afferenti al giudizio di appello vale a dire che quando la nullità a regime intermedio riguarda un momento anteriore e prodromico all’instaurazione della fase del “giudizio di appello” – come nel caso di specie – deve essere eccepita prima della deliberazione della sentenza di appello (per tutte Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, omissis, Rv. 249651); quando, invece, concerne il giudizio va eccepita prima della pronuncia della sentenza della Corte di cassazione, dunque è deducibile con il ricorso per cassazione (art. 180)» (Sez. 5, n. 34790 del 16/09/2022, omissis, Rv. 283901).

Applicando tali principi al capo in esame deve ribadirsi che la notifica a mezzo posta del decreto di citazione a giudizio eseguita mediante consegna dell’atto a persona diversa dall’imputato, pur se al domicilio dichiarato, in mancanza di prova certa della effettiva ricezione da parte del destinatario della raccomandata informativa di avvenuto recapito, è affetta da nullità di ordine generale a regime intermedio che, in quanto verificatasi nella fase antecedente al giudizio, va rilevata dal giudice o eccepita dalla parte entro e non oltre la deliberazione della sentenza di primo grado. (Sez. 2, n. 24807 del 04/04/2019, omissis, Rv. 276968 – 01).

Nel caso di specie il ricorrente, che peraltro all’epoca della notifica al padre convivente si trovava ristretto agli arresti domiciliari (pag. 3 della sentenza impugnata), ha dedotto la nullità solo con l’atto di appello, dunque tardivamente.

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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