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Indici di un medesimo disegno criminoso: quali possono essere?

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Cass. pen., sez. I, 28/05/2024 (ud. 28/05/2024, dep. 19/09/2024), n. 35285 (Pres. Rocchi, Rel. Monaco)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava quali possono essere gli indici rilevatori di un medesimo disegno criminoso.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Lanusei, quale giudice dell’esecuzione, respingeva un’istanza proposta volta al riconoscimento della continuazione.

Ciò posto, avverso siffatta decisione proponeva ricorso per Cassazione l’istante, il quale deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

Gli Ermellini ritenevano il ricorso suesposto fondato.

In particolare, tra le argomentazioni che inducevano i giudici di piazza Cavour ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui vanno annoverati tra i possibili “indici rivelatori” della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta; c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) l’apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purché significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008).

I risvolti applicativi

Tra gli indici rivelatori di un’effettiva preordinazione unitaria in materia di continuazione vi possono essere: a) la breve distanza temporale tra i fatti; b) le modalità della condotta; c) l’omogeneità del bene tutelato; d) l’analisi delle cause e delle condizioni di tempo e luogo delle violazioni, fermo restando che è possibile considerare anche solo alcuni di questi elementi, se significativi.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 35285 Anno 2024

Presidente: ROCCHI GIACOMO

Relatore: MONACO MARCO MARIA

Data Udienza: 28/05/2024

Data Deposito: 19/09/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

O. A. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 29/12/2023 del Tribunale di Lanusei

udita la relazione svolta dal Consigliere Marco Maria Monaco;

lette le conclusioni del Sost. Proc. Gen. Nicola Lettieri per l’inammissibilità.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Lanusei, quale giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 29/12/2023, depositata il 10/1/2010, ha respinto l’istanza proposta nell’interesse di O. A. di applicare l’istituto della continuazione tra i fatti accertati dai seguenti provvedimenti:

-A) sentenza del 31/3/2021 del Tribunale di Lanusei, irrevocabile il 18/4/2021, di condanna alla pena di anni 2, mesi 6 di reclusione ed euro 9.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 304 del 1990 per la detenzione a fine di spaccio di 1.848,81gr di marijuana, commesso a Tortolì il 30 marzo 2021;

– B) sentenza del 5/10/2021 del Tribunale di Lanusei, irrevocabile il 22/10/2021, di condanna alla pena di mesi 6 e giorni 20 di reclusione ed euro 1,667,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990 per la detenzione di complessivi grammi 44,974 di sostanza stupefacente del tipo

marijuana, con la recidiva reiterata e specifica infraquinquennale, commesso a Tortolì il 9 agosto 2021.

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso l’interessato che, a mezzo del difensore, ha dedotto il seguente motivo.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. Nel ricorso la difesa rileva che il giudice dell’esecuzione avrebbe applicato erroneamente i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di continuazione in quanto avrebbe omesso di considerare l’omogeneità delle condotte e il brevissimo intervallo di tempo intercorso tra le stesse.

3. In data 15 aprile 2024 è pervenuta in cancelleria la requisitoria scritta con la quale il Sost. Proc. Gen. Nicola Lettieri che il ricorso sia dichiarato inammissibile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Nell’unico motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. La doglianza è infondata.

2.1. Al fine di verificare la possibilità di applicare la disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. art. 81 comma secondo cod. pen. il giudice di merito è tenuto – attraverso un concreto esame dei tempi e delle modalità di realizzazione delle diverse violazioni commesse e giudicate – a individuare l’esistenza di elementi dai quali desumere la sostanziale unicità del disegno criminoso tra le condotte

poste in essere.

In una corretta prospettiva sistematica, infatti, il trattamento più mite rispetto al cumulo materiale è giustificato dall’esistenza di una rappresentazione unitaria sin dal momento ideativo delle diverse condotte violatrici – almeno nelle loro linee essenziali – da parte del soggetto agente così da potersi escludere una successione di autonome risoluzioni criminose.

Ciò perché la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sé il caratteristico elemento intellettivo (unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi) che caratterizza il reato continuato né, evidentemente, consentono l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più mite (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, omissis, Rv. 284420 – 01; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B., Rv. 260896 – 01; Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, omissis, Rv. 248862 – 01).

La giurisprudenza di legittimità nel corso del tempo ha indicato quali possibili “indici rivelatori” della effettiva preordinazione unitaria: a) la ridotta distanza cronologica tra i diversi fatti; b) le concrete modalità della condotta; c) l’omogeneità del bene tutelato dalle previsioni incriminatrici; d) l’apprezzamento della causale e delle condizioni di tempo e luogo delle singole violazioni, aggiungendo che risulta possibile valorizzare anche soltanto alcuni di detti elementi purché significativi (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, omissis, Rv. 270074 – 01; Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, omissis, Rv. 266413 -01; Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, omissis, Rv. 254809 – 01; Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, dep. 2013, omissis, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, omissis, Rv. 242098 – 01).

