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La querela spedita a mezzo posta va autenticata?

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Cass. pen., sez. V, 08/02/2024 (ud. 08/02/2024, dep. 29/02/2024), n. 8920 (Pres. Miccoli, Rel. Sgubbi)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, che la Cassazione ha affrontato nel caso di specie, riguardava se la querela spedita a mezzo posta debba essere autenticata.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento, a fronte del fatto che il Giudice di pace di Palermo aveva dichiarato non doversi procedere per difetto di querela, dato che la persona offesa aveva depositato una querela a mezzo di incaricato, e cioè del proprio difensore, ma senza autenticazione della sottoscrizione, in violazione dell’art. 337 cod. proc. pen., avverso questa decisione proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, deducendo con unico motivo violazione di legge e segnatamente degli artt. 336 e 337 cod. proc. pen. e degli artt. 23, 24 e 25 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

In particolare, la pubblica accusa sosteneva come l’atto di querela, corredato del documento di identità del delegante, fosse stato sottoscritto digitalmente dall’avvocato delegato, riconosciuto attraverso le specifiche credenziali attribuite per l’accesso al portale del Ministero della Giustizia, mentre non era

necessario, ai fini della validità della querela, che la sottoscrizione del querelante sia contestualmente autenticata dal difensore, rilevando solo che la sottoscrizione sia autentica, requisito certificato delle modalità di presentazione descritte.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Il ricorso proposto era reputato infondato.

In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che l’art. 337, comma 1, cod. proc. pen., stabilisce che «la dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’articolo 333, comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato», facendosene conseguire da ciò che la querela può anche essere “recapitata”, ovvero che può essere “spedita”, a condizione però che l’atto rechi la “sottoscrizione autentica” del querelante; tale ultima espressione è pacificamente intesa come quella di “sottoscrizione autenticata” ad opera del soggetto a ciò abilitato, ivi compreso, ex art. 39 disp. att. cod. proc. pen., il difensore della persona offesa – addivenivano a siffatto esito decisorio sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale la querela spedita a mezzo posta (cui va equiparato l’inoltro a mezzo pec) deve essere munita di autenticazione della sottoscrizione proveniente da un soggetto a ciò legittimato a norma dell’art. 337, cod. proc. pen., con la conseguenza che in mancanza di firma autenticata, l’istanza punitiva deve ritenersi inesistente (Sez. 2, n. 52601 del 05/12/2014).

I risvolti applicativi

Una querela inviata per posta deve avere la firma autenticata da un soggetto autorizzato.

Tal che ne discende che, senza questa firma autenticata, la richiesta punitiva non può essere considerata valida.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 8920 Anno 2024

Presidente: MICCOLI GRAZIA ROSA ANNA

Relatore: SGUBBI VINCENZO

Data Udienza: 08/02/2024

Data Deposito: 29/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO

nel procedimento a carico di:

M. M. nato a … il …

avverso la sentenza del 05/07/2023 del GIUDICE DI PACE di PALERMO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

sentita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SGUBBI;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore SABRINA PASSAFIUME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;

lette le conclusioni del difensore che si è associato alle richieste del P.G.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata il Giudice di Pace di Palermo ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M. M., per difetto di querela.

Secondo il Giudice di pace, la persona offesa aveva depositato una querela a mezzo di incaricato, e cioè del proprio difensore, ma senza autenticazione della sottoscrizione, in violazione dell’art. 337 cod. proc. pen.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, deducendo con unico motivo violazione di legge e segnatamente degli artt. 336 e 337 cod. proc. pen. e degli artt. 23, 24 e 25 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82.

L’atto di querela, corredato del documento di identità del delegante, è stato sottoscritto digitalmente dall’avvocato delegato, riconosciuto attraverso le specifiche credenziali attribuite per l’accesso al portale del Ministero della Giustizia.

Non è necessario, ai fini della validità della querela, che la sottoscrizione del querelante sia contestualmente autenticata dal difensore; rilevando solo che la sottoscrizione sia autentica, requisito certificato delle modalità di presentazione descritte.

3. Il Procuratore generale ha concluso per iscritto chiedendo il rigetto del ricorso.

Il Difensore dell’imputato si è associato alle richieste del Procuratore generale.

CONSIDERATO IN DIRI’TTO

Il ricorso è infondato.

1. L’art. 337, comma 1, cod. proc. pen., stabilisce che «la dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall’articolo 333, comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all’estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato».

