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La valutazione preliminare della richiesta di revisione con prova nuova: requisiti essenziali

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Cass. pen., sez. VI, 08/11/2023 (ud. 08/11/2023, dep. 15/01/2024), n. 7009 (Pres. De Amicis, Rel. Silvestri)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, su cui la Cassazione era chiamata a decidere nel caso di specie, riguardava cosa deve prevedere la valutazione preliminare dell’ammissibilità della richiesta di revisione basata su una prova nuova.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Roma aveva confermato un’ordinanza del Tribunale della stessa città con cui era stata dichiarata inammissibile una richiesta di revoca della confisca di prevenzione di un immobile, avverso questa decisione la difesa proponeva ricorso per Cassazione, deducendosi violazione di legge, sostenendosi che la Corte territoriale non avrebbe considerato che la trascrizione del provvedimento di confisca sarebbe stata eseguita dopo oltre dieci anni dalla emissione del provvedimento ablatorio e ciò, a dire del ricorrente, avrebbe determinato la sua decadenza in ragione dell’art. 28 d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che, diversamente da quanto ritenuto nel decreto impugnato, dovrebbe ritenersi applicabile alla fattispecie in esame.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il ricorso suesposto inammissibile alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta, proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta. (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012).

Per gli Ermellini, del resto, tale affermazione decisoria assume valenza ulteriore ove si considerino le peculiarità che caratterizzano il procedimento di prevenzione rispetto al processo penale “ordinario”, proprio sul versante dei profili “dimostrativi” e delle particolari regole di giudizio dettate in tema di apprezzamento del materiale probatorio, che, evidentemente, influiscono (accrescendolo) sul quantum necessario per asseverare l'”errore” del giudizio di prevenzione da revocare, trattandosi di principi in parte rivisti in relazione alla definizione di prova nuova rilevante ai fini dell’istituto della revocazione della misura ablatoria ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, individuata sia in quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia in quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022).

Orbene, alla luce di siffatto quadro ermeneutico, sempre ad avviso della Corte di legittimità, nel caso di specie, l’inammissibilità del ricorso in questione discenderebbe dal fatto che non fosse chiaro perché la non immediata trascrizione del provvedimento di confisca avrebbe costituito una prova “nuova” in grado di incidere sui presupposti legittimanti il provvedimento ablatorio, dal momento che la trascrizione della confisca attiene alle modalità con cui all’ablazione è data esecuzione e opponibilità, ma non attiene alla legittimità dell’ablazione; la trascrizione, cioè, non attiene alla struttura della ablazione.

Né, sotto altro profilo, sempre per i giudici di piazza Cavour, era chiaro sulla base di quale norma l’art. 28 cit., richiamato dal ricorrente, prevederebbe la sopravvenuta decadenza o inefficacia della confisca in mancanza di un provvedimento di trascrizione entro dieci anni.

I risvolti applicativi

La valutazione preliminare dell’ammissibilità della richiesta, fondata su una presunta nuova prova, deve considerare l’affidabilità, persuasività e coerenza, confrontandola con il contesto processuale precedentemente acquisito, così come essa deve essere realistica nella comparazione con le prove esistenti e ancorata alla realtà del procedimento.

Solo ove dunque questa valutazione abbia esito positivo, la richiesta di revisione può reputarsi ammissibile.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 6 Num. 7009 Anno 2024

Presidente: DE AMICIS GAETANO

Relatore: SILVESTRI PIETRO

Data Udienza: 08/11/2023

Data Deposito: 15/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

D. P., nato a … il …

avverso il decreto emesso dalla Corte di appello di Roma il 09/05/2023;

visti gli atti ed esaminato il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Pietro Silvestri;

lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, dott. Giuseppe Riccardi, che ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma ha confermato l’ordinanza dello stesso Tribunale con cui è stata dichiarata inammissibile la richiesta di revoca della confisca di prevenzione dell’immobile sito nel Comune di Artena intestato a P. D’A..

2. Ha proposto ricorso per cassazione D’a. articolando due motivi, che possono essere descritti congiuntamente, con cui si deduce violazione di legge.

La Corte non avrebbe considerato che la trascrizione del provvedimento di confisca sarebbe stata eseguita dopo oltre dieci anni dalla emissione del provvedimento ablatorio e ciò, a dire del ricorrente, avrebbe determinato la sua decadenza in ragione dell’art. 28 d. I.gs 6 settembre 2011, n. 159, che, diversamente da quanto ritenuto nel decreto impugnato, dovrebbe ritenersi applicabile alla fattispecie in esame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Dal provvedimento impugnato emerge in punto di fatto che la trascrizione del provvedimento di confisca – emesso 1’1/02/2011 e divenuto definitivo il 12/12/2012- è stata eseguita il 19.5.2021 e che il procedimento di prevenzione in esame è iniziato prima del 13.10.2011.

Quanto al secondo profilo indicato, ai fini della richiesta di revoca della decisione definitiva della confisca di prevenzione, deve essere fatto riferimento alla disciplina transitoria di cui all’art. 117 del D.Igs. 6 settembre 2011 n. 159, che esclude l’applicabilità delle nuove disposizioni in tema di misure di prevenzione personali e patrimoniali – tra cui l’art. 28 del medesimo corpus – ai procedimenti nei quali, come quello in esame, alla data di entrata in vigore del decreto, sia già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione, con ultrattività, quindi, – in tali casi – della previgente disciplina.

Dunque, nel caso di specie, la disciplina a cui si deve avere riguardo è quella precedente alla entrata in vigore del d. I.gs. N. 159 del 2011: obiettivamente non è chiaro perché, secondo il ricorrente, la norma transitoria espressa non dovrebbe invece trovare applicazione nel caso di specie.

