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Quando anticipare valutazioni porta alla ricusazione

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Cass. pen., sez. I, 17/10/2023 (ud. 17/10/2023, dep. 22/02/2024), n. 7867 (Pres. Rocchi, Rel. Di Giuro)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, che la Cassazione era chiamata ad affrontare nella decisione in esame, riguardava quando l’anticipazione di valutazioni, da parte del giudice, costituisca motivo di ricusazione.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la pronuncia in analisi, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Catanzaro aveva rigettato l’istanza di ricusazione presentata dalla difesa di persona imputata del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. nel procedimento pendente innanzi alla Corte di Appello di Catanzaro, nei confronti del Presidente del collegio giudicante, e considerato che la dichiarazione di ricusazione si fondava sul fatto di avere il suddetto magistrato già espresso valutazioni in ordine alla posizione associativa del predetto imputato, facendo parte del collegio che lo aveva condannato per usura aggravata ai sensi dell’art. 7 l. 12 luglio 1991, n. 309 e che, nel riconoscere detta aggravante, costui si sarebbe espresso sulla sua appartenenza mafiosa e, quindi, sull’oggetto del nuovo procedimento, avverso questo provvedimento il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, era dedotta violazione degli artt. 127 cod. proc. pen. e 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per avere la Corte di Appello di Catanzaro ritenuto che il giudizio espresso da questo giudice in altro procedimento non avrebbe avuto effetto pregiudiziale.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva la doglianza summenzionata infondata sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di ricusazione, costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’anticipazione di valutazioni sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta, sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso, senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge o allorché esse invadano, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto o in parte gli esiti (Sez. 3, n. 27996 del 09/03/2021).

I risvolti applicativi

Nell’ambito della ricusazione, l’anticipazione di giudizio da parte del magistrato, riguardante la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato rispetto ai fatti del processo, costituisce una manifestazione indebita del proprio convincimento, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b) del codice di procedura penale nella misura in cui tale anticipazione non sia giustificata dalle procedure legali o dalla necessità funzionale all’atto da compiere, e possa influenzare in modo improprio l’esito della decisione finale.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 7867 Anno 2024

Presidente: ROCCHI GIACOMO

Relatore: DI GIURO GAETANO

Data Udienza: 17/10/2023

Data Deposito: 22/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P. G. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO

udita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;

lette le conclusioni del PG

Letta la requisitoria del dott. Fulvio Baldi, Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, con la quale è stato chiesto l’annullamento con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro per nuovo giudizio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro ha rigettato l’istanza di ricusazione presentata dalla difesa di G. P., imputato del reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. nel procedimento pendente innanzi alla Corte di appello di Catanzaro, nei confronti del Presidente del collegio giudicante, A. M.S..

La dichiarazione di ricusazione si fondava sul fatto di avere il suddetto magistrato già espresso valutazioni in ordine alla posizione associativa del predetto imputato, facendo parte del collegio che aveva condannato P. per usura aggravata ai sensi dell’art. 7 I. 12 luglio 1991, n. 309 e che, nel riconoscere detta aggravante, si sarebbe espresso sull’appartenenza mafiosa di P., quindi sull’oggetto del nuovo procedimento.

L’ordinanza impugnata premette che:

– con ordinanza emessa in data 26/05/2021 la Corte rigettava la dichiarazione di ricusazione, ritenendo che il collegio presieduto dalla dr.ssa S. nel riconoscere detta aggravante si fosse limitato ad una mera ricognizione dei fatti accertati in precedenti pronunce che avevano affermato l’esistenza e l’operatività del clan P.;

– con sentenza in data 12/01/2022 la Corte di Cassazione (Sez. 1) annullava la predetta ordinanza con rinvio per nuovo giudizio alla stessa Corte, rilevando come la sentenza n.998/2020, oltre a richiamare le precedenti pronunce riguardanti il clan P., recasse il presente passaggio «In tale contesto si colloca anche la posizione dell’odierno imputato P. G. riconosciuto esponente di spicco dell’omonima organizzazione criminale reggente nel territorio vibonese ed in particolare nel Comune di S. e nella frazione …», così non risultando esplicitato se tale espressione costituisse o meno una manifestazione di giudizio di merito in ordine al reato associativo contestato a P. nell’altro processo;

– nel giudizio di rinvio, stante l’intervenuto trasferimento della dr.ssa S. ad altra sede giudiziaria, la Corte di appello di Catanzaro con ordinanza del 12/09/2022 dichiarava inammissibile l’istanza di ricusazione per sopravvenuta carenza di interesse;

– la Corte di cassazione con sentenza del 12/01/2023 annullava senza rinvio la predetta ordinanza in ragione dell’omessa indicazione degli atti compiuti dal giudice ricusato da considerarsi efficaci;

– pertanto, nel nuovo giudizio risultano essere stati acquisiti i verbali delle udienze presiedute dalla dr.ssa S. nel procedimento in corso.

