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Quando è consentito il ricorso per Cassazione laddove si contesti la mancanza di gravi indizi di colpevolezza?

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Cass. pen., sez. III, 22/02/2024 (ud. 22/02/2024, dep. 29/02/2024), n. 8815 (Pres. Sarno, Rel. Liberati)

Indice

La questione giuridica

Tra le questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, vi era anche quella concernente quando è possibile ricorrere per Cassazione qualora si dolga circa la mancanza di gravi indizi di colpevolezza.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la pronuncia qui in commento, a fronte del fatto che il Tribunale di Trento aveva rigettato una richiesta di riesame presentata dall’indagato nei confronti di un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, avverso questo provvedimento il difensore proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva l’erronea valutazione dei presupposti per poter affermare la gravità indiziaria in ordine ad un episodio di cessione di sostanze stupefacenti.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il Supremo Consesso reputava la doglianza summenzionata infondata alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per Cassazione, che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o l’assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone, come nel caso in esame, censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (cfr. ex multis, Sez. 2, n. 31533 del 17/5/2017; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012).

Invece, nella fattispecie in esame, il ricorso proposto non poteva ritenersi tale avendo il giudice della cautela addotto una motivazione (reputata dalla Corte di legittimità) idonea a giustificare la affermata sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, essendo stati evidenziati in modo (stimato parimenti) logico gli elementi dimostrativi del fumus del reato contestato.

I risvolti applicativi

Il ricorso per Cassazione, riguardante l’assenza di gravi indizi di colpevolezza, è consentito solo nella misura in cui si prospettino violazioni specifiche di legge o manifeste illogicità nella motivazione del provvedimento, mentre non è ammissibile quando ci si limiti a contestare la ricostruzione dei fatti o a proporre una diversa valutazione degli elementi considerati dal giudice di merito.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 3 Num. 8815 Anno 2024

Presidente: SARNO GIULIO

Relatore: LIBERATI GIOVANNI

Data Udienza: 22/02/2024

Data Deposito: 29/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

I. Z., nato in … il …

avverso l’ordinanza del 31/10/2023 del Tribunale di Trento

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Valentina Manuali, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 31 ottobre 2023 il Tribunale di Trento ha rigettato la richiesta di riesame presentata da I. Z. nei confronti dell’ordinanza del 7 luglio 2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trento, con la quale gli è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a una contestazione di reato associativo ex art. 74, commi 1, 2 e 3 d.P.R. 309/90 (commesso quale partecipante a un complesso e organizzato sodalizio criminoso volto all’acquisto, detenzione e vendita di stupefacente del tipo cocaina), nonché in relazione a due contestazioni ex art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90, relative a una serie di acquisiti e cessioni illeciti di sostanze stupefacenti del tipo cocaina (di cui ai capi B22 e B24 della rubrica provvisoria).

2. Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite dell’Avvocato G. S., che lo ha affidato a due motivi.

2.1 Con un primo motivo si denuncia l’erronea valutazione dei presupposti per poter affermare la gravità indiziaria in ordine alla propria partecipazione al sodalizio di cui all’art. 74 d.p.r. 309/90.

In primo luogo, si eccepisce la genericità della configurazione dell’associazione, denunciando l’assenza di riscontri concreti in ordine alla sua stessa esistenza; in secondo luogo, si lamenta un vizio della motivazione, sia nella parte in cui si desume la partecipazione dell’indagato all’associazione dalla sola realizzazione delle condotte provvisoriamente a lui contestate come reati fine, sia con riferimento alla affermazione dell’esistenza dell’elemento soggettivo richiesto per la configurabilità della partecipazione alla associazione a delinquere, cui il Tribunale sarebbe pervenuto valutando erroneamente le risultanze probatorie.

2.2 Con un secondo motivo si lamenta un vizio della motivazione anche in ordine alla cessione in concorso della sostanza stupefacente di tipo marijuana (di cui al capo B24 dell’imputazione provvisoria), evidenziando l’esistenza di un salto logico nella motivazione dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui sarebbero stati posti in correlazione fatti ritenuti indipendenti tra loro e l’identificazione dell’indagato come corriere della droga.

Nello specifico il ricorrente critica il collegamento ravvisato tra i fatti del 22 settembre (quando l’indagato veniva avvertito di non portare a termine la consegna dello stupefacente); quelli del 25 settembre (data del viaggio a Brescia di S., capo dell’organizzazione criminale di riferimento); le condotte del 26 settembre (consegna di un campione di sostanza stupefacente avvenuto a Trento); e l’identificazione di I. nel corriere che avrebbe consegnato lo stupefacente il 28 settembre presso l’appartamento di S.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. In premessa, va, anzitutto, ricordato che, in tema di applicazione di misure cautelari personali, gli indizi di colpevolezza non devono essere valutati secondo i medesimi criteri richiesti per il giudizio di merito, essendo sufficiente la sola gravità di essi, evidenziata da qualsiasi elemento idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità della responsabilità dell’indagato (Sez. 2, n. 8948 del 10/11/2022, dep. 2023, omissis, Rv. 284262 – 01), in quanto l’art. 273, comma primo bis, cod. proc. pen. richiama espressamente il terzo e il quarto comma dell’art. 192 cod. proc. pen., ma non anche il secondo comma della disposizione, che prescrive la necessità della valutazione della precisione e della concordanza, accanto a quella della gravità degli indizi (Sez. 4, n. 22345 del 15/05/2014, omissis, Rv. 261963 – 01; Sez. 4, n. 6660 del 24/01/2017, omissis, Rv. 269179 – 01), con la conseguenza che il richiamo da parte del ricorrente alla ritenuta violazione dell’art. 192, secondo comma, cod. proc. pen. non è pertinente.

