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La mancanza dell’avviso previsto dall’art. 545-bis, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettura del dispositivo della sentenza, la rende nulla?

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Cass. pen., sez. III, 27/03/2024 (ud. 27/03/2024, dep. 11/04/2024), n. 14963 (Pres. Sarno, Rel. Liberati)

Indice

La questione giuridica

Fermo restando che, come è noto, l’art. 545-bis, co. 1, terzo periodo, c.p.p. dispone che, se “deve procedere agli ulteriori accertamenti indicati al comma 2[1], fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso”, una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se la mancanza di avviso, previsto da questo comma, dopo la lettura del dispositivo della sentenza, rende la sentenza nulla.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Firenze respingeva una impugnazione proposta nei confronti di una sentenza emessa dal Tribunale di Pistoia con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, l’imputato era stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione e 2.000,00 euro di multa, in relazione a tre contestazioni del delitto di cui all’art. 73, quinto comma, d.P.R. 309/90.

Ciò posto, avverso tale sentenza l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo un unico motivo, ossia la violazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato poiché, né dagli atti, né dalla non contestata narrativa della sentenza impugnata, non era emerso che il difensore dell’imputato avesse fatto richiesta di sostituire la pena detentiva, con la conseguenza che non poteva utilmente dolersi con il ricorso per Cassazione di un mancato avviso strumentale all’esercizio di una facoltà che non aveva dichiarato di voler esercitare, benché fosse già entrata in vigore e applicabile la disposizione di cui si lamenta l’inosservanza (v., in tal senso, Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, secondo cui il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l’avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione).

Codesta omissione, comunque, sempre per i giudici di piazza Cavour, non determinava la nullità della sentenza nel caso di specie in quanto il giudice non deve in ogni caso proporre all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva essendo investito, al riguardo, di un potere discrezionale, cosicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, e, nel medesimo senso, Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023).

Tal che se ne faceva conseguire la manifesta infondatezza della denuncia di nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., avendo, tra l’altro, la Corte territoriale formulato anche, sia pure implicitamente, con riferimento al trattamento sanzionatorio, ma con valutazione valida anche ai fini della valutazione da compiere con riferimento alla sostituzione della pena detentiva, un giudizio di gravità del fatto e negativo sulla personalità dell’imputato, alla luce dei suoi precedenti, idoneo a giustificare la valutazione negativa anche sulla sostituibilità della pena detentiva (Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015).

I risvolti applicativi

L’omissione dell’avviso dell’art. 545-bis, comma 1, del codice di procedura penale dopo la lettura del dispositivo non rende la sentenza nulla, implicando ciò che si sia ritenuta implicitamente la mancanza dei presupposti per concedere una misura sostitutiva.

[1]Ai sensi del quale: “Al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall’ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell’imputato. Il giudice può richiedere, altresì, all’ufficio di esecuzione penale esterna, il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell’ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì, dai soggetti indicati dall’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d’azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all’ufficio di esecuzione penale esterna e, fino a cinque giorni prima dell’udienza, possono presentare memorie in cancelleria”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 3 Num. 14963 Anno 2024

Presidente: SARNO GIULIO

Relatore: LIBERATI GIOVANNI

Data Udienza: 27/03/2024

Data Deposito: 11/04/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

O. E., nato in … il …

avverso la sentenza del 20/6/2023 della Corte d’appello di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 giugno 2023 la Corte d’appello di Firenze ha respinto l’impugnazione proposta da E. O. nei confronti della sentenza del 13 ottobre 2020 del Tribunale di Pistoia con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, lo stesso era stato condannato alla pena di otto mesi di reclusione e 2.000,00 euro di multa, in relazione a tre contestazioni del delitto di cui all’art. 73, quinto comma, d.P.R. 309/90.

2. Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’Avvocato S. S., che lo ha affidato a un unico motivo, con il quale ha denunciato la violazione dell’art. 545-bis cod. proc. pen., introdotto dal d.lgs. 150/2002, applicabile, ai sensi dell’art. 95 del medesimo d.lgs. 150/2022, ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore di tale disposizione (ossia al 30 dicembre 2022), a causa del mancato avviso della sostituibilità della pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’art. 53 l. n. 689/81, nonostante la pena in concreto inflitta, inferiore a quattro anni di reclusione, consentisse di chiedere l’applicazione di una delle sanzioni sostitutive di cui alla citata I. n. 689/81.

