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Valutazione preliminare dell’ammissibilità della richiesta di revisione basata su prova nuova

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Cass. pen., sez. V, 13/11/2023 (ud. 13/11/2023, dep. 15/02/2024), n. 6692 (Pres. Catena, Rel. Brancaccio)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., artt. 630, co. 1, lett. c), 634, co. 1)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, da un lato, l’art. 634, co. 1, lett. c), cod. proc. pen. dispone che la “revisione può essere richiesta: (…) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’articolo 631” cod. proc. pen., dall’altro, l’art. 634, co. 1, cod. proc. pen. stabilisce che, quando “la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633, 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l’inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065”, con la decisione in esame, la Cassazione chiarisce cosa deve avere ad oggetto la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova.

Ebbene, prima di vedere come la Suprema Corte ha affrontato siffatta questione, esaminiamo innanzitutto il procedimento in occasione del quale è stata adottata la pronuncia qui in commento.

A fronte del fatto che la Corte di Appello di Perugia dichiarava inammissibile, ex art. 634 cod. proc. pen., una richiesta di revisione, avverso questo provvedimento il difensore del richiedente ricorreva per Cassazione.

In particolare, tra i motivi ivi addotti, la difesa deduceva violazione di legge e vizio di motivazione carente del provvedimento impugnato posto che, a suo avviso, la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione per manifesta infondatezza aveva superato i limitati confini normativi entro i quali è consentita la delibazione preliminare di ammissibilità nel procedimento ex artt. 630 e ss. cod. proc. pen., risolvendosi in un esame del merito della stessa e della valenza di novità delle prove oggetto dell’istanza, senza contraddittorio.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato.

Nel dettaglio, gli Ermellini, dopo avere fatto presente che, in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020), richiamavano, a sostegno dell’esito decisorio da loro assunto, quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Sez. 2, n. 18765 del 13/3/2018), e ciò anche perché, ai fini dell’esito positivo del giudizio di revisione, la prova nuova deve condurre all’accertamento – in termini di ragionevole sicurezza – di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (cfr., tra le molte, Sez. 5, n. 34515 del 18/6/2021), tenuto conto altresì del fatto che, nella nozione di nuove prove rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, non rientrano quelle esplicitamente valutate dal giudice di merito (nemmeno se in maniera erronea per effetto di travisamento) poichè, in tal caso, avrebbero dovuto essere proposti gli ordinari mezzi di impugnazione; e sono proprio tali rimedi quelli previsti per contestare la valenza delle prove già assunte nel corso del processo (cfr., in tema, Sez. 3, n. 34970 del 3/11/2020).

Orbene, alla luce di tale quadro ermeneutico, per i giudici di piazza Cavour, la Corte territoriale aveva ritenuto inammissibile l’istanza di revisione in questione mediante una constatazione – (stimata) del tutto logica e ampiamente motivata – circa la mancanza del carattere di “novità” di tutte le prove proposte dalla difesa.

I risvolti applicativi

La valutazione preliminare dell’ammissibilità di una richiesta di revisione basata su una presunta nuova prova deve considerare non solo l’affidabilità, ma anche la persuasività e la congruenza nel contesto della cognizione acquisita.

Tale valutazione deve essere inoltre realistica nella comparazione tra la nuova prova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale, al fine di condurre a un accertamento sicuro di un fatto che metta in discussione la responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio.

Ciò posto, è infine importante notare che le prove precedentemente valutate dal giudice di merito non rientrano nella definizione di “nuove prove rilevanti” e quindi non possono essere oggetto di richiesta di revisione, a meno che non si proponga un ordinario mezzo di impugnazione.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 6992 Anno 2024

Presidente: CATENA ROSSELLA

Relatore: BRANCACCIO MATILDE

Data Udienza: 13/11/2023

Data Deposito: 15/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M. G. E. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 30/03/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA

udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale LUCIA °DELLO, che ha chiesto l’inammissibilita del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza impugnata, la Corte d’appello di Perugia ha dichiarato inammissibile, ex art. 634 cod. proc. pen., la richiesta di revisione proposta da G. E. M., condannato a 22 anni di reclusione per il reato di omicidio, distruzione di cadavere ed incendio, in continuazione tra loro, a seguito di rideterminazione della pena operata in sede di (ultimo) rinvio dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma, con sentenza del 19.1.2017, dopo un annullamento da parte della Corte di cassazione; la decisione di

rinvio è divenuta irrevocabile il 9.4.2018, con il rigetto del ricorso deciso dalla Prima Sezione Penale di questa Corte regolatrice (sentenza n. 39760 del 9/4/2018).

