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Quando la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso cautelare se l’indagato contesta l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza solo su una delle accuse a suo carico

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Cass. pen., sez. II, 11/01/2024 (ud. 11/01/2024, dep. 11/04/2024), n. 14970 (Pres. Beltrani, Rel. Florit)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava, in tema di impugnazioni cautelari, quando è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per Cassazione dell’indagato che lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per una soltanto delle imputazioni.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Catanzaro, pronunciando a seguito di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, confermava un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della medesima città con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia cautelare in carcere.

Ciò posto, avverso questa decisione il difensore dell’indagato proponeva ricorso per Cassazione.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto inammissibile per carenza di interesse concreto all’impugnazione, oltre che per la manifesta infondatezza del motivo su cui si fonda.

In particolare, in punto di diritto, gli Ermellini addivenivano a siffatto esito decisorio sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di impugnazioni cautelari, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione dell’indagato che lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per una soltanto delle imputazioni, nel caso in cui l’eventuale accoglimento del ricorso non comporterebbe alcun vantaggio per il ricorrente, al quale la misura risulti applicata anche per altri titoli di reato (Sez. 2, n. 33623 del 09/06/2023).

I risvolti applicativi

Il ricorso in Cassazione dell’indagato è inammissibile se contesta la mancanza di gravi indizi di colpevolezza solo per un’accusa, senza che ciò comporti alcun vantaggio ove venisse accolto, stante il fatto che la misura cautelare rimane comunque applicata e applicabile per altri reati.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 2 Num. 14970 Anno 2024

Presidente: BELTRANI SERGIO

Relatore: FLORIT FRANCESCO

Data Udienza: 11/01/2024

Data Deposito: 11/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

L. R. A. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 06/07/2023 del TRIBUNALE della LIBERTA’ di CATANZARO

udita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCO FLORIT;

sentite le conclusioni del PG GIULIO ROMANO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

L’avvocato V. G. S. del foro di … in difesa di L. R. A. insiste per l’annullamento del provvedimento impugnato.

L’avvocato C. V. del foro di …. in sostituzione ex art. 102 c.p.p. per delega orale dell’avvocato S. S. del foro di … in difesa di L. R. A. si associa alle conclusioni del codifensore.

CONSIDERATO IN FATTO

1. Con l’impugnato provvedimento il Tribunale di Catanzaro, pronunciando a seguito di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Catanzaro il 10 gennaio 2023 con la quale era stata applicata nei confronti di A. L. R. la misura cautelare della custodia cautelare in carcere.

A seguito della pronuncia rescindente, il Tribunale era onerato dell’esame della gravità indiziaria concernente due episodi di estorsione (capi N ed R) ed uno di detenzione di armi da fuoco (capo Z), nonché dell’applicabilità dell’art. 297 comma 3 c.p.p..

Per adempiere al mandato ricevuto, il Tribunale del riesame ha agito sui due piani.

Ha innanzitutto (pg.2-5) fornito di motivazione quella parte dell’accusa provvisoria (capi N, R e Z) che ne era sprovvista, secondo quanto accertato dalla sentenza della Corte.

Quanto al secondo profilo, ha rilevato (pg. 6) la mancanza di un interesse primario e diretto del ricorrente che, anche nell’ipotesi di accoglimento della tesi diretta ad ottenere la retrodatazione degli effetti della misura cautelare in corso, non potrebbe conseguire la revoca della misura, … e definitivamente fondata su capi oramai immodificabili ed in relazione ai quali la possibile retrodatazione della contestazione a catena non era stata …. Nel merito, poi, con riguardo alla sussistenza dei presupposti applicativi dell’art. 297 comma 3 c.p.p., veniva esclusa tanto la continuazione che la connessione teleologica tra associazione criminale e reati-fine, escludendo pertanto la possibilità di operare la retrodatazione dell’applicazione della misura.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso per cassazione ripropone, in forma ampia ed assai argomentata, la posizione difensiva secondo cui la misura cautelare impugnata riguardi episodi già noti in epoca anteriore, perché oggetto di attenzione degli organi giudiziari, nell’ambito di attività di indagine che già aveva prodotto a carico dell’indagato una misura cautelare per quella associazione di cui gli episodi oggi giudicati rappresentano la fase ‘esecutiva’.