In ogni caso, le censure mosse dal ricorrente si risolvono in una mera rivalutazione sul piano del merito del compendio probatorio, non consentita, in presenza di motivazione idonea e non manifestamente illogica, nel giudizio di legittimità.

In particolare, infatti, il ricorrente sostiene, con il primo motivo di ricorso, l’irragionevolezza della motivazione, sia nella parte in cui si afferma la concreta partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale, sia a proposito della piena consapevolezza del suo contributo partecipativo, sulla base di una serie di intercettazioni telefoniche e ambientali.

Invero, il Tribunale ha giustificato la sussistenza degli indizi di responsabilità a carico dell’indagato, sottolineando che il procedimento a carico del prevenuto si inserisce in una complessa attività di indagine, svolta tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, e supportata da servizi di osservazione, controllo e pedinamento, che hanno portato a individuare indizi che corroborano la prospettazione accusatoria circa il perfezionamento degli elementi strutturali dell’associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, mettendo in luce l’esistenza di una struttura organizzativa particolarmente complessa, avente a oggetto l’attività di acquisto, detenzione e vendita di sostanze stupefacenti, nonché la gestione del denaro proveniente da tale illecita attività.

Il ricorrente, in particolare, era stato osservato, quale utilizzatore di un’autovettura a lui intestata, attraverso intercettazioni ambientali, dalle quali è emerso che lo stesso svolgeva un ruolo di collaboratore e di corriere per il sodalizio criminale, con il compito di trasportare e consegnare le sostanze stupefacenti di tipo cocaina e marjuana in favore del capo del gruppo criminale di riferimento.

Il Tribunale, inoltre, individua l’elemento soggettivo del reato associativo nella consapevolezza dell’indagato di fornire un apporto funzionale all’associazione mediante il suo operato, consapevolezza che è stata desunta, in modo non manifestamente illogico, dal consolidamento di meccanismi stabili e implicanti la

collaborazione fra vari soggetti, ciascuno nei distinti ruoli di fornitore, di corriere o

di organizzatore, tutti funzionali a far confluire stupefacente destinato alla

distribuzione sul territorio trentino.

Emblematico in tal senso è l’episodio della notte del 22 settembre 2021: il fornitore, che era in viaggio verso Trento per ricevere il denaro di una nuova fornitura, veniva fermato da una pattuglia della Guardia di Finanza a bordo dell’autovettura intestata all’indagato; all’esito del controllo, lo stesso fornitore avvisava prontamente l’indagato (come risulta dall’attività di intercettazione ambientale) intimandogli di fermarsi e non portare a termine la consegna dello stupefacente.

La motivazione offerta dal Tribunale è, dunque, idonea, adeguata e non manifestamente illogica, essendo stati indicati gli elementi ritenuti, in modo logico, dimostrativi della consapevole partecipazione dell’indagato al sodalizio criminale, e i rilievi del ricorrente prospettano una non consentita lettura alternativa di detti elementi e risultano, pertanto, non consentiti, oltre che chiaramente infondati.

3. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia il medesimo vizio di motivazione in riferimento alla cessione in concorso di 19 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, eccependo l’insussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato di cui al capo B24.

Si tratta di censure anch’esse inammissibili perché generiche e meramente rivalutative del compendo indiziario, essendo volte a conseguire una rivalutazione degli elementi a carico non consentita in sede di legittimità, muovendo censure generiche e prive di confronto, tantomeno critico, con l’ordinanza impugnata, di cui si limita a richiamare acriticamente alcuni passaggi.

Va infatti ricordato che, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o l’assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone, come nel caso in esame, censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (cfr. ex multis, Sez. 2, n. 31533 del 17/5/2017, omissis, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, omissis, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, omissis, Rv. 252178).

Nel caso in esame il Tribunale di Trento ha ampiamente illustrato gli elementi indiziari a carico del ricorrente in relazione al reato-fine oggetto di censura, richiamando le medesime intercettazioni ambientali relative all’episodio del 22 settembre 2021.

Dalla motivazione si ricava in modo logico come la cessione della sostanza stupefacente fosse stata rinviata a causa dell’inaspettato controllo operato dalla Guardia di Finanza, e sia stata effettivamente eseguita solo in data 28 settembre 2021, in virtù dell’attività di corriere svolta dall’indagato, così come

si deduce dalle intercettazioni ambientali (…), effettuate sull’autovettura e sull’appartamento in uso

al capo dell’organizzazione criminale di riferimento.

Si tratta dunque di una motivazione idonea a giustificare la affermata sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, essendo stati evidenziati in modo logico gli elementi dimostrativi del fumus del reato contestato, che il ricorrente non ha in alcun modo considerato, limitandosi a prospettare l’esistenza di un “salto logico” nella motivazione, senza nemmeno spiegare in cosa sarebbe consistito tale vuoto di logicità, che comunque non è ravvisabile.

4. Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a cagione della genericità e della manifesta infondatezza delle censure alle quali è stato affidato.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa

al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

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