Cass. pen., sez. III, 31/01/2025 (ud. 31/01/2025, dep. 28/08/2025), n. 29935 (Pres. Aceto, Rel. Macrì)
Indice
- La questione giuridica
- Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
- I risvolti applicativi
- Sentenza commentata
La questione giuridica
Una delle questioni giuridiche, affrontate dalla Suprema Corte nel caso di specie, riguardava se il controllo di legittimità, nel giudizio cautelare personale, comprende pure il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate.
Ma, prima di vedere come il Supremo Consesso ha trattato siffatta questione, esaminiamo brevemente il procedimento in occasione del quale è stata emessa la sentenza qui in commento.
Il Tribunale del Riesame di Napoli confermava un’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale della medesima città, che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di una persona indagata in relazione ai reati degli art. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con l’aggravante dell’art. 416- bis.1 cod. pen..
Ciò posto, avverso codesta decisione proponeva ricorso per Cassazione l’accusato il quale, tra i motivi ivi addotti, deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla partecipazione all’associazione.
Come la Cassazione ha affrontato tale questione giuridica
Il Supremo Consesso riteneva il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che inducevano gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo il quale il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del g.i.p. e del tribunale del riesame, ma è, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (tra le più recenti, Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017).
I risvolti applicativi
Il controllo di legittimità nel giudizio cautelare personale non riguarda la revisione dei fatti, degli indizi o delle valutazioni soggettive dell’indagato, ma si limita a verificare se l’atto impugnato esponga adeguatamente le ragioni giuridiche alla base del provvedimento e sia privo di evidenti illogicità.
Sentenza commentata
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29935 Anno 2025
Presidente: ACETO ALDO
Relatore: MACRI’ UBALDA
Data Udienza: 31/01/2025
Data Deposito: 28/08/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Aldo Aceto Sent. n. sez. 197
CC – 31/01/2025
R.G.N. 38225/2024
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso di E. N., nato a … il …,
avverso l’ordinanza in data 17/10/2024 del Tribunale di Napoli,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Francesca Costantini, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. G. C., che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 17 ottobre 2024 il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza in data 12 settembre 2024 del G.i.p. del Tribunale di Napoli che aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di N. E. in relazione ai reati degli art. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con l’aggravante dell’art. 416- bis.1 cod. pen., per la gestione della piazza di spaccio in … e in comuni limitrofi per conto del clan ….
2. Il ricorrente lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla partecipazione all’associazione (primo motivo), in relazione all’applicazione dell’aggravante dell’art.416-bis.1 cod. pen. (secondo motivo) e in relazione alle esigenze cautelari (terzo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
E. ha contestato con il primo motivo di ricorso l’accertamento a suo carico di gravi indizi di colpevolezza relativi alla partecipazione al clan …. In particolare, ha evidenziato che non erano mai stati intercettati suoi colloqui con altri componenti dell’associazione; che era stato nominato solo in tre occasioni in modo approssimativo; che era stato espressamente scagionato dai collaboratori di giustizia, A. C., il quale aveva riferito che in passato aveva venduto cocaina, ma poi aveva aperto un bar con il fratello a …, e D. B., il quale aveva dichiarato di non conoscerlo; che non era stata accertata la sua piazza di spaccio né erano stati indicati i suoi collaboratori; che aveva ricevuto solo in tre occasioni lo stupefacente, senza mai fornire stabile e incondizionata disponibilità a ricevere la sostanza e senza mai mostrare volontà e consapevolezza a operare quale aderente a un’associazione, di farne parte o di voler contribuire con il proprio operato al suo mantenimento.
In sostanza, ha lamentato che l’ordinanza aveva inopinatamente esteso a suo carico
gli elementi di valutazione utilizzati a carico degli altri indagati.