Il ricorso è silente sulla gravità indiziaria dei singoli episodi (capi N, R e Z) mentre denuncia la completa e plateale illogicità (pg.2) dell’atto impugnato sulla affermazione di carenza di interesse del ricorrente, nei termini sopra riportati. Su quest’ultimo tema, in particolare, si evidenzia che solo nel caso in cui vi fosse un giudicato “verrebbe meno l’interesse a richiedere l’effetto benefico conseguente all’art. 297 c.p.p.”, tanto che la stessa Corte suprema, nel giudizio rescindente, aveva specificato che la questione ex art. 297 comma 3 c.p.p. sarebbe stata riesaminata dal Tribunale solo in caso di ritenuta

gravità indiziaria, e non a prescindere).

2. Ritiene la Corte che il ricorso vada dichiarato inammissibile per carenza di interesse concreto all’impugnazione oltre che per la manifesta infondatezza del motivo su cui si fonda.

In relazione a quest’ultimo aspetto, il Tribunale del riesame ha infatti ricostruito la vicenda, escludendo la sussistenza di una connessione qualificata (per l’originaria identità del disegno criminoso ovvero perché le estorsioni e la detenzione d’arma fossero finalizzati alla commissione del reato associativo). Come spiega efficacemente l’ordinanza a pg.7, non vi è alcun elemento concreto per sostenere l’originaria pianificazione, nel momento in cui venne concluso il patto associativo, di una serie di condotte che invece erano solamente genericamente prospettate; né si può sostenere che le estorsioni fossero dirette alla commissione della associazione, essendone piuttosto dei momenti attuativi. Si tratta di valutazioni di fatto, adeguatamente motivate dal Tribunale, che in questa sede non possono essere contestate e che non paiono oggetto di contestazione nemmeno da parte della difesa, che prescinde da ogni confronto con tale aspetto motivazionale.

Ma soprattutto rileva la decisiva mancanza di un interesse concreto, conseguente dal fatto che incontestatamente vi sia una serie di imputazioni provvisorie (d, f, g, i, k, I, n, r, e z) per le quali non si è mai fatta questione di anteriore o coeva sussistenza (e relativa conoscenza) di elementi indiziari sufficienti per la presentazione, in epoca anteriore, della richiesta di misura cautelare da parte della Procura della Repubblica. Per tali ipotesi di reato, dunque, la stessa difesa, come sottolineato nel provvedimento impugnato (pg.8), mai ha allegato -né avrebbe potuto fare altrimenti- la desumibili1à da atti di indagine pregressi. Né si può, per le stesse ragioni, parlare di ritardi nelle richieste cautelari o di negligenza se non addirittura intenzionalità nella formulazione di successive istanze `a catena’.

Come affermato anche in un recente caso (Sez. 2, n. 33623 del 09/06/2023 omissis Rv. 285265 – 01) in tema di impugnazioni cautelari, è inammissibile, per carenza di interesse, il ricorso per cassazione dell’indagato che lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per una soltanto delle imputazioni, nel caso in cui l’eventuale accoglimento del ricorso non comporterebbe alcun vantaggio per il ricorrente, al quale la misura risulti applicata anche per altri titoli di reato. (Fattispecie in cui la misura cautelare era stata emessa, oltre che per il delitto di associazione per delinquere, anche in relazione a numerosi delitti-fine di ricettazione e di riciclaggio, mentre con il ricorso ci si era limitati a contestare la gravità indiziaria con riferimento al solo delitto-mezzo). Mutatis mutandis, non vi può essere spazio per la retrodatazione dell’applicazione della misura nell’ipotesi in cui, come nel presente caso, per quanto detto, una parte (preponderante, peraltro) delle contestazioni provvisorie sia stata indagata solo successivamente.

3. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.

All’inammissibilità del ricorso consegue altresì la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario di custodia del ricorrente per l’inserimento nella cartella personale del detenuto ex art. 94 commi 1 bis e 1 ter disp. att. cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..

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