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Modalità di deduzione della violazione dell’art. 192, comma 2, c.p.p. nel ricorso per Cassazione

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Cass. pen., sez. I, 14/07/2023 (ud. 14/07/2023, dep. 6/12/2023), n. 48651 (Pres. Di Nicola, Rel. Curami)

(Riferimenti normativi: Cod. proc. pen., artt. 192, co. 2, 606)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 192, co. 3, cod. proc. pen. prevede che l’“esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti”, la Cassazione, nella decisione qui in esame, chiarisce in che modo è possibile ricorrere per Cassazione ove questo precetto normativo sia stato violato.

Difatti, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Firenze, in riferimento ad una vicenda giudiziaria riguardante molti imputati, parzialmente riformava la sentenza di condanna emessa dal giudice di primo grado per uno di questi, assolvendolo dal reato di associazione a delinquere perché il fatto non sussiste e rideterminando nel resto la pena inflitta per gli altri reati – già riqualificato in primo grado il reato di tentato omicidio in quello di lesioni gravissime – in anni otto di reclusione, avverso tale decisione il suo avvocato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo, tra i motivi ivi addotti, manifesta illogicità della sentenza in merito alla ritenuta responsabilità in ordine a taluni dei reati contestatigli.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte, nel ritenere il motivo suesposto inammissibile, affrontava la questione giuridica summenzionata, facendo presente che, in tema di ricorso per Cassazione, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606; comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo ai motivi di cui alla lettera e) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U n. 29541 del 16/07/2020) dato che la violazione dell’art. 192, comma 3, c.p.p., non può essere dedotta né quale violazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.b), c.p.p., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p. non essendo prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, ma soltanto nei limiti indicati dalla lett. e) della stessa norma, ossia come mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravarne.

I risvolti applicativi

In tema di ricorso per Cassazione, il motivo, con cui si deduce la violazione dell’art. 192 c.p.p., può essere censurato solo ai sensi dell’art. 606, co. 1, lett. e), c.p.p., ossia per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulti dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti specificamente indicati nei motivi di gravarne, e non per violazione di legge, nè ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., né ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p..

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