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Quando si può riconoscere il vincolo della continuazione tra reati associativi?

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Cass. pen., sez. I, 29/03/2024 (ud. 29/03/2024, dep. 30/07/2024), n. 31158 (Pres. Siani, Rel. Toscani)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando è possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra i reati associativi.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava un’istanza volta al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’istante, deducendo la violazione dell’art. 81 cod. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto fondato.

In particolare, tra le argomentazioni giuridiche che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi criminosi, è possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra i reati associativi solo a seguito di una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di reato e delle condotte criminose (Sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016).

I risvolti applicativi

Per riconoscere il vincolo della continuazione tra reati associativi, quando un soggetto appartiene a diversi sodalizi criminosi, è necessaria un’indagine specifica sulla natura, operatività e continuità nel tempo dei sodalizi, considerando la contiguità temporale, i programmi operativi e il tipo di compagine, a nulla rilevando la natura permanente del reato associativo e l’omogeneità delle condotte criminose.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 31158 Anno 2024

Presidente: SIANI VINCENZO

Relatore: TOSCANI EVA

Data Udienza: 29/03/2024

Data Deposito: 30/07/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

B. E. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 08/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI

udita la relazione svolta dal Consigliere EVA TOSCANI;

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza in preambolo la Corte d’Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza di E. B., intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione a reati separatamente giudicati in sede di cognizione dalla sentenza della Corte di appello di Napoli del 27 novembre 2019, irrevocabile il 1° aprile 2021, di condanna per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen., commesso fino al 2010 e quella della stessa Corte di appello del 9 aprile 2018, irrevocabile il 21 giugno 2019, di condanna per i reati di cui agli art. 74 e 74 dP.R. n. 309 del

1990, commessi dal 2011 al 2015.

A ragione della decisione la Corte territoriale ha posto i seguenti elementi, evincibili dalla lettura delle sentenze acquisite: i) l’adesione, con il ruolo di mero partecipe, di B. all’associazione camorristica denominata clan C., di cui è stato accertato con la prima delle menzionate sentenze egli ha fatto parte fino all’anno 2010, impegnandosi prevalentemente nel campo degli stupefacenti, ma  ponendo in essere anche ulteriori reati d’interesse del clan; ii) la partecipazione, con «ruolo qualificato» al sodalizio dedito al narcotraffico, operativo anche all’estero, dal 2011 al 2015, giudicato con la seconda delle menzionate sentenze; iii) l’estemporaneità dell’adesione a questo secondo sodalizio, determinato da un mutamento di equilibri interni all’associazione camorristica (successivamente all’arresto, tra gli altri, del padre dell’istante, P.  B., vertice unitamente- a E. C., del clan), foriero di scelte criminali del tutto nuove che, complice una “crescita” delinquenziale, portava l’istante a «cambiare completamente strategia criminale, intraprendendo un percorso illecito  completamente diverso proprio all’esito (ed in ragione) di tali modificati assetti».

Su tale giudizio ha ritenuto ininfluente la lettura delle motivazioni delle sentenze allegate dalla difesa a corredo dell’istanza e, segnatamente, quella del Giudice per le indagini preliminari del 25 novembre 2020, posto che la stessa non risultava divenuta cosa giudicata e, comunque, per la estrema genericità della motivazione in punto di riconosciuta continuazione tra i reati ivi giudicati e l’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 giudicata con la seconda delle sentenze oggetto dell’odierna istanza.

2. Ricorre con un unico atto per cassazione E. B., tramite i difensori di fiducia avv. D. d. I. e avv. A. I. e deduce la violazione dell’art. 81 cod. pen. con un motivo articolato.

La Corte territoriale avrebbe trascurato di valorizzare chiari indici della sussistenza dell’unicità ideativa, evincibili sia dalla sentenza del Giudice per le indagini preliminari del 25 novembre 2020 (allegata al ricorso) – dimostrativa della prosecuzione della partecipazione di B. al clan C. anche successivamente all’anno 2010 e, segnatamente, dall’anno seguente, come si legge nel capo d’imputazione del capo 1) da tale sentenza giudicato, «in attualizzazione di analoga condotta oggetto di contestazione fino all’anno 2010 nel procedimento penale n. … R.g.n.r.» – sia da quella della Sezione Terza di questa Corte di cassazione che, nel rigettare il ricorso di B. avverso la condanna di cui alla sentenza Corte di appello di Napoli, irrevocabile il 21 giugno 2019, in punto di sussistenza dell’aggravante mafiosa ivi contestata, ha affermato che l’obiettivo delle condotte dell’associazione finalizzata al narcotraffico fosse quella di avvantaggiare il clan C., alla costituzione di un monopolio nel narcotraffico ed incrementarne le casse, valorizzando inoltre il collegamento tra le piazze di spaccio, gestite e controllare dal clan di c., e gli approvvigionamenti provenienti dall’associazione di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.