La condanna di M. è intervenuta a seguito di due annullamenti con rinvio da parte della Cassazione di altrettante assoluzioni disposte in primo grado e si riferisce all’omicidio di I. A. F., ucciso con 43 coltellate in varie parti vitali, ed il cui cadavere era stato bruciato nella sua auto; i fatti sono accaduti a …, il 25.1.2009, e per i reati è stato condannato, oltre a M., un altro complice, A. C.; alla radice del delitto, un furioso litigio sorto tra i tre per via della richiesta della vittima di saldare gli acquisti di cocaina di cui riforniva i suoi assassini per cospicui quantitativi, nell’ambito di un’attività illegale di traffico di stupefacenti.

2. Avverso l’ordinanza di inammissibilità della istanza di revisione ricorre il condannato, evidenziando due ragioni diverse di censura.

2.1. Il primo motivo eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione carente del provvedimento impugnato, che si definisce “sbrigativo” nell’esame di quella che era una istanza difensiva più complessa di quanto si sia compreso.

In sintesi, la difesa si lamenta del fatto che la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione per manifesta infondatezza abbia superato i limitati confini normativi entro i quali è consentita la delibazione preliminare di ammissibilità nel procedimento ex artt. 630 e ss. cod. proc. pen., risolvendosi in un esame del merito della stessa e della valenza di novità delle prove oggetto dell’istanza, senza contraddittorio.

Si rappresenta, quindi, l’erronea negativa valutazione della natura di “prove nuove” delle consulenze della dott.ssa S. e dell’Ing. C., che la Corte d’Appello ha ritenuto – non condivisibilmente – già esaminate e superate, nella loro valenza difensiva, dalla sentenza di cui si chiedeva la revisione da parte del ricorrente.

2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si eccepisce nullità dell’ordinanza impugnata, per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla verifica del carattere di novità delle prove addotte a sostegno dell’istanza, che erroneamente ha dato esito negativo.

La difesa ripercorre, quindi, i dati di prova pretermessi dalla Corte d’Assise d’Appello e fondanti la revisione, sui quali aveva incentrato la propria richiesta: l’ing. C., cui era stata affidata la consulenza sul tracciamento degli spostamenti del ricorrente, mediante la localizzazione delle celle telefoniche agganciate dal suo telefono cellulare, avrebbe riferito che M. si trovava solo “nei pressi” della casa ove è avvenuto l’omicidio e non “dentro” la casa, al momento in cui è stato collocato il delitto da parte dei giudici d’appello; sicchè spostando in avanti di circa due minuti il tempo di commissione del reato, secondo quanto avrebbe riferito il consulente, non vi sarebbe compatibilità tra il momento della registrazione del condannato al pronto soccorso dell’ospedale, avvenuta alle ore 22.36 del giorno del delitto, ed il tempo necessario per raggiungere il presidio medico dal luogo dei fatti (calcolato in base alla perizia tecnica ordinata dalla Corte d’Assise);

la dott.ssa S., consulente del pubblico ministero, ha evidenziato, nel corso del suo esame, che il ricorrente aveva riportato due ferite alla mano sinistra, delle quali una sola da taglio, mentre l’altra, definita come lacero-contusa, non aveva trovato alcuna spiegazione nelle sentenze di merito che hanno portato alla condanna del ricorrente e, quindi, avrebbe potuto essere riscontro del suo alibi: egli, come ha rappresentato, si è ferito cadendo dal suo ciclomotore e non nel corso dell’omicidio;

il testimone della difesa G. ha reso una dichiarazione al difensore di fiducia del ricorrente, che certamente confuta il fallimento della prova d’alibi, rappresentata dalla dichiarata caduta in motorino da parte del condannato, avendo assistito alla caduta stessa. Il fatto che la dichiarazione raccolta manchi dei dati formali rilevati dall’ordinanza impugnata non rileverebbe, poiché comunque la stessa ordinanza di inammissibilità non dubita della sua esistenza.

2. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha chiesto, con requisitoria scritta, l’inammissibilità del ricorso.

2.1. Il difensore del ricorrente ha depositato, in vista dell’udienza, una memoria difensiva con cui, ribattendo alle conclusioni del PG, evidenzia nuovamente le principali ragioni a sostegno del ricorso, chiedendone l’accoglimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, per le ragioni che si indicheranno di seguito.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato ed equivoca la decisione impugnata.

Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte regolatrice, in tema di revisione, anche nella fase rescindente è richiesta una delibazione non superficiale, sia pure sommaria, degli elementi addotti per capovolgere la precedente statuizione di colpevolezza e tale sindacato ricomprende necessariamente il controllo preliminare sulla presenza di eventuali profili di non persuasività e di incongruenza, rilevabili in astratto, oltre che di non decisività delle allegazioni poste a fondamento dell’impugnazione straordinaria (Sez. 5, n. 1969 del 20/11/2020, omissis, Rv. 280405; nella specie, la Corte – analogamente a quanto accaduto anche nel caso all’esame del Collegio – ha ritenuto legittima la valutazione della Corte di appello di immediata inconferenza, rispetto all’impianto probatorio già esistente, della prova dedotta come “nuova”, verificandone anche l’incapacità a scalfire il ragionamento del giudice della cognizione e le sue ragioni).

La valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta (Sez. 2, n. 18765 del 13/3/2018, omissis, Rv. 273020).

Ciò anche perché, ai fini dell’esito positivo del giudizio di revisione, la prova nuova deve condurre all’accertamento – in termini di ragionevole sicurezza – di un fatto la cui dimostrazione evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (cfr., tra le molte, Sez. 5, n. 34515 del 18/6/2021, omissis, Rv. 281772).

Nel caso del ricorrente, l’inammissibilità dell’istanza di revisione è derivata dalla constatazione – del tutto logica e ampiamente motivata – circa la mancanza del carattere di “novità” di tutte le prove proposte dalla difesa, vale a dire:

a) due testimonianze di consulenti – l’ing. C. e la dott.ssa S. -, che invece il ricorrente denuncia non siano state tenute in conto nella loro effettiva valenza, nonostante fossero parte della piattaforma di prova, basata soprattutto sul grave elemento indiziario costituito dall’accesso di M. al pronto soccorso circa otto minuti dopo l’orario in cui è stato collocato l’omicidio, per farsi medicare una ferita da taglio, giudicata del tutto compatibile con la ricostruzione dell’omicidio operata dai giudici di merito;

b) la testimonianza di A. G., raccolta dalla difesa dopo il processo, che ha dichiarato di aver visto il ricorrente cadere dal ciclomotore a bordo del quale viaggiava in una frazione di Formia tra le 21.45. e le 21.50 della sera dell’omicidio, vale a dire poco prima del suo accesso al pronto soccorso per farsi medicare: la testimonianza, che avrebbe dovuto confortare l’alibi del ricorrente riguardo all’essersi ferito non già nel corso dell’aggressione alla vittima, bensì per essere caduto dal proprio motorino, è stata giudicata sia irritualmente assunta (priva di sottoscrizione del verbale da parte del dichiarante e priva delle sue generalità complete), sia comunque irrilevante nei contenuti, perché l’alibi è stato già ampiamente sottoposto ad analisi e giudicato inutilmente dato, oltre che inverosimile, nella motivazione del provvedimento avverso cui si è proposta revisione.

Del resto, si esclude anche che nella nozione di nuove prove rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, rientrino quelle esplicitamente valutate dal giudice di merito (nemmeno se in maniera erronea per effetto di travisamento), poichè, in tal caso, avrebbero dovuto essere proposti gli ordinari mezzi di impugnazione; e sono proprio tali rimedi quelli previsti per contestare la valenza delle prove già assunte nel corso del processo (cfr., in tema, Sez. 3, n. 34970 del 3/11/2020, omissis, Rv. 280046).

3. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile, non solo perché manifestamente infondato, dinanzi ad una lettura delle prove addotte come nuove nell’istanza di revisione che la Corte d’Appello – come si è già avuto modo di chiarire nell’analisi del precedente motivo di ricorso – scevra da incrinature logiche nell’argomentare dell’esclusione del carattere di novità di tali elementi, già verificati e superati nella sentenza di cui si chiede la revisione, ma anche in quanto formulato con una non consentita prospettiva rivalutativa, sottratta al sindacato di legittimità.

Nella sentenza di rigetto del ricorso avverso la decisione di condanna di M. (Sez. 1, n. 39760 del 9/4/2018), si erano ampiamente prese in considerazione le censure dell’imputato già all’epoca rivolte alla valutazione dei giudici di merito dei risultati peritali, sottolineandone la genericità rispetto alla consistenza dei dati di prova che dimostravano la attribuibilità della ferita procuratasi dal ricorrente all’intervento di un’arma bianca da punta e taglio, con esclusione di alternative e assai poco probabili diverse eziologie.

Per questo, deve concludersi nel senso che le censure oggetto del secondo motivo di ricorso avverso l’ordinanza di revisione costituiscono deduzioni che si risolvono in un’assertiva e più favorevole declinazione del significato delle prove testimoniali dei due consulenti, C. e S., e del teste della difesa G., che non trova posto nelle possibilità di verifica spettanti alla Corte di cassazione, cui compete la valutazione della tenuta logica del provvedimento impugnato e della sua esaustività; esse reiterano, in ultima analisi, argomenti già al centro della sentenza di questa Corte regolatrice di rigetto del ricorso avverso la decisione di condanna del ricorrente.

4. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente che lo ha proposto al pagamento delle spese processuali nonché, ravvisandosi profili di colpa relativi alla causa di inammissibilità (cfr. sul punto Corte Cost. n.186 del 2000), al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 3.000

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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