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Può il giudice dell’esecuzione reinterpretare il giudicato?

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Cass. pen., sez. I, 16/02/2024 (ud. 16/02/2024, dep. 30/05/2024), n. 21598 (Pres. Centofanti, Rel. Monaco)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontata dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se sia possibile che il giudice dell’esecuzione possa reinterpretare il giudicato.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, quale giudice dell’esecuzione, rigettava un’opposizione proposta ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. avverso un’ordinanza emessa de plano che, a sua volta, aveva rigettato un’istanza con la quale era stata richiesta la riduzione della confisca disposta con la sentenza pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina.

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa ricorreva per Cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 676 cod. proc. pen., 648 quater e 322 ter cod. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto fondato.

In particolare, tra le argomentazioni che avevano indotto gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale: «il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne espliciti il contenuto e i limiti, ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, quando ciò sia necessario per finalità esecutive, nel senso di finalità proprie del processo esecutivo penale» (Sez. 1, n. 14984 del 13/03/2019; Sez. 1, n. 36 del 09/01/1996).

Difatti, per i giudici di piazza Cavour, a fronte del fatto che, con l’istanza proposta nel caso di specie, non si era chiesto di revocare o modificare la statuizione relativa alla confisca, né di interpretare il giudicato sul punto quanto, piuttosto, di verificare la corrispondenza del valore dei beni confiscati al quantum oggetto del provvedimento ablatorio e di stabilire quindi in concreto le modalità di esecuzione della confisca stessa, l’argomento utilizzato nella motivazione dell’ordinanza impugnata dal giudice dell’esecuzione, secondo il quale la medesima richiesta sarebbe stata già proposta e rigettata nella fase di cognizione e sarebbe pertanto “passata in giudicato“, era, per i giudici di legittimità ordinaria, inconferente.

I risvolti applicativi

Il giudice dell’esecuzione può interpretare il giudicato e chiarirne contenuto e limiti, anche se non esplicitamente espressi nella sentenza irrevocabile, quando ciò si rende necessario per le finalità proprie del processo esecutivo penale.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 21598 Anno 2024

Presidente: CENTOFANTI FRANCESCO

Relatore: MONACO MARCO MARIA

Data Udienza: 16/02/2024

Data Deposito: 30/05/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

N. A. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 19/09/2023 del GIP del TRIBUNALE di MESSINA

udita la relazione svolta dal Consigliere MARCO MARIA MONACO;

lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. FERDINANDO LIGNOLA per l’annullamento con rinvio

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina, quale giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza del 19/9/2023, ha rigettato l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. avverso l’ordinanza emessa de plano 1’8/6/2023 che ha respinto l’istanza con la quale N. A. ha richiesto la riduzione della confisca disposta con la sentenza pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Messina il 20/9/2017, irrevocabile quanto alla confisca il 13/10/2017.

2. A. N. è stato sottoposto a indagini per il reato di riciclaggio di cui all’art. 648 bis cod. pen. con riferimento al denaro provento di delitti fallimentari e tributari commessi da A. I..

Nel corso delle indagini nei confronti del ricorrente è stato disposto ed eseguito un decreto di sequestro preventivo di partecipazioni societarie, immobili, denaro, conti correnti e ogni altro strumento finanziario sino alla concorrenza della somma di 1.425.520,00 euro.

Il processo si è concluso con il rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen. e il giudice nella sentenza, respinta l’istanza di restituire quanto risultava eccedente il profitto del reato di riciclaggio, ha disposto la confisca di “quanto in sequestro”.

L’imputato ha proposto ricorso avverso tale statuizione che la Corte Seconda Sezione Penale, ha rigettato, evidenziando nel punto sub. 4 che la richiesta oggetto del quarto motivo, relativa alla rideterminazione della somma confiscata, era inammissibile in quanto in fatto e che sul punto avrebbe dovuto in caso pronunciarsi il giudice dell’esecuzione.

La sentenza è così divenuta irrevocabile anche quanto alla confisca in data 13 ottobre 2017.

3. Il condannato ha chiesto al giudice dell’esecuzione di rideterminare l’ammontare della confisca evidenziando che il controvalore reale e di mercato del 9.11 % delle quote della società I. s.r.I., oggetto del sequestro, non sarebbe in euro, come erroneamente ritenuto, pari a quello nominale di 911.000,00 euro ma sarebbe di gran lunga superiore, cioè equivalente a circa 1.776.145,00 euro, pari al 9.11% del valore effettivo e di mercato della società, proprietaria di un albergo a Taormina.

4. Il giudice dell’esecuzione ha rigettato la richiesta con provvedimento de plano e, successivamente, l’opposizione proposta.

Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha ritenuto che il tenore della sentenza pronunciata sia da intendersi nel senso che la confisca si estendeva a tutti i beni oggetto del vincolo reale, cioè a “quanto in sequestro”, e che ora non sia possibile, in sede esecutiva, procedere a una nuova e diversa determinazione dei beni oggetto della statuizione.

In tal senso, d’altro canto, dovrebbe leggersi anche la sentenza della Cassazione che, seppure incidentalmente, facendo erroneamente riferimento alla categoria dell’inammissibilità, ha rigettato il ricorso proposto e, pertanto, ha reso irrevocabile la pronuncia in merito alla confisca che, ostandovi il giudicato, non potrebbe essere oggetto di alcuna modifica in sede esecutiva.

5. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.

5.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 676 cod. proc. pen., 648 quater e 322 ter cod. pen. In un unico articolato motivo la difesa evidenzia che la soluzione del giudice dell’esecuzione sarebbe errata. La richiesta proposta, infatti, non sarebbe stata finalizzata a ottenere la revoca, anche parziale, della confisca quanto, piuttosto, era finalizzata a ottenere una corretta attuazione ed esecuzione della stessa. Lo scopo dell’istanza, d’altro canto, non era quello di modificare il giudicato ma di accertare l’effettiva consistenza del valore di mercato, alla data del sequestro, delle quote societarie. Sotto tale profilo, pertanto, l’intervento del giudice dell’esecuzione, finalizzato a evitare che si determini un ingiustificato e illegittimo pregiudizio a carico del condannato, sarebbe anche doveroso in quanto non sarebbe costituzionalmente e convenzionalmente consentito disporre una confisca per equivalente per un valore superiore all’indebito vantaggio tratto dall’illecito.

6. In data 8 gennaio 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni con le quali il Sost. Proc. Gen. Ferdinando Lignola chiede l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Nell’unico motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 676 cod. proc. pen., 648 quater e 322 ter cod. pen. evidenziando che con l’istanza proposta, diversamente da quanto ritenuto nel provvedimento impugnato, non si era chiesta la revoca, anche parziale, della confisca e che la richiesta, piuttosto, era finalizzata a ottenere una corretta attuazione ed esecuzione del provvedimento ablatorio senza incidere sul giudicato.

La doglianza è fondata.

2.1. L’ambito delle attribuzioni del giudice dell’esecuzione è stabilito dal codice di rito e tra questi non è incluso il potere generale di accertare ed esprimere l’esatto contenuto di un giudicato, che pure può essere equivoco, in quanto non è ipotizzabile che a questa fase sia riconosciuta la funzione di rendere un’interpretazione autentica dei contenuti dei provvedimenti divenuti irrevocabili, anche quando l’esecuzione degli stessi faccia capo ad altre autorità giudiziarie.

Tale potere di interpretazione, d’altro canto, può e deve essere esercitato dal giudice ai fini dell’accoglimento o meno dell’istanza proposta in diretta strumentalità con l’esercizio di una delle attribuzioni tipiche allo stesso espressamente riconosciute.

In questo senso, infatti, si è già espressa la giurisprudenza di legittimità evidenziando che «il giudice dell’esecuzione ha il potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne espliciti il contenuto e i limiti, ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi, anche non chiaramente espressi, quando ciò sia necessario per finalità esecutive, nel senso di finalità proprie del processo esecutivo penale» (Sez. 1, n. 14984 del 13/03/2019, omissis, Rv. 275063 – 01; Sez. 1, n. 36 del 09/01/1996, omissis, Rv. 203816 – 01).

2.2. Nel caso di specie l’istante si è rivolto al giudice dell’esecuzione e ha posto il problema della necessità di individuare in termini corretti il valore dei beni sottoposti originariamente a sequestro, successivamente oggetto di confisca sino alla concorrenza della somma di 1.425.520,00 euro.

In tale prospettiva, pertanto, con l’istanza non si è chiesto di revocare o modificare la statuizione relativa alla confisca né di interpretare il giudicato sul punto quanto, piuttosto, di verificare la corrispondenza del valore dei beni confiscati al quantum oggetto del provvedimento ablatorio e di stabilire quindi in concreto le modalità di esecuzione della confisca stessa.

Ciò nell’ambito dell’attribuzione espressamente riconosciuta al giudice dell’esecuzione dall’art. 676 cod. proc. pen. per cui allo stesso è riconosciuto il potere e il dovere di esprimersi in ordine all’esatto contenuto del provvedimento divenuto irrevocabile.

2.3. L’argomento utilizzato nella motivazione dell’ordinanza impugnata dal giudice dell’esecuzione, secondo il quale la medesima richiesta sarebbe stata già proposta e rigettata nella fase di cognizione e sarebbe pertanto “passata in giudicato”, è inconferente.

In ordine alla questione relativa alla rideterminazione del valore delle quote della società I. s.r.l. sottoposte a sequestro (rectius oggetto di confisca), diversamente da quanto indicato nel provvedimento impugnato, la Corte di cassazione non è incorsa in alcun errore e non si è formato pertanto alcun giudicato.

Il motivo di ricorso allora proposto sul punto, infatti, nell’ambito di una pronuncia complessiva di rigetto resa in relazione a diverse censure, è stato espressamente e correttamente dichiarato inammissibile dalla Corte di cassazione, ciò proprio evidenziando come la doglianza relativa all’individuazione dei valori dei beni sui quali deve essere eseguita la confisca è, qualora vi sia controversia sul punto, di competenza del giudice dell’esecuzione e,

comportando accertamenti in fatto, non può essere decisa in sede di legittimità.

3. Le ragioni sopra esposte impongono di annullare con rinvio il provvedimento impugnato affinché il giudice dell’esecuzione, in diversa persona fisica, proceda a un nuovo giudizio sul punto alla luce dei principi indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina.

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