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Il giudice dell’esecuzione che ha emesso un’ordinanza annullata può pronunciarsi nuovamente in sede di rinvio?

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Cass. pen., sez. I, 24/06/2024 (ud. 24/06/2024, dep. 18/07/2024), n. 29263 (Pres. Santalucia, Rel. Aprile)

Indice

La questione giuridica

Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se, in caso di annullamento con rinvio di ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione, è configurabile l’incompatibilità del giudice che ha emesso il provvedimento annullato a pronunciarsi nuovamente in sede di rinvio.

Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.

La Corte di Appello di Milano dichiarava inammissibile una dichiarazione di ricusazione proposta nell’ambito di un procedimento di esecuzione per la revoca del beneficio della sospensione condizionale.

Ciò posto, avverso questa pronuncia proponeva ricorso per Cassazione il difensore il quale deduceva la violazione della legge, in riferimento agli artt. 34 e 623 cod. proc. pen..

In particolare, ad avviso del legale, doveva essere applicata nel caso di specie la previsione dell’art. 623, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. secondo il quale il rinvio deve essere disposto in favore di altra Sezione della Corte di Appello.

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Corte di legittimità riteneva il ricorso suesposto infondato.

In particolare, tra le argomentazioni giuridiche che avevano indotto gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, «in caso di annullamento con rinvio di ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione, non è configurabile l’incompatibilità del giudice che ha emesso il provvedimento annullato a pronunciarsi nuovamente in sede di rinvio» (Sez. 4, n. 43026 del 30/09/2015, nella fattispecie la Corte aveva annullato l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione aveva rigettato la richiesta di rimessione in termini per l’opposizione a decreto penale di condanna e, in sede di rinvio, si era nuovamente pronunciato sull’istanza lo stesso giudice).

I risvolti applicativi

In caso di annullamento con rinvio di un’ordinanza del giudice dell’esecuzione, il giudice che ha emesso il provvedimento annullato non è incompatibile a pronunciarsi nuovamente in sede di rinvio.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 1 Num. 29263 Anno 2024

Presidente: SANTALUCIA GIUSEPPE

Relatore: APRILE STEFANO

Data Udienza: 24/06/2024

Data Deposito: 18/07/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G. M. nato a … il …

avverso l’ordinanza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di MILANO

udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE;

lette le conclusioni del PG, Vincenzo SENATORE, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte di appello di Milano dichiarava inammissibile la dichiarazione di ricusazione proposta in data 19 febbraio 2024 nell’interesse di M. G. nell’ambito del procedimento di esecuzione n. 1865/2023, attivato innanzi al detto ufficio giudiziario dal pubblico ministero per la revoca del beneficio della sospensione condizionale concessogli con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Brescia in data 9 maggio 2006.

1.1. Nella istanza di ricusazione, l’interessato aveva evidenziato che:

– un magistrato, componente del collegio d’appello investito della richiesta avanzata dal pubblico ministero, aveva concorso a pronunciare l’ordinanza de plano in data 18 aprile 2023 con la quale era stato revocato il detto beneficio;

– avverso detto provvedimento, G. proponeva ricorso per cassazione;

– questa Corte di legittimità annullava il provvedimento perché emesso senza contraddittorio (Sez. 1, n. 48480 del 18/10/2023);

– restituiti gli atti alla Corte d’appello, il collegio incaricato di procedere al giudizio di rinvio era composto anche dal suddetto magistrato, incompatibile ex art. 34 cod. proc. pen. in quanto aveva già deciso sulla richiesta oggetto del giudizio.

2. Ricorre M. G., a mezzo del difensore avv. A. d. S., che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione della legge, in riferimento agli artt. 34 e 623 cod. proc. pen.

Ad avviso della difesa, sussiste la causa di incompatibilità denunciata perché è stata erroneamente interpretata la disposizione dell’art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. che, anche alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 7 del 2022, deve essere interpretata con riguardo al contenuto sostanziale della pronuncia del giudice dell’esecuzione che, anche nel caso in esame, attiene alla pena, dovendosi fare applicazione dell’art. 172 cod. pen., come invocato dalla difesa; la norma stabilisce l’estinzione per decorso del tempo della pena inflitta con la sentenza che ha conceduto il beneficio oggetto della richiesta di revoca, estinzione che il giudice dell’esecuzione non ha rilevato d’ufficio, pur essendovi tenuto, così palesando un pregiudizio che si reitera a seguito del disposto rinvio al medesimo giudice dell’esecuzione.

Nel caso in esame, quindi, deve farsi applicazione della previsione dell’art. 623, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. secondo il quale il rinvio deve essere disposto in favore di altra Sezione della Corte d’appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito, con riguardo alla decisione assunta senza contraddittorio, che «in caso di annullamento con rinvio del provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione dichiara de plano l’inammissibilità dell’istanza, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., non è configurabile l’incompatibilità del medesimo giudice a pronunciarsi nuovamente in sede di rinvio» (Sez. 1, n. 5042 del 07/05/2019 – dep. 2020, M., Rv. 278461).