La Corte territoriale, tanto premesso, rileva come il profilo rimesso alla medesima non possa prescindere dalla valutazione in ordine alla fondatezza della dichiarazione di ricusazione, non superata dal precedente non liquet; e come sulla scorta delle indicazioni di cui alla sentenza del 12/01/2022 l’istanza di ricusazione sia infondata.

Osserva, in particolare, che nella sentenza n. 998 del 2020 la ricognizione dei fatti già accertati incidentalmente dalle pronunce ivi richiamate, tra le quali la sentenza n. 187 del 2015 emessa dal G.u.p. distrettuale in esito a giudizio abbreviato, irrevocabile il 5/10/2020, riguarda sia l’esistenza ed operatività del clan P. sia la posizione rivestita da G. P. in seno a tale consorteria (risultando in detta sentenza incidentalmente affermato che la cosca era diretta da G. I., coadiuvata anche dal figlio G. P.); e che, pertanto, la valutazione operata dal giudice ricusato riguarda esclusivamente l’incidenza della posizione associativa di P., già accertata incidentalmente in altre pronunce, sull’aggravante summenzionata.

2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione G. P., tramite il proprio difensore di fiducia.

2.1. Con il primo motivo di impugnazione si deduce violazione degli artt. 127 cod. proc. pen. e 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per avere la Corte di appello di Catanzaro ritenuto che il giudizio espresso dalla dr.ssa S. in altro procedimento non avrebbe avuto effetto pregiudiziale.

Lamenta il difensore che, nonostante l’evidenza dell’identità dell’associazione oggetto di valutazione nei due processi, in uno come elemento costitutivo dell’aggravante e nell’altro come fatto di reato, la

Corte di appello ha rigettato l’istanza di ricusazione. Rileva che la “ricognizione” di cui parla l’ordinanza è consistita in una valutazione di merito sull’esistenza della cosca P. e sul ruolo di G. P..

Si duole che la Corte di appello abbia ripetuto in maniera del tutto identica e acritica il ragionamento operato all’atto del primo rigetto poi annullato.

2.2. Col secondo motivo di ricorso si rileva vizio di motivazione, osservando che proprio l’ordinanza, con la sua motivazione, conferma che l’oggetto dei due procedimenti è il medesimo, affermando che la sentenza nella quale la dr.ssa S. ha giudicato la condotta estorsiva attribuita a G. P. riguarda sia l’esistenza ed operatività del clan P. sia la posizione rivestita da G. P. in seno a tale consorteria.

Insiste, pertanto, il difensore per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

1.1. In tema di ricusazione, costituisce indebita manifestazione del proprio convincimento da parte del giudice, rilevante ai sensi dell’art. 37, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’anticipazione di valutazioni sul merito della res iudicanda, ovvero sulla colpevolezza o innocenza dell’imputato in ordine ai fatti oggetto del processo, compiuta, sia all’interno del medesimo procedimento che in un procedimento diverso, senza che tali valutazioni siano imposte o giustificate dalle sequenze procedimentali previste dalla legge o allorché esse invadano, senza necessità e senza nesso funzionale con l’atto da compiere, l’ambito della decisione finale di merito, anticipandone in tutto o in parte gli esiti (Sez. 3, n. 27996 del 09/03/2021, omissis, Rv. 281591).

1.2. Tali essendo i parametri ermeneutici ai quali bisogna uniformarsi, va osservato che scevre da vizi logici e giuridici sono le argomentazioni della Corte di appello di Catanzaro, che muovono proprio dalle indicazioni della prima sentenza di annullamento, che invitava a verificare se il riferimento, contenuto nella sentenza pronunciata dal collegio di cui faceva parte il giudice ricusato, di condanna per usura aggravata ai sensi dell’art. 7 I. 12 luglio 1991, n. 309, a P. G. come riconosciuto esponente di spicco dell’omonima organizzazione criminale reggente nel territorio vibonese ed in particolare nel Comune di S. e nella frazione … dovesse ritenersi ovvero non ritenersi manifestazione di giudizio di merito in ordine al reato associativo contestato a P. nel processo presieduto dal suddetto giudice fino al suo trasferimento ad altra sede.

A tale riguardo la Corte territoriale sottolinea che la sentenza del 2020, che il ricorrente produce integralmente, non esprime una autonoma valutazione dell’esistenza del clan P. e del ruolo di G. P., ma, ai fini della valutazione dell’aggravante summenzionata (p. 8 e ss.), si limita ad una ricognizione incidentale di fatti già accertati da precedenti sentenze irrevocabili e non, tra cui, in particolare quella – summenzionata – del 2015, tanto da appellare P. come “riconosciuto esponente di spicco dell’omonima organizzazione criminale”, dove il termine “riconosciuto” implica il richiamo a dette sentenze. E non ravvisando alcuna “manifestazione di giudizio”, con pregiudizio per l’istruttoria già svolta con la partecipazione della dr.ssa S., ma solo un recepimento di fatti già accertati in altri procedimenti, conclude, con logica coerenza, per l’infondatezza della ricusazione.

2. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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