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Il giudice di appello è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena?

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Cass. pen., sez. V, 07/11/2023 (ud. 07/11/2023, dep. 29/02/2024), n. 8913 (Pres. Pezzullo, Rel. Guardiano)

Indice

La questione giuridica

La questione giuridica, tra quelle affrontate dalla Cassazione nel caso di specie, riguardava se sia possibile, da parte del giudice di appello, rilevare d’ufficio la sospensione condizionale della pena.

Difatti, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in esame, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Roma confermava una sentenza con cui il Tribunale di Frosinone aveva condannato l’imputato alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, il difensore dell’accusato proponeva ricorso per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di mancanza assoluta di motivazione in punto di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, in relazione al quale, in violazione dell’art. 133, co. 2, c.p., per la difesa, il giudice di appello avrebbe dovuto valutare il contenuto del casellario giudiziale del ricorrente, non ostativo al riconoscimento del beneficio richiesto.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto infondato alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di giudizio di appello, il giudice non è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, né a motivare sul punto, nemmeno nel caso in cui, nell’atto di impugnazione e in sede di discussione, siano stati genericamente richiamati i “benefici di legge”, omettendo l’indicazione di alcun elemento di fatto idoneo a giustificare l’accoglimento della richiesta (cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 44188 del 20/09/2023; Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013).

I risvolti applicativi

Nel giudizio di appello, il giudice non è obbligato a concedere automaticamente la sospensione condizionale della pena, né è tenuto a motivare la sua decisione su questo punto, e questo vale anche nel caso in cui vengano menzionati genericamente i ‘benefici di legge’ senza però che siano forniti elementi di fatto specifici per giustificare la richiesta di sospensione condizionale della pena.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 5 Num. 8913 Anno 2024

Presidente: PEZZULLO ROSA

Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 07/11/2023

Data Deposito: 29/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

C. M. nato a … il …

avverso la sentenza del 23/02/2023 della CORTE APPELLO di ROMA

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere ALFREDO GUARDIANO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA CERONI che ha concluso chiedendo …

Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria depositata e conclude per l’inammissibilità del ricorso.

udito il difensore

Il Difensore S. V. del foro di ROMA si riporta ai motivi del ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.

IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Roma confermava la sentenza con cui il tribunale di Frosinone, in data 24.1.2020, aveva condannato C. M. alle pene, principale e accessorie, ritenute di giustizia, in relazione ai fatti di bancarotta fraudolenta documentale e di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione in rubrica ascrittigli, in qualità di amministratore unico della

società “… S.r.l.”, dichiarata fallita dal tribunale di Frosinone il 26.2.2016.

2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il C., lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto, in considerazione del ruolo di semplice amministratore di diritto svolto dall’imputato, non è possibile addebitargli per tale sola ragione, in presenza di un amministratore di fatto, i fatti di bancarotta in contestazione, in relazione ai quali difetta un’adeguata motivazione in punto di affermazione della sussistenza dell’elemento soggettivo dei reati in contestazione, avendo in particolare, la corte di appello omesso di soffermarsi sulla consapevolezza o meno del C. circa i disegni e i piani relativi alla gestione della “… S.r.l.”, invero condotta da terzi soggetti, nonché in ordine allo stato delle scritture contabili; 2) violazione di legge e vizio di motivazione, in punto di mancanza assoluta di motivazione in punto di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, in relazione al quale, in violazione dell’art. 133, co. 2, c.p., il giudice di appello avrebbe dovuto valutare il contenuto del casellario giudiziale del C., non ostativo al riconoscimento del beneficio richiesto.

3. Con requisitoria scritta del 4.10.2023, da valere come memoria, essendo stata chiesta, nelle more, la discussione orale del ricorso, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di

cassazione, dott.ssa Francesca Ceroni, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

4. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni.

5 Invero, come affermato dall’orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, è inammissibile l’appello per difetto di specificità dei motivi quando nell’atto di impugnazione non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (cfr. Cass., Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Rv. 277811).

In questa prospettiva, si è opportunamente osservato come sia inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima parte, c.p.p., il ricorso per cassazione che deduca una questione che non ha costituito

oggetto dei motivi di appello, tale dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (cfr. Cass., Sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306).

Applicando tali principi al caso in esame non può non rilevarsi come l’imputato, con l’atto di appello del 24.6.2020, si sia limitato ad eccepire il ruolo marginale svolto dal C. all’interno della società fallita, tenuto conto che nella vicenda in esame “altri erano gli interessi dominanti e certamente quelli dell’imputato appaiono del tutto trascurabili e marginali”.

Appare, dunque, evidente come solo con i motivi di ricorso l’imputato abbia illustrato in termini specifici la prospettazione assolutamente generica della censura articolata in sede di appello, alla quale, peraltro, la corte territoriale ha replicato in maniera affatto manifestamente illogica o contraddittoria, rilevando il diretto coinvolgimento del C. nell’attività di gestione della società fallita, in posizione non certo marginale, desumendola, non solo dal lungo periodo di durata (sei anni) della sua carica di amministratore di diritto, ma anche da due circostanze di fatto invero significative: da un lato, avere stipulato il contratto di accollo di mutuo del 28.5.2012, “con il quale la fallita aveva realizzato il trasferimento, in realtà solo apparente, alla “… srl” del consistente patrimonio immobiliare appartenente alla “… S.r.l.”; dall’altro, la “detenzione dei libri contabili della fallita, elencati nella ricevuta del 30.5.2012 sottoscritta dal C. al momento della loro riconsegna da parte della E. srl che lo stesso imputato aveva poi omesso di consegnare al curatore fallimentare”.

Del tutto nuova, poi, rispetto all’atto di appello risulta la questione posta con il secondo motivo di ricorso, che, pertanto, non può essere proposta, in quanto inedita, per la prima volta in questa sede di legittimità, stante il disposto dell’art. 606, co. 3, c.p.p.

Al riguardo si sottolinea l’esistenza di un condivisibile orientamento della giurisprudenza di questa Corte, alla luce del quale, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, in tema di giudizio di appello, il giudice non è tenuto a concedere d’ufficio la sospensione condizionale della pena, né a motivare sul punto, nemmeno nel caso in cui, nell’atto di impugnazione e in sede di discussione, siano stati genericamente richiamati i “benefici di legge”, omettendo l’indicazione di alcun elemento di fatto idoneo a giustificare l’accoglimento della richiesta (cfr., ex plurimis, Sez. 1, n. 44188 del 20/09/2023, Rv. 285413; Sez. 4, n. 1513 del 03/12/2013, Rv. 258487).

6. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, posto che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest’ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.

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