Cerca
Close this search box.

Il difensore che non sollecita il giudice a sostituire le pene detentive brevi non può poi lamentarsi in appello per il mancato avviso

Facebook
LinkedIn

Cass. pen., sez. VI, 23/01/2024 (ud. 23/01/2024, dep. 15/02/2024), n. 7007 (Pres. Di Stefano, Rel. D’Arcangelo)

(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 545-bis)

Indice

La questione giuridica

La Cassazione, nella decisione in esame, affronta la tematica connessa a quali oneri spettino alla difesa per quanto riguarda la sostituzione della pena detentiva secondo quanto previsto dall’art. 545-bis cod. proc. pen.[1].

In particolare, nel procedimento, in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in analisi, a fronte del fatto che la Corte di Appello di Torino aveva confermato una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Asti nei confronti di una persona accusata di avere commesso il delitto di falsa testimonianza, il difensore di questi, nel proporre ricorso per Cassazione, tra i motivi ivi addotti, deduceva la violazione di cui all’art. 606, co. 1, lett. b) c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello, pur sollecitata nell’atto di appello, non aveva valutato la possibilità di sostituire la pena, come previsto dal recente intervento legislativo di cui agli artt. 20 bis cod. pen., art. 53 L. 689/1981 e 545-bis cod. proc. pen..

Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica

La Suprema Corte riteneva il motivo suesposto fondato sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l’avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione (Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023).

Ebbene, per gli Ermellini, invece, la Corte territoriale non aveva motivato in ordine alla richiesta, espressamente formulata in un’apposita memoria difensiva di sostituzione della pena detentiva inflitta ai sensi degli artt. 20 bis cod. pen., 53 L. 689/1981 e 545 bis cod. proc. pen.

Il vizio di omessa pronuncia denunciato sul punto era, dunque, per il Supremo Consesso, sussistente.

I risvolti applicativi

Il difensore che non chiede al giudice di sostituire le pene detentive brevi non può lamentarsi in appello perché non ha ricevuto l’avviso previsto dall’art. 545-bis, co. 1, c.p.p. che, come è noto, stabilisce al primo periodo quanto segue: “Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689[2], ne dà avviso alle parti”.

[1]Ai sensi del quale: “1. Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti. Se l’imputato, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, acconsente alla sostituzione della pena detentiva con una pena diversa dalla pena pecuniaria, ovvero se può aver luogo la sostituzione con detta pena, il giudice, sentito il pubblico ministero, quando non è possibile decidere immediatamente, fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente; in tal caso il processo è sospeso. 2. Al fine di decidere sulla sostituzione della pena detentiva e sulla scelta della pena sostitutiva ai sensi dell’articolo 58 della legge 24 novembre 1981, n. 689, nonché ai fini della determinazione degli obblighi e delle prescrizioni relative, il giudice può acquisire dall’ufficio di esecuzione penale esterna e, se del caso, dalla polizia giudiziaria tutte le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita, personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell’imputato. Il giudice può richiedere, altresì, all’ufficio di esecuzione penale esterna, il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità con la relativa disponibilità dell’ente. Agli stessi fini, il giudice può acquisire altresì, dai soggetti indicati dall’articolo 94 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d’azzardo e il programma terapeutico, che il condannato abbia in corso o a cui intenda sottoporsi. Le parti possono depositare documentazione all’ufficio di esecuzione penale esterna e, fino a cinque giorni prima dell’udienza, possono presentare memorie in cancelleria. 3. Acquisiti gli atti, i documenti e le informazioni di cui ai commi precedenti, all’udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, se sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti; si applicano gli articoli 57 e 61 della legge 24 novembre 1981, n. 689. In caso contrario, il giudice conferma il dispositivo. Del dispositivo integrato o confermato è data lettura in udienza ai sensi e per gli effetti dell’articolo 545. 4. Quando il processo è sospeso ai sensi del comma 1, la lettura della motivazione redatta a norma dell’articolo 544, comma 1, segue quella del dispositivo integrato o confermato e può essere sostituita con un’esposizione riassuntiva. Fuori dai casi di cui all’articolo 544, comma 1, i termini per il deposito della motivazione decorrono, ad ogni effetto di legge, dalla lettura del dispositivo, confermato o integrato, di cui al comma 3”.

[2]Secondo cui: “Il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, quando ritiene di dover determinare la durata della pena detentiva entro il limite di quattro anni, può sostituire tale pena con quella della semilibertà o della detenzione domiciliare; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di tre anni, può sostituirla anche con il lavoro di pubblica utilità; quando ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, può sostituirla altresì con la pena pecuniaria della specie corrispondente, determinata ai sensi dell’articolo 56-quater. Con il decreto penale di condanna, il giudice, su richiesta dell’indagato o del condannato, può sostituire la pena detentiva determinata entro il limite di un anno, oltre che con la pena pecuniaria, con il lavoro di pubblica utilità. Si applicano le disposizioni dei commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 459 del codice di procedura penale. Ai fini della determinazione dei limiti di pena detentiva entro i quali possono essere applicate pene sostitutive, si tiene conto della pena aumentata ai sensi dell’articolo 81 del codice penale”.

