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Quando si parla di “ne bis in idem”, cosa significa l’identità del fatto?

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Cass. pen., sez. I, 16/02/2024 (ud. 16/02/2024, dep. 30/05/2024), n. 21597 (Pres. Centofanti, Rel. Monaco)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quando sussiste l’identità del fatto ai fini della preclusione connessa al principio “ne bis in idem”.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Perugia, quale giudice dell’esecuzione, accoglieva una richiesta di applicazione della disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. in relazione a tre diverse sentenze di condanna, mentre rigettava un’istanza proposta ex art. 669 cod. proc. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore ricorreva per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 D.P.R. 309 del 1990 e 669 cod. proc. pen. quanto al mancato riconoscimento che le due sentenze di condanna si riferissero al medesimo fatto.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, gli Ermellini, tra le argomentazioni che l’avevano indotto ad addivenire a siffatto esito decisorio, – dopo avere fatto presente che l’art. 669 cod. proc. pen., dispone, al comma 1, che «Se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l’esecuzione della sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave, revocando le altre» – richiamavano quell’orientamento nomofilattico secondo cui, «ai fini della preclusione connessa al principio “ne bis in idem”, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storiconaturalistica nella configurazione del reato considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona», quando cioè vi sia completa coincidenza fra tutte le componenti delle fattispecie concrete (Sez. U,n. 34655 del 28/06/2005; Sez. 1, n. 7710, 6/12/2023; Sez. 1, n. 7707 del 22/11/2023; Sez. 1, n. 12686 del 22/2/2023; Sez. 1, n. 15706 dell’11/1/2022; Sez. 1, n. 30428 dell’8/2/2018; Sez. 1, n. 41172 del 26/10/2011).

Invero, per i giudici di piazza Cavour, il giudice dell’esecuzione, in riferimento a quanto accaduto e accertato, aveva dato atto come l’imputato fosse stato condannato per due fatti ontologicamente e cronologicamente autonomi.

Il ricorso proposto, quindi, era rigettato e il ricorrente era condannato al pagamento delle spese processuali.

I risvolti applicativi

Dato che il principio “ne bis in idem” preclude la ripetizione di procedimenti quando vi è identità del fatto, ricorre tale ipotesi allorché vi sia una corrispondenza completa nella configurazione del reato, inclusi condotta, evento, nesso causale e circostanze di tempo, luogo e persona.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 21597 Anno 2024

Presidente: CENTOFANTI FRANCESCO

Relatore: MONACO MARCO MARIA

Data Udienza: 16/02/2024

Data Deposito: 30/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M. M. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 01/02/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA

udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO;

lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. FERDINANDO LIGNOLA per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Perugia, quale giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza del 1/2/2023, depositata il 30/7/2023, ha accolto la richiesta di applicazione della disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. in relazione a tre diverse sentenze di condanna e ha rigettato l’istanza proposta ex art. 669 cod. proc. pen. con la quale M. M. ha chiesto che venisse riconosciuto che il fatto oggetto della sentenza di condanna pronunciata dal Giudice delle Indagini Preliminari di Chieti l’8/10/2015 (la detenzione di sostanze stupefacenti commessa in … il …) è il medesimo rispetto a quello di cui al capo C3) della sentenza della Corte di Appello di Perugia del 15/2/2021 (offerta in vendita della stessa sostanza stupefacente, commessa sempre il … a …).

2. M. M. ha chiesto il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i fatti oggetto di tre diverse sentenze e l’applicazione della disciplina dai cui all’art. 669 cod. proc. pen. con riferimento a due delle

contestazioni contenute in due di tali pronunce.

Il giudice dell’esecuzione ha accolto la richiesta formulata ai sensi dell’art. 81 cod. pen. e ha rideterminato la pena.

Il giudice ha invece rigettato la seconda richiesta ritenendo che le due condotte, commesse in un ambito spaziale diverso e con differente finalità, siano diverse e che nel caso di specie non sussista il duplice presupposto (“che si tratti della stessa sostanza stupefacente e che le condotte siano state poste in essere contestualmente, ossia indirizzate verso un unico fine e senza apprezzabile soluzione di continuità”)cui è subordinato l’eventuale assorbimento delle condotte sanzionate dall’art. 73 D.P.R. 309/1990 che, altrimenti, si pongono in un rapporto di alternatività formale.

3. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.

3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 D.P.R. 309 del 1990 e 669 cod. proc. pen. quanto al mancato riconoscimento che le due sentenze di condanna si riferiscono al medesimo fatto. Nell’unico motivo di ricorso la difesa evidenzia che le due contestazioni si riferiscono alla medesima sostanza stupefacente che sarebbe stata prima offerta dall’imputato in vendita a tale Q. e, poi, nello stesso giorno, trasportata e detenuta dallo stesso imputato nell’autovettura nella quale la polizia giudiziaria l’ha sottoposta a sequestro. A ben vedere, pertanto, si tratterebbe di un’unica condotta di detenzione nella quale sarebbe assorbito il tentativo di cederla a un acquirente solo poche ore prima dell’accertamento effettuato dalle forze dell’ordine.