L’unicità del disegno criminoso, in altre parole, non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a commettere dei reati (cfr. ancora Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, omissis, Rv. 270074 – 01 e giurisprudenza in precedenza indicata).

La nozione di continuazione, d’altro canto, non può neanche ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, in quanto tale definizione di dettaglio, oltre a non apparire conforme al dettato normativo, che parla soltanto di “disegno”, porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro prevedibilità, quindi e normalmente, solo in via approssimativa.

Quello che occorre, invece, è che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, concreto e specifico, che può essere ab origine anche di massima, purché i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale -seppure con una riserva di ‘adattamento’ alle eventualità del caso- come mezzo per il conseguimento di un unico scopo o intento prefissato (in tal senso di nuovo Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, omissis, Rv. 270074 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, Rv. 259094 – 01; Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, P., Rv. 246838 – 01

La difficoltà di applicazione pratica dell’istituto deriva dalla natura indiziaria di tale tipologia di accertamento che impone di risalire dai fatti commessi (evidenza obiettiva) a un aspetto di tipo eminentemente psichico (che si pone come antecedente ideologico), rappresentato dalla unitaria programmazione nell’ambito di una finalità ben individuata e circoscritta.

In questa prospettiva, ad esempio, le decisioni che riconoscono una particolare valenza all’indicatore logico della ‘non eccessiva distanza temporale’ tra le violazioni realizzano, pertanto, una opportuna autolimitazione della discrezionalità affidandosi ad una massima di esperienza che può essere ritenuta ragionevole (cfr. Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, omissis, Rv. 266413 – 01; Sez. 2, n. 7555 del 22/01/2014, omissis, Rv. 258543 – 01

Ciò perché l’elemento teleologico richiesto dal legislatore non può coincidere con un finalismo del tutto generico -come in ipotesi l’obiettivo dell’agente di realizzare profitti illeciti attraverso una tendenziale dedizione al crimine sì da soddisfare in tal modo, per un tempo consistente, i propri bisogni di vita- posto che ciò finirebbe con il contraddire la natura stessa dell’istituto quale norma di

favore, tesa a mitigare il rigore del cumulo materiale nei confronti dell’agente che abbia mostrato una ridotta capacità criminale.

Da ciò deriva che un consistente intervallo temporale tra un episodio e quello successivo, salve le ipotesi in cui si rinvenga una chiara ragione giustificatrice di una attuazione temporalmente frazionata di un fine specifico, è indicatore logico di una successione di azioni sorrette da ideazione autonome o comunque orientate a realizzare più che una finalità circoscritta (come richiesto dalla norma) una tendenza soggettiva indeterminata ed ampia.

In una corretta prospettiva, però, si deve anche evidenziare che la sola vicinanza temporale tra i fatti può non essere da sola sufficiente a dimostrare l’unicità del disegno criminoso.

A ben vedere, infatti, la vicinanza cronologica, elemento sicuramente significativo a prima lettura, deve comunque essere valutato unitamente agli altri e ulteriori elementi emersi.

2.3. Nel caso di specie il giudice dell’esecuzione, seppure esprimendosi in termini sintetici, ha dato conto di avere adeguatamente valutato tutti gli elementi e la motivazione sul punto risulta conforme ai principi indicati.

Pure a fronte dell’omogeneità delle condotte, infatti, il Tribunale ha fatto coerente riferimento alla totale assenza di elementi dai quali poter desumere che il secondo fatto fosse stato già ideato allorché il ricorrente ha commesso il primo reato.

Come evidenziato nel provvedimento impugnato, d’altro canto, la finalità di reperire denaro per il proprio sostentamento, come indicato dal Procuratore generale e diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, si pone in termini opposti rispetto alla continuazione in quanto rende la reiterazione della condotta criminosa sintomatico della scelta di uno stile di vita caratterizzato dall’abitualità e professionalità nel reato.

Sotto altro profilo, infine, si deve rilevare che la conclusione cui è pervenuto il giudice, pure considerato che l’intervallo di tempo tra i due fatti è di quattro mesi, risulta coerente, ciò proprio in virtù delle modalità estremamente diverse tra le due condotte (nel primo caso la contestazione si riferisce a una detenzione di quasi due chili di marijuana e nel secondo, invece, di soli 45 grammi circa, tanto che è stata riconosciuta l’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. 309 del 1990) e del fatto che allorché il secondo reato è stato commesso la prima condanna era già divenuta irrevocabile.

3. Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 28/5/2024.

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