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Quando la censura sulla congruità della pena è inammissibile in Cassazione?

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Cass. pen., sez. II, 14/02/2024 (ud. 14/02/2024, dep. 28/02/2024), n. 8797 (Pres. Petruzzellis, Rel. Minutillo Turtur)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, su cui era chiamata a decidere la Corte suprema nel caso di specie, riguardava quando la censura sulla congruità della pena è inammissibile in Cassazione.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha affrontato tale tematica giuridica, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la pronuncia qui in commento.

La Corte di Appello di Lecce confermava, quanto alla affermazione di responsabilità, la sentenza emessa dal Tribunale della medesima città, riducendo tuttavia la pena inflitta allo stesso per i delitti ascritti all’imputato (art. 648, art. 474 cod. pen.).

Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dalla Corte territoriale salentina il difensore dell’accusato ricorreva per Cassazione, deducendo violazione ed erronea applicazione della legge penale per l’errato riferimento alla pena minima edittale del reato di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen., nonché vizio della motivazione perché illogica e contraddittoria in punto di calcolo della pena base e sanzione concretamente irrogata.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Gli Ermellini ritenevano il ricorso suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di Cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021).

Di conseguenza, per i giudici di piazza Cavour, è ammissibile un ricorso di questo tipo solo nella misura in cui la pena inflitta dal giudice di merito: a) sia determinata per mero arbitrio ovvero sia connotata da un ragionamento illogico; b) non sia sorretta da sufficiente motivazione.

I risvolti applicativi

La censura che cerca di rivalutare la congruità della pena nel giudizio di Cassazione è inammissibile, a meno che la determinazione della pena non sia il risultato di pura arbitrarietà o di un ragionamento illogico e non sia supportata da una motivazione sufficiente.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 8797 Anno 2024

Presidente: PETRUZZELLIS ANNA

Relatore: MINUTILLO TURTUR MARZIA

Data Udienza: 14/02/2024

Data Deposito: 28/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D. K. nato il …

avverso la sentenza del 05/04/2023 della CORTE APPELLO di LECCE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARZIA MINUTILLO TURTUR;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ASSUNTA COCOMELLO che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;

lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. A. S., che ha chiesto l’accoglimento del motivo di ricorso, con ogni conseguente statuizione.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 05/04/2023 la Corte di appello di Lecce ha confermato, quanto alla affermazione di responsabilità, la sentenza del Tribunale di Lecce del 11/07/2017 nei confronti di D. K., riducendo

tuttavia la pena inflitta allo stesso per i delitti ascritti (art. 648, art. 474 cod. pen.).

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione D. K., per mezzo del proprio difensore, proponendo un solo motivo di ricorso che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione ed erronea applicazione della legge penale per l’errato riferimento alla pena minima edittale del reato di cui all’art. 648, comma quarto, cod. pen., nonché vizio della motivazione perché illogica e contraddittoria in punto di calcolo della pena base e sanzione concretamente irrogata; la Corte di appello si è riferita alla vecchia formulazione dell’art. 648, comma secondo, cod. pen., senza tenere in considerazione la nuova formulazione di cui al comma quarto, contrariamente a quanto affermato infatti la pena è stata irrogata in misura di molto superiore al minimo edittale previsto.

3. Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

4. Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo del tutto generico, oltre che manifestamente infondato.

Difatti, nel caso concreto, la dosimetria della pena è stata espressamente motivata in relazione alle caratteristiche del fatto, mentre il riferimento in motivazione ai minimi edittali, richiamato dalla difesa perché emblematico di una asserita violazione di legge, è espresso nel senso che la pena non si discosta dai valori minimi, sostanzialmente rispettati in considerazione dei valori massimi previsti. Né la difesa ha allegato alcun profilo di irragionevolezza o illegalità della pena.

Deve, in conclusione, essere ribadito il principio secondo il quale la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente

motivazione. (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, omissis, Rv. 281217- 01, in motivazione).

5. Il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, stimata equa, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

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