4. In data 8 gennaio 2024 sono pervenute in cancelleria le osservazioni con le quali il Sost. Proc. Gen. Ferdinando Lignola chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 D.P.R. 309 del 1990 e 669 cod. proc. pen. evidenziando che le contestazioni contenute nelle due sentenze si riferiscono alla medesima sostanza stupefacente e che, pertanto, il tentativo di cederla a un acquirente solo poche ore prima dell’accertamento effettuato dalle forze dell’ordine sarebbe assorbito nell’unica condotta di detenzione.

La doglianza è infondata.

2.1. L’art. 669 cod. proc. pen., dispone, al comma 1, che «Se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l’esecuzione della sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave, revocando le altre».

La giurisprudenza di legittimità, con lo specifico riferimento a tale norma, ha più volte ribadito che «ai fini della preclusione connessa al principio “ne bis in idem”, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storiconaturalistica nella configurazione del reato„ considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona», quando cioè vi sia completa coincidenza fra tutte le componenti delle fattispecie concrete (Sez. U,n. 34655 del 28/06/2005, omissis, Rv. 231799; Sez. 1, n. 7710, 6/12/2023, dep. 2024, omissis, n.m.; Sez. 1, n. 7707 del 22/11/2023, dep. 2024, omissis, n.m.; Sez. 1, n. 12686 del 22/2/2023, omissis, n.m.; Sez. 1, n. 15706 dell’11/1/2022, omissis, n.m.; Sez. 1, n. 30428 dell’8/2/2018, omissis, n.m.; Sez. 1, n. 41172 del 26/10/2011, omissis, Rv. 251554).

2.2. In materia di stupefacenti, in presenza di condotte riconducibili a quelle descritte di cui all’art. 73 D.P.R. 309 del 1990 ai fini della verifica dell’operatività della citata preclusione si deve far riferimento alla condotta concreta al fine di accertare se questa integri una o più delle azioni tipiche e se queste siano o meno distinte dal punto di vista ontologico, cronologico e psicologico.

Nel solo caso in cui le distinte azioni siano compiute in un unico contesto spazio temporale, infatti, si può ritenere che il fatto sia il medesimo e che operi il principio di cui all’art. 649 cod. pen. e che, in sede di esecuzione, sia applicabile la disciplina prevista dall’art. 669 cod. pen.

In tutte le altre ipotesi, quelle in cui si succedono diverse azioni e volizioni, invece, le condotte sono da ritenersi distinte e integrano autonome ipotesi di reato, senza che assuma alcun rilievo la brevità del tempo intercorso tra le stesse e che la sostanza sia sempre la medesima (Sez. 3, n. 31518 del 29/09/2020, B.,Rv. 280040 – 01 per la quale «l’acquisto a fine di vendita e la consecutiva vendita illecita di sostanze stupefacenti integrano autonome ipotesi di reato, onde, in presenza di distinte condotte poste in essere in tempi diversi, non viola il divieto di “bis in idem” il procedimento avviato per il reato di cessione di stupefacenti nei confronti di un imputato già condannato per l’acquisto illecito e la detenzione della sostanza»; Sez. 6, n. 22549 del 28/03/2017, omissis, Rv. 270266 – 01; Sez. 5, n. 4529 del 10/11/2010, dep. 2011, omissis, Rv. 249252 – 01: «la detenzione illecita di stupefacenti costituisce un’autonoma ipotesi di reato, con la conseguenza che l’acquisto a fine di vendita e la consecutiva vendita di tutto o parte del quantitativo acquistato integrano distinte condotte di reato; né, a tal fine, rileva la brevità del tempo intercorso tra le stesse, in quanto ciò non esclude che ciascun fatto cagioni autonomi eventi di pericolo, determinati da più azioni sorrette da autonome volizioni, ancorché poste in essere in esecuzione di un unico disegno criminoso»).

2.3. Nel caso di specie il provvedimento impugnato è conforme ai principi indicati.

Il giudice dell’esecuzione, infatti, con lo specifico riferimento a quanto accaduto e accertato ha dato atto che l’imputato è stato condannato per due fatti ontologicamente e cronologicamente autonomi in quanto le condotte oggetto delle due sentenze sono distinte:

-la prima consistente nell’avere offerto in vendita a tale Q. 100 gr di sostanza stupefacente a … alle ore … del …;

-la seconda consistente nell’avere detenuto, in concorso con altri soggetti, 96 gr di sostanza stupefacente all’interno di un’autovettura fermata alle ore … circa a ….

3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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