Da tale norma si desume che la querela può anche essere “recapitata”, ovvero che può essere “spedita”, a condizione però che l’atto rechi la “sottoscrizione autentica” del querelante; tale ultima espressione è pacificamente intesa come quella di “sottoscrizione autenticata” ad opera del soggetto a ciò abilitato, ivi compreso, ex art. 39 disp. att. cod. proc. pen., il difensore della persona offesa.

Appare chiaro l’errore nel quale incorre il Pubblico ministero ricorrente laddove discorre della validità della sottoscrizione digitale apposta dall’avv. N., persona che ha materialmente recapitato la querela della persona offesa, in un momento nel quale non era stato ancora conferito in suo favore il mandato difensivo.

Come risulta pacificamente dal testo della sentenza e pure dal ricorso, nel caso in esame la querela, corredata dal documento d’identità della persona offesa e da questa sottoscritta analogicamente, è stata scannerizzata e trasmessa a mezzo pec, in data 20 aprile 2022, dall’avv. N., che alla data di

trasmissione dell’atto non era stata nominata difensore della persona offesa: la nomina in suo favore fu infatti conferita il 28 aprile 2022, e fu depositata presso la Procura della Repubblica il 22 dicembre successivo.

Con dichiarazione apposta in calce alla querela, l’avv. N. era stata semplicemente incaricata al deposito.

2. Il ricorso richiama le norme stabilite dagli artt. 23-25 del c.d. codice dell’amministrazione digitale (d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 e successive modifiche).

Ebbene, l’art. 25, commi 2 e 3, del testo citato dispone che «l’autenticazione della firma elettronica, anche mediante l’acquisizione digitale della sottoscrizione autografa, o di qualsiasi altro tipo di firma elettronica avanzata consiste nell’attestazione, da parte del pubblico ufficiale, che la firma è stata apposta in sua presenza dal titolare, previo accertamento della sua identità personale, della validità dell’eventuale certificato elettronico utilizzato e del fatto che il documento sottoscritto non è in contrasto con l’ordinamento giuridico.

L’apposizione della firma digitale da parte del pubblico ufficiale ha l’efficacia di cui all’articolo 24, comma 2» (l’art. 24, comma 2, a sua volta dispone che «L’apposizione di firma digitale integra e sostituisce l’apposizione di sigilli, punzoni, timbri, contrassegni e marchi di qualsiasi genere ad ogni fine previsto dalla normativa vigente”).

Insomma, lo stesso ragionamento del Pubblico ministero ricorrente si attaglia esclusivamente all’apposizione di firma digitale da parte del pubblico ufficiale, al quale, come si è detto in premessa, è equiparato il difensore.

E,come si è detto, colei che ha apposto la firma digitale non era, in quel momento, difensore, e dunque non poteva autenticare la querela. Le conclusioni non sono affatto smentite, ma sono anzi confermate, dalla giurisprudenza a Sezioni Unite che il Pubblico ministero ricorrente cita, e che recita: «la mancata identificazione del soggetto che presenta la querela non determina l’invalidità dell’atto allorché ne risulti accertata la sicura provenienza» (Sez. U, n. 26268 del 28/03/2013, omissis, Rv. 255584).

Si tratta, infatti, di un principio che è stato affermato in un caso nel quale la querela era stata appunto autenticata dal difensore, il quale poi aveva incaricato per il deposito un’altra persona; sicché le Sezioni Unite hanno potuto affermare nell’occasione che «la querela sottoscritta con firma autenticata dal difensore non richiede ulteriori formalità per la presentazione ad opera di un soggetto diverso dal proponente, che può effettuarla anche se non sia munito di procura speciale. Ne consegue che, in tal caso, il conferimento al difensore dell’incarico di presentare la querela non necessita di forma scritta» (Sez. U, cit., Rv. 255583; cfr. anche Sez. 4, n. 51592 del 29/11/2023, omissis, Rv. 285536 e Sez. 2, n. 6342 del 18/12/2014, dep. 2015, omissis, Rv. 262569).

In definitiva, è stato correttamente applicato il principio in forza del quale la querela spedita a mezzo posta (cui va equiparato l’inoltro a mezzo pec) deve essere munita di autenticazione della sottoscrizione proveniente da un soggetto a ciò legittimato a norma dell’art. 337, cod. proc. pen., con la conseguenza che in mancanza di firma autenticata, l’istanza punitiva deve ritenersi inesistente (Sez. 2, n. 52601 del 05/12/2014, dep. 2015, omissis, Rv. 261631).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso del Pubblico ministero.

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