Il motivo è fattuale e rivalutativo. Va riaffermato il consolidato principio di diritto secondo cui il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del g.i.p. e del tribunale del riesame, ma è, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (tra le più recenti, Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, omissis, Rv. 269438 – 01). Nello specifico, il Tribunale del riesame, dopo la ricostruzione nelle prime pagine del quadro d’insieme relativo all’egemonia in … del clan … che aveva soppiantato il clan …, è passato a esaminare a pag. 9 e seg. la posizione specifica di N. E., detto …, e ha riportato gli stralci delle conversazioni, desumendo la partecipazione all’associazione sia dalla confidenza del linguaggio dei loquenti sia dal tenore dei discorsi relativi all’approvvigionamento continuativo di notevoli quantità di stupefacenti. Il ricorrente ha sostenuto che dall’intercettazione in cui era emersa la frase … si prende 7/8 giorni era evidente la sua autonomia dal clan. Il Tribunale del riesame con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria ha invece interpretato che, al contrario, i capi conoscevano perfettamente le abitudini del loro rivenditore e i suoi tempi di azione, essendo soliti rifornirlo per poi incassare i proventi dello spaccio. Sul punto va ribadito che, in materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, omissis, Rv. 282337 – 01).
Il Tribunale del riesame ha poi fatto riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia limitatamente alle pregresse condotte di capo piazza fin dal 2005 e ha ritenuto perdurante tale ruolo sulla base del modus procedendi dell’associazione (si veda pag. 10). A differenza di quanto sostenuto, la motivazione è puntuale rispetto alla sua specifica posizione e resiste alle censure sollevate.
Con il secondo motivo il ricorrente ha contestato l’applicazione dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa, sostenendo il suo interesse in funzione di migliori condizioni detentive, di una rimodulazione della misura in caso di accoglimento del primo motivo di ricorso sull’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, e dell’assenza del dolo. Ben vero il Tribunale del riesame ha dichiarato che difettava di interesse ad agire alla stregua del precedente giurisprudenziale della Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, omissis, Rv. 284489 – 01.
Tuttavia, dal complesso della motivazione dell’ordinanza, che ha ricostruito la storia del clan e ha descritto in dettaglio il ruolo dell’indagato, si desumono con nettezza i presupposti dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa (si vedano in particolare pag. 9 e 10 dell’ordinanza impugnata).
Con il terzo motivo infine ha lamentato il difetto di motivazione delle esigenze cautelari rispetto al tempo silente, siccome la misura era stata applicata a distanza di cinque anni dai fatti.
Osserva il Collegio che, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, il requisito della concretezza e attualità del pericolo di recidiva, non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale e che deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma che non deve altresì contemplare la previsione di specifiche occasioni di recidivanza (tra le più recenti, Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, omissis, Rv. 282991 – 01). Tuttavia,
secondo l’orientamento minoritario più rigoroso, non è sufficiente ritenere altamente probabile che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma è anche necessario prevedere che gli si presenti effettivamente un’occasione prossima per compiere ulteriori delitti della stessa specie (Sez. 6, n. 11728 del 20/12/2023, dep. 2024, omissis, Rv. 286182 – 01). E, in ogni caso, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce di un’esegesi costituzionalmente orientata, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato, sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, omissis, Rv. 286202 – 02). Ai fini del superamento della presunzione, con specifico riguardo ai delitti aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., possono rilevare le concrete modalità
del fatto e la sua risalenza (Sez. 2, n. 24553 del 22/03/2024, omissis, Rv. 286698 – 01).
Il Tribunale del riesame ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto affermati dalla giurisprudenza perché, considerata la partecipazione all’associazione dedita al traffico di stupefacenti e al compimento dei reati fine, ha desunto il pericolo di reiterazione del reato dall’indiscusso calibro criminale, siccome il ricorrente era passato dalla gestione del clan … a quella del clan … e non aveva esitato a riprendere lo spaccio dopo aver scontato una prima condanna per il reato dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990.
Pertanto, la motivazione resiste alla censura sollevata, anche sotto questo profilo.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata, in ragione della consistenza della causa di inammissibilità del ricorso, in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
(parte mancante)
Così deciso, il 31 gennaio 2025