2. Quanto al merito del ricorso, assume rilievo la sentenza delle Sezioni unite della Corte di cassazione n. 57 del 19/12/2006 (dep. 2007), omissis, Rv 234955, con la quale si è ridefinito l’ambito applicativo dell’istituto della revoca delle misure di prevenzione di cui all’art. 7 comma secondo, L. 27 dicembre 1956 n. 1423, in origine prevista solo per quelle personali e resa, per via interpretativa, applicabile, in funzione di revisione, anche a quelle patrimoniali, onde riparare la lesione al diritto di proprietà, quale bene costituzionalmente protetto.

Con la sentenza in questione la Corte di cassazione ha chiarito che la ragione giustificativa della revoca “ex tunc” della misura di prevenzione patrimoniale è quella di porre rimedio ad un possibile errore giudiziario in ragione di una invalidità genetica del provvedimento.

Le Sezioni unite hanno ritenuto utilizzabile l’art. 7, comma secondo, della legge indicata anche in relazione alla misura prevista dall’art. 2 ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575, identificandosi nella revoca in esame un generale mezzo predisposto dal legislatore per adempiere all’obbligo riparatorio prefigurato dall’ultimo comma dell’art. 24 della Costituzione.

La richiesta di rimozione del provvedimento definitivo in tema di misure di prevenzione, hanno osservato le Sezioni unite, deve avere un ambito applicativo conforme al solco dei limiti di rivedibilità del giudicato di cui agli artt. 630 e ss. cod. proc. pen., con postulazione, dunque, di prove nuove sopravvenute alla conclusione del procedimento, escludendo dal relativo novero “gli elementi già considerati nel procedimento di prevenzione o in esso deducibili” e giudicando esplicitamente prove

nuove anche “quelle non valutate nemmeno implicitamente”, secondo un approdo ormai raggiunto, in tema di elaborazione delle condizioni per la revisione in generale, da Sez. U., 26 settembre 2001, omissis).

Gli elementi dedotti devono cioè essere diretti, nella utilizzazione dell’art. 7, a dimostrare l’insussistenza di uno o più dei presupposti del provvedimento reale e, pertanto, in primo luogo la pericolosità del proposto, ma anche, unitamente o separatamente, la disponibilità diretta o indiretta del bene in capo a questi.

Dunque, una prova sopravvenuta ovvero una prova preesistente e non deducibile – nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore o per fatto del terzo o perché materialmente “scoperta” successivamente – «[…] indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario»”, ovvero, ancora, una prova dedotta ma nemmeno implicitamente valutata.

Sotto altro profilo, ai fini della revoca della misura di prevenzione, la prova, oltre ad essere “nuova” deve possedere il necessario requisito della “dimostratività” ai fini dell’accertamento dell’errore di giudizio da rescindere.

Il “novum” posto a base di tale giudizio deve dunque presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si è pervenuti al giudicato oggetto di revisione, dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una non

consentita impugnazione tardiva.

In tema di revisione, la valutazione preliminare circa l’ammissibilità della richiesta, proposta sulla base dell’asserita esistenza di una prova nuova, deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e la congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione e deve articolarsi in termini realistici sulla comparazione, tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata alla realtà processuale svolta. (Sez. 1, n. 34928 del 27/06/2012, omissis, Rv. 253437).

Tale affermazione assume valenza ulteriore ove si considerino le peculiarità che caratterizzano il procedimento di prevenzione rispetto al processo penale “ordinario”, proprio sul versante dei profili “dimostrativi” e delle particolari regole di giudizio dettate in tema di apprezzamento del materiale probatorio, che, evidentemente, influiscono (accrescendolo) sul quantum necessario per asseverare l'”errore” del giudizio di prevenzione da revocare.

Si tratta di principi in parte rivisti in relazione alla definizione di prova nuova rilevante ai fini dell’istituto della revocazione della misura ablatoria ai sensi dell’art. 28 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159, individuata sia in quella sopravvenuta alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendosi formata dopo di essa, sia in quella preesistente ma incolpevolmente scoperta dopo che la misura è divenuta definitiva, mentre non lo è quella deducibile e non dedotta nell’ambito del suddetto procedimento, salvo che l’interessato dimostri l’impossibilità di tempestiva deduzione per forza maggiore (Sez. U, n. 43668 del 26/05/2022, omissis, Rv. 283707).

3. Nel caso di specie, sia che si voglia fare correttamente riferimento al sistema previgente alla entrata in vigore dell’istituto della revocazione della confisca ai sensi dell’art. 28 d. Igs n. 159 del 2011, sia che invece si voglia ragionare con il ricorrente, e ritenere applicabile l’art. 28 cit., nondimeno i motivi di ricorso sono inammissibili.

Non è infatti chiaro perché la non immediata trascrizione del provvedimento di confisca costituirebbe una prova “nuova” in grado di incidere sui presupposti legittimanti il provvedimento ablatorio.

La trascrizione della confisca attiene alle modalità con cui all’ablazione è data esecuzione e opponibilità, ma non attiene alla legittimità dell’ablazione.

La trascrizione, cioè, non attiene alla struttura della ablazione.

Né, sotto altro profilo, è chiaro sulla base di quale norma l’art. 28 cit., richiamato dal ricorrente, prevederebbe la sopravvenuta decadenza o inefficacia della confisca in mancanza di un provvedimento di trascrizione entro dieci anni.

Su tali decisivi rilievi il ricorso è del tutto silente.

4. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo determinare in euro tremila.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

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