Ha, poi, evidenziato come la lettura dei capi d’imputazione relativi alle due associazioni consentisse di apprezzare la sostanziale sovrapponibilità dei partecipi, tutti aderenti al clan C., fatta eccezione di quei pochi che, non a caso, operavano nel sodalizio dedito al traffico di stupefacenti con ruoli di fornitori ovvero di stabili acquirenti.

Destituita di fondamento dunque, sarebbe l’affermazione contenuta nel provvedimento impugnato secondo la quale B. si sarebbe dedicato alla creazione di un’organizzazione autonoma e con persone diverse dagli affiliati e, anzi, proprio la lettura congiunta dei provvedimenti giudiziari in atti, darebbe

contezza del fatto che il sodalizio finalizzato al narcotraffico, per il quale è stata confermata l’aggravante della “mafiosità”, costituirebbe «una “costola” del clan C., specificamente dedita all’organizzazione dei traffici di stupefacenti nell’interesse di quest’ultima consorteria» (così a p. 12 del ricorso).

3. Il Sostituto Procuratore generale, E. Pedicini, è intervenuto con requisitoria scritta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente deve rilevarsi che il Procuratore generale presso questa Corte ha depositato la requisitoria in data 15 marzo 2024, oltre il termine del quindicesimo giorno antecedente all’udienza camerale, previsto dall’art. 611, comma 1, cod. proc. pen.

Poiché il rispetto di tale termine è funzionale alle esigenze di funzionalità e adeguatezza del contraddittorio cartolare in vista dell’udienza cui le parti non sono ammesse a comparire, potendo tuttavia trasmettere memorie fino al quinto giorno antecedente, l’intervento della Pubblica accusa deve considerarsi tardivo e delle relative conclusioni non deve tenersi conto in questa sede.

2.Ciò premesso, il ricorso è fondato.

Com’è noto, il riconoscimento della continuazione necessita di  un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, omissis, Rv. 270074).

Con peculiare riguardo alla configurabilità del vincolo della continuazione tra più reati associativi è stato condivisibilmente che, «qualora sia riconosciuta l’appartenenza di un soggetto a diversi sodalizi

criminosi, è possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra i reati associativi solo a seguito di una specifica indagine sulla natura dei vari sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità nel tempo, avuto riguardo ai profili della contiguità temporale, dei programmi operativi perseguiti e del tipo di compagine che concorre alla loro formazione, non essendo a tal fine sufficiente la valutazione della natura permanente del reato associativo e dell’omogeneità del titolo di reato e delle condotte criminose» (Sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016, dep. 2017, omissis, Rv. 268786).

3. L’ordinanza impugnata non appare conforme ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte sin qui richiamati.

Con riferimento, invero, ai primi due elementi ritenuti ostativi al riconoscimento della continuazione – la parziale diversità soggettiva della compagine associativa e il differente ruolo operativo assunto da B. -, va invece rammentato che, in tema di reati associativi, non comportano soluzione di continuità nella vita dell’organizzazione criminosa: a) l’eventuale variazione della compagine associativa per la successiva adesione di nuovi membri all’accordo originario o per la rescissione del rapporto di affiliazione da parte di alcuni sodali; b) l’estensione dell’attività criminosa alla commissione di reati di altra specie; c) l’ampliamento dell’ambito territoriale di operatività (Sez. 2, n. 28644 del26/04/2012, omissis, Rv. 253416, che ha precisato che, una volta individuata l’esistenza di una data associazione mafiosa, per affermare che ad essa ne sia susseguita una diversa occorre la prova che la seconda sia scaturita da un diverso patto criminale oppure che quella originaria abbia definitivamente cessato di esistere a causa di un ben determinato evento traumatico, che abbia generato discontinuità nel programma associativo, ad esempio una faida oppure una scissione).

Quanto all’asserita estemporaneità dell’adesione al secondo sodalizio, risulta dagli atti nella disponibilità cognitiva e valutativa di questa Corte – il ricorso, con le allegate sentenze, e il provvedimento impugnato – che B. fosse interessato principalmente al traffico di droga attività, sua volta, ab initio tra i reati fine dell’associazione camorristica.

Sicché la valutazione di ritenuta frattura fra le progettazioni criminali che il giudice dell’esecuzione ha ritenuto ostativa dell’unico disegno criminoso non ha tenuto in adeguata considerazione gli elementi segnalati dalla difesa al fine di dimostrare la continuità dell’associazione ex art. 74 d. P.R. n. 309 del 1990 con il disegno criminoso dell’associazione per delinquere di camorra, già inserito nell’associazione partecipata sino al 2010.

4. Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, per nuovo esame, libero negli esti, ma ossequiante dei principi affermati e richiamati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Napoli.

Così deciso il 29 marzo 2024

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