Più in generale, già in precedenza si era affermato che «in caso di annullamento con rinvio di ordinanza pronunciata dal giudice dell’esecuzione, non è configurabile l’incompatibilità del giudice che ha emesso il provvedimento annullato a pronunciarsi nuovamente in sede di rinvio» (Sez. 4, n. 43026 del 30/09/2015, omissis, Rv. 264750, nella fattispecie la Corte aveva annullato l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione aveva rigettato la richiesta di rimessione in termini per l’opposizione a decreto penale di condanna e, in sede di rinvio, si era nuovamente pronunciato sull’istanza lo stesso giudice).

2.1. Il principio di diritto secondo il quale, nel giudizio di esecuzione (analogamente è previsto per i giudizi camerali in tema di libertà: Sez. 6, n. 33883 del 26/03/2014, omissis, Rv. 261076; Sez. 4, n. 16717 del 14/04/2021, omissis, Rv. 281039; Sez. 1, n. 17038 del 06/10/2022- dep. 2023, D., Rv. 284501), non vi è motivo di discostarsi dalla regola generale dell’art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., secondo il quale: «se è annullata un’ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l’ha pronunciata …», trova una eccezione nel caso che il giudice di rinvio abbia già espresso una specifica valutazione sull’applicazione dell’istituto della continuazione, che interviene sulla struttura dei reati e delle pene, e sulla determinazione della pena, ma non in ogni altro caso nel quale debba essere esaminata o riesaminata l’istanza avanzata con l’incidente di esecuzione che eventualmente riguardi la condanna o pena.

3. Del resto, se la doglianza difensiva è per un verso inammissibile poiché, in realtà, si appunta sulla decisione della Corte di cassazione di individuare il giudice di rinvio ex art. 623, comma 1, lett. a), cod. proc. pen. — decisione che non è suscettibile di impugnazione, salvo il caso dell’art. 625-bis cod. proc. pen. che non risulta azionato —, non si profila, per altro verso, alcuna frizione costituzionale.

La condizione ordinamentale e processuale del giudice, l’ordinanza o il decreto del quale sia stato annullato dalla Corte di cassazione, non è analoga né paragonabile a quella nella quale si trova il giudice che abbia formulato un vero e proprio giudizio di merito sulla responsabilità dell’imputato, unica condizione processuale che può dare luogo all’incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., come ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 183 del 2013.

La dichiarazione di incostituzionalità è stata in tal caso limitata alla specifica ipotesi, venuta in considerazione in quel giudizio, del giudice dell’esecuzione che interviene in materia di reato continuato o concorso formale di reati, così esprimendo valutazioni tipicamente di merito dalle quali deriva un ipotetico pregiudizio del giudice, rilevante come causa di incompatibilità.

4. La valutazione demandata al giudice dell’esecuzione nel caso in esame è del tutto diversa da quella oggetto della richiamata pronuncia n. 183, poiché è circoscritta alla questione dell’eseguibilità della condanna, sicché non attiene alla responsabilità o alla determinazione della pena, ma riguarda piuttosto la revoca di ufficio del beneficio della sospensione condizionale della pena e dell’assunzione

di eventuali provvedimenti in tema di estinzione della pena per decorso del tempo ìnvocabili dal condannato.

4.1. Del resto, sul tema della incompatibilità la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha fissato í seguenti principi: le norme in materia di incompatibilità sono funzionali ad «evitare che la decisione sul merito possa essere o apparire condizionata dalla “forza della prevenzione” – ossia dalla naturale tendenza a confermare una decisione già presa o a mantenere un atteggiamento già assunto – scaturente da valutazioni cui il giudice sia stato precedentemente chiamato in ordine alla medesima res iudicanda» (Corte Cost., sentenza n. 183 del 9/7/2013, § 4); la situazione pregiudicante non è determinata dalla mera «conoscenza» degli atti, ma dalla valutazione contenutistica su aspetti che riguardano il merito dell’ipotesi di accusa; non sono pregiudicanti le determinazioni assunte in ordine allo svolgimento del processo, sia pure in seguito a una valutazione delle risultanze processuali; le valutazioni di merito pregiudicanti devono appartenere a fasi diverse del processo.

5. Quale che sia l’esito della decisione che assumerà il giudice dell’esecuzione sulla richiesta di revoca della sospensione condizionale nonché sulla paventata estinzione di detta pena per decorso del tempo, non sussiste affatto una situazione pregiudicante nell’avere emesso de plano il provvedimento di revoca del beneficio che questa Corte ha annullato, poiché il giudice dell’esecuzione non è chiamato a esprimersi sulla responsabilità e sulla determinazione della pena, ma unicamente sulla esistenza dei requisiti per la revoca d’ufficio di un beneficio nonché, eventualmente, sulla diversa questione dell’estinzione di detta pena per decorso del tempo.

6. Analoghe conclusioni vanno raggiunte con riguardo alla sentenza n. 7 del 2022 della Corte Costituzionale, cui si rifà il ricorso in modo generico.

Con detta decisione, la Corte Costituzionale è intervenuta, con declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 34, comma 1, e 623, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, con riguardo alla richiesta avanzata in sede esecutiva dì rideterminazione della pena a seguito di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio irrogato dal giudice della cognizione.

Si tratta, dunque, del medesimo principio di diritto affermato con la più volte citata sentenza n. 183 che riguarda, appunto, le valutazioni espresse dal giudice dell’esecuzione sulla responsabilità e sul trattamento sanzionatorio.

7. All’infondatezza delle cesure difensive consegue il rigetto del ricorso. 7.1. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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