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Ricusazione del giudice per manifestazione indebita del convincimento

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Cass. pen., sez. V, 24/10/2023 (ud. 24/10/2023, dep. 01/02/2024), n. 4596 (Pres. Pezzullo, Rel. Brancaccio)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, su cui la Cassazione era tenuta a decidere nel caso di specie, atteneva al seguente quesito: quando l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale la Suprema Corte ha trattato tale questione, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Ancona aveva rigettato l’istanza di ricusazione avanzata nei confronti di due magistrati componenti del collegio del Tribunale del Riesame di Ancona, la difesa ricorreva per Cassazione, deducendo che i giudici della cautela avrebbero dovuto astenersi, avendo già deciso la procedura di riesame reale su sequestro preventivo impeditivo nonché quella di riesame personale sul coindagato nell’indagine che vedeva coinvolto anche il ricorrente in relazione a contestazioni provvisorie del reato continuato di cui all’art. 166 d.lgs. n. 58 del 1998.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere il ricorso suesposto inammissibile, riteneva innanzitutto come la Corte territoriale, a suo avviso, avesse correttamente applicato il principio giurisprudenziale consolidato secondo cui non costituisce indebita manifestazione del convincimento del giudice, in grado di fondare una richiesta di ricusazione, il fatto che egli, nel corso del procedimento, come componente del tribunale del riesame, abbia confermato una misura cautelare reale, atteso che l’adozione di quest’ultima prescinde da qualsiasi valutazione sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’imputato (Sez. 1, n. 58024 del 18/10/2017).

Dunque, per gli Ermellini – dopo avere precisato che una precedente e legittima manifestazione del proprio convincimento, in un diverso procedimento, sull’oggetto dell’accusa in ordine alla quale si procede, può costituire per il giudice, in presenza di determinate circostanze, “grave ragione di convenienza” rilevante a fini di astensione, secondo il disposto della lett. h) del primo comma dell’art. 36 cod. proc. pen., ma resta irrilevante a fini di ricusazione, posto che l’art. 37 dello stesso codice non richiama la norma citata nel delineare i casi di ricusazione – rilevavano che, solo quando il giudice sia chiamato a decidere sulla “responsabilità dell’imputato”, il convincimento precedentemente espresso può consentire, alla luce delle stesse circostanze, una iniziativa delle parti ai sensi dell’art. 37 cod. proc. pen. (come integrato dalla Corte costituzionale con la sentenza 6 – 14 luglio 2000, n. 283).  

Tal che se ne faceva discendere che in nessun caso il pregresso convincimento può legittimare una dichiarazione di ricusazione quando la funzione “pregiudicata” non sia quella della sentenza di merito (Sez. 6, n. 47798 del 6/11/2003), tenuto conto del resto che, sulla stessa linea interpretativa, si è affermato che non costituisce indebita manifestazione del convincimento del giudice, in grado di fondare una richiesta di ricusazione, il fatto che questi, nel corso del procedimento, come componente del tribunale del riesame, abbia confermato una misura cautelare reale, in quanto tale decisione prescinde da qualsiasi valutazione sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’imputato, salva la verifica in concreto e caso per caso, da parte del giudice della ricusazione, di eventuali profili rilevanti dedotti (Sez. 5, n. 15689 del 24/2/2020).

Ed infatti, per la Corte di legittimità, l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della “res iudicanda”, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonchè quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato (Sez. U, n. 41263 del 27/9/2005).

I risvolti applicativi

L’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della “res iudicanda”, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonchè quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato.

Quindi, solo in presenza di una di tali condizioni, ove il giudice abbia espresso un proprio convincimento in ordine ad una deliberazione di questo genere, è possibile ricusarlo.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 4596 Anno 2024

Presidente: PEZZULLO ROSA

Relatore: BRANCACCIO MATILDE

Data Udienza: 24/10/2023

Data Deposito: 01/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D. L. G. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA

udita la relazione svolta dal Consigliere MATILDE BRANCACCIO;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale PASQUALE GARGIULO che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. G. D. L. ricorre avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Ancona con cui è stata rigettata l’istanza di ricusazione avanzata nei confronti di due magistrati componenti del collegio del Tribunale del Riesame di Ancona che, all’udienza del 21.3.2023, ha emesso ordinanza ex art. 309 cod. proc. pen. nel p.p. RGNR n. … a suo carico.

