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Il “tempo silente” dalla commissione del reato è rilevante per la revoca o la sostituzione di una misura cautelare?

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Cass. pen., sez. VI, 09/04/2024 (ud. 09/04/2024, dep. 16/05/2024), n. 19584 (Pres. Costanzo, Rel. Amoroso)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se il c.d. “tempo silente”, trascorso dalla commissione del reato, assume rilevanza ai fini della revoca o della sostituzione di una misura cautelare.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

Il Tribunale di Lecce, adito ex art. 310 cod. proc. pen., confermava un’ordinanza emessa dal Giudice delle indagini preliminari dello stesso Tribunale, con la quale era stata rigettata una richiesta di revoca e/o sostituzione della misura degli arresti domiciliari applicata nei confronti del ricorrente per i reati di cui agli artt. 416, 318, 319, 321, 326, 615-ter, 48, 479 cod. pen..

Ciò posto, avverso questa decisione la difesa ricorreva per Cassazione, deducendo vizio della motivazione circa la sussistenza del pericolo di inquinamento e di reiterazione, a seguito dell’avviso dell’art. 415-bis cod. proc. pen. e, quindi, della conclusione delle indagini preliminari e del tempo decorso dai fatti.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni che avevano indotto gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, vi era quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il c.d. “tempo silente” trascorso dalla commissione del reato in quanto già oggetto di valutazione da parte sia del giudice che ha emesso l’ordinanza che dispone la misura cautelare, e sia da parte del giudice dell’impugnazione cautelare, non assume rilevanza ai fini della revoca o della sostituzione della misura, rispetto alle quali l’unico tempo che assume rilievo è quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura in poi, essendo qualificabile, in presenza di ulteriori elementi, come fatto sopravvenuto da cui poter desumere il venir meno ovvero l’attenuazione delle originarie esigenze cautelari (Sez. 2, n. 12807 del 19/02/2020).

Difatti, per i giudici di piazza Cavour, nel caso di specie, il Tribunale correttamente aveva ritenuto ininfluente il breve tempo decorso dall’applicazione della misura cautelare (tre mesi) in rapporto alla gravità dei reati, in ragione della capacità criminale dell’indagato.

I risvolti applicativi

Il “tempo silente”, decorrente dalla commissione del reato, già valutato dai giudici che hanno emesso l’ordinanza genetica e quelli che hanno deciso sull’impugnazione cautelare, non è rilevante per la revoca o la sostituzione della misura.

L’unico tempo rilevante è difatti solo quello trascorso dall’applicazione o dall’esecuzione della misura in poi, nella misura in cui eventuali nuovi elementi possano deporre per l’attenuazione delle esigenze cautelari.

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