Sentenza commentata

Penale Sent. Sez. 6 Num. 7007 Anno 2024

Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI

Relatore: D’ARCANGELO FABRIZIO

Data Udienza: 23/01/2024

Data Deposito: 15/02/2024

SENTENZA

sul ricorso proposto da

P. S., nato a … il …;

avverso la sentenza emessa in data 16.03.2023 dalla Corte di appello di Torino

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione del consigliere Fabrizio D’Arcangelo;

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis, ha chiesto di rigettare il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Torino, con la pronuncia impugnata, ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Asti in data 15 dicembre 2020 nei confronti di S. P. per il delitto di falsa testimonianza commesso in Asti il 27 settembre 2017.

2. L’avvocato D. P., difensore dell’imputato, ricorre avverso tale sentenza e ne chiede l’annullamento, deducendo tre motivi di ricorso.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, co. 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con specifico riferimento agli artt. 373 e 384 cod. pen.

Nei motivi di appello, infatti, il difensore aveva invocato l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 384 cod. pen. e la Corte di appello illegittimamente avrebbe escluso l’esimente; il P. avrebbe dichiarato il falso, in quanto aveva un fondato timore per la propria incolumità, legato alla certa appartenenza del C. alla criminalità organizzata e al pestaggio subito.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, co. 3, e 546, co. 1, lett. e) cod. proc. pen., con specifico riferimento all’art. 62 bis cod. pen.

La Corte di appello, infatti, si sarebbe limitata a rilevare la carenza di elementi favorevoli in favore dell’imputato, senza operare alcuna valutazione sul punto.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della per la violazione di cui all’art. 606, co. 1, lett. b) c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello, pur sollecitata nell’atto di appello, non aveva valutato la possibilità di sostituire la pena, come previsto dal recente intervento legislativo di cui agli artt. 20 bis cod. pen., art. 53 L. 689/1981 e 545-bis cod. proc. pen.

3. Non essendo stata richiesta la trattazione orale del procedimento, il ricorso è stato trattato con procedura scritta.

Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 5 gennaio 2024, il Procuratore generale, nella persona di Mariella De Masellis, ha chiesto di rigettare il ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere accolto nei limiti che di seguito si precisano.

2. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, co. 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., con specifico riferimento agli artt. 373 e 384 cod. pen. 3. Il motivo è inammissibile, in quanto è inammissibilmente volto a riproporre censure svolte in secondo grado e disattese con motivazione congrua dalla Corte di appello.

La Corte di appello, infatti, con motivazione logica ha escluso qualsiasi timore del P. per la propria incolumità al momento della deposizione testimoniale, intervenuta a distanza di tre anni dai fatti, e ha rilevato che il timore dell’imputato era stato espresso solo dal suo difensore.

La Corte di appello ha, dunque, escluso, con motivazione non manifestamente illogica, il presupposto di fatto per applicare la causa di non punibilità.

4. Con il secondo motivo il ricorrente censura la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, co. 3, e 546, co. 1, lett. e) cod. proc. pen., con specifico riferimento all’art. 62 bis cod. pen.

5. Il motivo è parimenti inammissibile.

La Corte di appello ha stigmatizzato la genericità del motivo di appello sul punto, in quanto il difensore non avrebbe indicato alcun elemento per riconoscere le attenuanti generiche.

La Corte di appello ha, dunque, congruamente disatteso la richiesta difensiva in ragione della genericità della stessa, richiamando la motivazione della sentenza di primo grado, sia con riguardo allo scostamento dal minimo edittale, sia con riguardo all’assoluta mancanza di elementi idonei a riconoscere le circostanze ex art. 62 bis cod. pen.

6. Con il terzo motivo il ricorrente si duole della per la violazione di cui all’art. 606, co. 1, lett. b) c) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello, pur sollecitata nell’atto di appello, non aveva valutato la possibilità di sostituire la pena, come previsto dal recente intervento legislativo di cui agli artt. 20 bis cod. pen., art. 53 L. 689/1981 e 545-bis cod. proc. pen.

7. Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi, il difensore che, nelle conclusioni o con richiesta formulata subito dopo la lettura del dispositivo, non abbia sollecitato l’esercizio, da parte del giudice, dei poteri di sostituzione delle pene detentive di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen. non può, in sede di impugnazione, dolersi del fatto che non gli sia stato dato l’avviso previsto dal comma 1 di tale disposizione (Sez. 2, n. 43848 del 29/09/2023, D., Rv. 285412 – 02).

Nel caso di specie, tuttavia, la Corte di appello non ha motivato in ordine alla richiesta, espressamente formulata nella memoria depositata in data 15 marzo 2023, di sostituzione della pena detentiva inflitta ai sensi degli artt. 20 bis cod. pen., 53 L. 689/1981 e 545 bis cod. proc. pen.

Il vizio di omessa pronuncia denunciato sul punto è, dunque, sussistente.

8. Alla stregua di tali rilievi, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla mancata valutazione della richiesta di applicazione di pene sostitutive, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla mancata valutazione della richiesta di applicazione di pene sostitutive con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.

Leggi anche

Contenuti Correlati