Secondo il ricorrente, le giudici P. M. e M. M. avrebbero dovuto astenersi, avendo già deciso la procedura di riesame reale su sequestro preventivo impeditivo nonché quella di riesame personale sul coindagato nell’indagine che vede coinvolto anche il ricorrente in relazione a contestazioni provvisorie del reato continuato di cui all’art. 166 d.lgs. n. 58 del 1998. La richiesta di astensione, rigettata in sede di udienza, è stata tramutata dal difensore del ricorrente in istanza di ricusazione, che non ha avuto miglior fortuna, essendo stata rigettata con il provvedimento impugnato, cui il ricorso contesta il vizio di mancanza o apparenza di motivazione.

La Corte d’appello non ha tenuto conto del fatto che il Tribunale del Riesame ha deciso, nella medesima udienza del 17.3.2023, due delle tre procedure cautelari relative allo stesso procedimento, con inevitabili conseguenze su quella decisa per ultima, nell’udienza successiva del 21.3.2023 – vale a dire quella relativa alla posizione del ricorrente — in cui inevitabilmente i giudici avevano una piena pre-conoscenza del merito della vicenda.

2. Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, Gargiulo, ha chiesto, con requisitoria scritta, la inammissibilità del ricorso, anche sulla base dell’analisi della giurisprudenza costituzionale in materia.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. A prescindere dall’estrema genericità delle deduzioni relative alle ragioni di pregiudizio, in base alle quali il ricorrente denuncia la mancata astensione, il Collegio non rileva alcuna carenza di motivazione riguardo al provvedimento impugnato, che si è uniformato al principio giurisprudenziale consolidato secondo cui non costituisce indebita manifestazione del convincimento del giudice, in grado di fondare una richiesta di ricusazione, il fatto che egli, nel corso del procedimento, come componente del tribunale del riesame, abbia confermato una misura cautelare reale, atteso che l’adozione di quest’ultima prescinde da qualsiasi valutazione sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’imputato (Sez. 1, n. 58024 del 18/10/2017, omissis, Rv. 271779).

La precedente e legittima manifestazione del proprio convincimento, in un diverso procedimento, sull’oggetto dell’accusa in ordine alla quale si procede, può costituire per il giudice, in presenza di determinate circostanze, “grave ragione di convenienza” rilevante a fini di astensione, secondo il disposto della lett. h) del primo comma dell’art. 36 cod. proc. pen., ma resta irrilevante a fini di ricusazione, posto che l’art. 37 dello stesso codice non richiama la norma citata nel delineare i casi di ricusazione.

Solo quando il giudice sia chiamato a decidere sulla “responsabilità dell’imputato” il convincimento precedentemente espresso può consentire, alla luce delle stesse circostanze, una iniziativa delle parti ai sensi dell’art. 37 cod. proc. pen. (come integrato dalla Corte costituzionale con la sentenza 6 – 14 luglio 2000, n. 283). Da ciò consegue che in nessun caso il pregresso convincimento può legittimare una dichiarazione di ricusazione quando la funzione “pregiudicata” non sia quella della sentenza di merito (Sez. 6, n. 47798 del 6/11/2003, omissis, Rv. 228438).

Del resto, nella stessa linea interpretativa, si è affermato che non costituisce indebita manifestazione del convincimento del giudice, in grado di fondare una richiesta di ricusazione, il fatto che questi, nel corso del procedimento, come componente del tribunale del riesame, abbia confermato una misura cautelare reale, in quanto tale decisione prescinde da qualsiasi valutazione sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza in capo all’imputato, salva la verifica in concreto e caso per caso, da parte del giudice della ricusazione, di eventuali profili rilevanti dedotti (Sez. 5, n. 15689 del 24/2/2020, omissis, Rv. 279164).

Ed infatti, l’indebita manifestazione del convincimento da parte del giudice espressa con la delibazione incidentale di una questione procedurale, anche nell’ambito di un diverso procedimento, rileva come causa di ricusazione solo se il giudice abbia anticipato la valutazione sul merito della “res iudicanda”, ovvero sulla colpevolezza dell’imputato, senza che tale valutazione sia imposta o giustificata dalle sequenze procedimentali, nonchè quando essa anticipi in tutto o in parte gli esiti della decisione di merito, senza che vi sia necessità e nesso funzionale con il provvedimento incidentale adottato (Sez. U, n. 41263 del 27/9/2005, omissis, Rv. 232067).

Nel caso di specie, su tutti i temi rilevanti sin qui sintetizzati, ha risposto correttamente l’ordinanza impugnata, decidendo per il rigetto dell’istanza ed evidenziando anche come non vi sia stata neppure alcuna indebita manifestazione del convincimento del giudice, che ha calibrato la motivazione del provvedimento ai contenuti propri della fase cautelare reale.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso il 24 ottobre 2023.

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