Poiché il giudizio di secondo grado era stato trattato in camera di consiglio senza la partecipazione dell’imputato e del difensore, la Corte d’appello avrebbe dovuto avvertire le parti di detta facoltà e, stante l’assenza dell’imputato e del difensore, non essendo possibile decidere immediatamente, avrebbe dovuto fissare una apposita udienza non oltre sessanta giorni, per consentire alle parti di chiedere l’applicazione di tali sanzioni o, quanto meno, al difensore di munirsi di procura speciale per richiederle.

Ha pertanto concluso domandando l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

3. Il Procuratore Generale ha concluso sollecitando la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, sottolineando la manifesta infondatezza della censura, richiamando il principio, già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il giudice non è tenuto a proporre, in ogni caso, all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito di un potere discrezionale al riguardo, con la conseguenza che l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (si richiama Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, …, Rv. 285710).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. La doglianza, in ordine al mancato avviso di cui all’art. 545 bis cod. proc. pen., circa la sostituibilità della pena detentiva, è, anzitutto, preclusa, non emergendo, né dagli atti né dalla non contestata narrativa della sentenza impugnata, che il difensore dell’imputato ne avesse fatto richiesta, con la conseguenza che non può utilmente dolersi con il ricorso per cassazione di un mancato avviso strumentale all’esercizio di una facoltà che non aveva dichiarato di voler esercitare, benché fosse già entrata in vigore e applicabile la disposizione di cui si lamenta l’inosservanza (v., in tal senso, Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, D., Rv. 285412 – 02, secondo cui il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l’avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione).

Detta omissione, comunque, non determina la nullità della sentenza, in quanto il giudice non deve in ogni caso proporre all’imputato l’applicazione di una pena sostitutiva, essendo investito, al riguardo, di un potere discrezionale, cosicché l’omessa formulazione, subito dopo la lettura del dispositivo, dell’avviso di cui all’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., non comporta la nullità della sentenza, presupponendo un’implicita valutazione dell’insussistenza dei presupposti per accedere alla misura sostitutiva (Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, D., Rv. 285412 – 01, cit., e, nel medesimo senso, Sez. 1, n. 2090 del 12/12/2023, dep. 2024, S., Rv. 285710 – 01).

Ne consegue, dunque, la manifesta infondatezza della denuncia di nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 545-bis, comma 1, cod. proc. pen., avendo, tra l’altro, la Corte d’appello formulato anche, sia pure implicitamente, con riferimento al trattamento sanzionatorio, ma con valutazione valida anche ai fini della valutazione da compiere con riferimento alla sostituzione della pena detentiva, un giudizio di gravità del fatto e negativo sulla personalità dell’imputato, alla luce dei suoi precedenti, idoneo a giustificare la valutazione negativa anche sulla sostituibilità della pena detentiva (v. Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, omissis, Rv. 263558 – 01).

3. Il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile, a cagione della manifesta infondatezza dell’unico motivo al quale è stato affidato.

L’inammissibilità originaria del ricorso esclude il rilievo della eventuale prescrizione verificatasi successivamente alla sentenza di secondo grado, giacché detta inammissibilità impedisce la costituzione di un valido rapporto processuale di impugnazione innanzi al giudice di legittimità, e preclude l’apprezzamento di una eventuale causa di estinzione del reato intervenuta successivamente alla decisione impugnata (Sez. un., 22 novembre 2000, n. 32, omissis, Rv. 217266; conformi, Sez. un., 2/3/2005, n. 23428, omissis, Rv. 231164, e Sez. un., 28/2/2008, n. 19601, omissis, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8.5.2013, Rv. 256463; Sez. 2, n. 53663 del 20/11/2014, omissis, Rv. 261616; nonché Sez. U, n. 6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, omissis, Rv. 268966).

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

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